LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2210-2019 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati LAURA GIOVINE, ENRICO GIOVINE;
– ricorrente –
contro
COMUNE AGROPOLI, in persona del Sindaco prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIANO BOTTI;
– controricorrente –
contro
DIOCESI di *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO CANNAVACCIUOLO;
– controricorrente –
contro
PARROCCHIA *****;
-intimata –
avverso l’ordinanza R.G. n. 618 del 2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 12/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAOSA E RAGIONI BELLA DECISIONE 1. C.A. ricorre con unico articolato motivo avverso l’ordinanza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Salerno, in seguito ad opposizione proposta dal ricorrente insieme a C.D., C.G. e C.R., in un giudizio promosso dagli espropriati nei confronti del Comune di Agropoli, della Parrocchia della ***** e della Diocesi di *****, determinava, per quanto in questa sede rileva, l’indennità di esproprio in Euro 38.256,00.
2. Con il motivo il ricorrente denuncia dell’impugnata sentenza la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La Corte di merito, nell’inosservanza dell’art. 42 Cost, dell’art. 834 c.c., e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, in relazione al D.Lgs. n. 325 del 2001, aveva fissato l’indennità di esproprio tenendo in considerazione la natura agricola dei terreni espropriati là dove la c.t.u., a cui la prima aveva dichiarato di prestare adesione, aveva invece determinato detta indennità avuto riguardo alla natura edificabile in senso lato dell’area ablata, in quanto ricadente in zona di Culto.
Inoltre la Corte territoriale aveva preso in considerazione la stima del c.t.u. che aveva omesso ogni indagine del mercato propria del metodo-sintetico comparativo e, in adesione alle conclusioni del nominato tecnico, aveva ritenuto congruo il prezzo fissato in una transazione intercorsa tra il Comune opposto ed altri proprietari terrieri senza considerare, in modo illogico e contraddittorio, che questi ultimi avevano finito per accettare il prezzo stabilito dall’amministrazione comunale attraverso la stima operatane da un tecnico, proprio dipendente.
3. Resistono con controricorso il Comune di Agropoli e la Diocesi ***** che, costituitasi per questa fase del giudizio, deduce il proprio difetto di legittimazione passiva alla proposta azione.
4. Il motivo è manifestamente infondato quanto alla dedotta violazione di legge e pressata altresì profili di inammissibilità quanto pure al dedotto vizio di motivazione, nei termini di seguito indicati.
5. La Corte di merito, secondo dedotta critica, aveva ritenuto la natura agricola del terreno nonostante le diverse conclusioni raggiunte dal c.t.u. nominato che ne aveva apprezzato l’edificabilità in senso lato in quanto ricadente, per intervenuta variante dello strumento urbanistico, in area destinata al “Culto” e tanto in conseguenza dell’approvazione del progetto di realizzazione del nuovo complesso parrocchiale *****.
La Corte di appello, nel prestare adesione alle conclusioni raggiunte dal nominato c.t.u., ha finito per riconoscere ai proprietari dell’area espropriata una indennità rapportata alla natura edificabile in senso lato del terreno, finalizzata alla realizzazione di edifici di culto, nella pure adotta premessa, frutto di refuso, della natura agricola dell’area espropriata.
Il motivo non si confronta quindi con la effettiva ratio della decisione impugnata e con la giurisprudenza di legittimità formatasi in materia di “edificabilità legale” D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 37 (Cass. n. 14632 del 06/06/2018; Cass. n. 4608 del 22/02/2017). In ogni caso il motivo è anche inammissibile per vizio di sussunzione della dedotta violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sollecitando invece a questa Corte di legittimità una nuova valutazione di merito.
Per saldo indirizzo di questa Corte di cassazione, in tema di ricorso per cassazione, la deduzione del vizio di violazione di legge consistente nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (cd. vizio di sussunzione) postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicchè è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito (ex multis: Cass. n. 6035 del 13/03/2018).
La dedotta violazione del criterio di stima sintetico-comparativo, per non avere il c.t.u. svolto una effettiva indagine di mercato fondando le proprie conclusioni, poi condivise dalla Corte di appello, su di un unico atto transattivo intercorso tra altri proprietari ed medesimo Comune non si confronta con l’impugnato provvedimento là dove essa scrutina, partitamente, i contenuti di quella transazione ed esclude che il corrispettivo ivi fissato abbia nel suo ammontare natura abdicativa di una diversa e più consistente pretesa, introducendo il tema dello snaturamento del corrispettivo quale prezzo perchè influenzato dalla provenienza del suo ammontare dalla stima condotta da un tecnico del Comune. Ed infatti la scelta tra il metodo analitico-ricostruttivo o sintetico-comparativo è rimessa al giudice di merito nell’osservanza, per quanto possibile, della sua rispondenza a canoni di effettività. In applicazione di siffatta premessa si ha che il ricorrente non ha dedotto perchè il prezzo ritenuto dalla Corte di merito non rispondesse al canone dell’effettività indicando il diverso e più consistente prezzo di mercato applicabile. Il motivo è ancora inammissibile nella parte in cui non censura il preteso vizio della motivazione che viene prospettato erroneamente con riferimento alla pregressa formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorrente articola infatti impropriamente la proposta doglianza con riferimento all’abrogata formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, anzichè l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudico che è stato oggetto di discussione tra le parti”: ed infatti al presente procedimento si applica il testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 134. Ogni altro profilo del ricorso è assorbito.
6. Quanto alla questione del difetto di legittimazione passiva Diocesi di ***** introdotta dalla stessa nel controricorso, si tratta di profilo nuovo che non proposto nel giudizio di merito non può essere fatto valere in quello di legittimità.
7. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si da atto (secondo la formula da ultimo indicata in Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al Comune di Agropoli ed alla Diocesi di ***** le spese di lite che liquida, per ciascuno, in Euro 5.100,00, oltre Euro 100,00 per esborsi, spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021