LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16349-2019 proposto da:
D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
e contro
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI CATANZARO;
-intimata –
avverso la sentenza n. 1952/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,, depositata il 12/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. D.A., originario della ***** – che nel racconto reso aveva dichiarato di aver lasciato il paese di origine temendo di essere arrestato per avere egli, insieme al padre, successivamente ucciso, dato rifugio ad alcuni gendarmi che cercavano di fuggire dal “comando invisibile” successivamente entrato a far parte delle FRCI (Forze Repubblicane della *****) – ricorre in cassazione con due motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado del locale tribunale ed in accoglimento dell’impugnazione principale proposta dal Ministero dell’interno, ha denegato la protezione umanitaria riconosciuta dal primo giudice ed ha rigettato l’appello incidentale relativo al riconoscimento detto status di rifugiato e della protezione sussidiaria.
Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al dichiarato fine di una eventuale sua partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.
E’ stata depositata dal ricorrente memoria tardiva.
2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, omessa valutazione di un fatto controverso, omessa valutatone comparativa della vita privata e familiare dell’integrazione lavorativa e sociale del ricorrente”.
II motivo è inammissibile perchè sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. SU n. 34476 del 27/12/2019).
II giudizio espressò dalla corte territoriale – nel valorizzare una esposizione seria alla lesione del diritto di salute o una situazione politico – economica molto grave, con effetti di impoverimento radicale riguardanti la carenza di beni di prima necessità o anche una situazione geo-politica che non offre garanzia di vita nel paese di origine, quali sono le situazioni di povertà non emendabili e l’impossibilità di godere di condizioni minime per condurre una esistenza dignitosa – ha escluso la sussistenza dei presupposti di riconoscimento della protezione ai fini umanitari, valorizzando il difetto di allegazione del richiedente anche in punto di raggiunta integrazione in Italia.
Siffatto percorso motivatorio ispirato ai principi affermati da questa Corte di cassazione (Cass. 4455/2018; SU n. 29459 del 13/11/2019), individuata le direttrice del giudizio per i segnati contenuti, ha sostanzialmente escluso il rilievo determinante ai fini del riconoscimento delle evidenze fattuali dedotte dal ricorrente e già positivamente e contrariamente apprezzate dal primo giudice (la morte violenta del padre; la sparizione/arresto del fratello; la guerra civile vissuta in patria; l’aver vissuto la dedotta situazione a sedici anni).
La riproposizione delle evidenze, già positivamente vagliate in primo grado, che non si confronta con la valutazione operata dalla corte di merito quanto ai presupposti legittimanti la protezione per motivi umanitari (compromissione della possibilità di soddisfare i bisogni e le esigenze ineludibili della vita personale per il raggiungimento di livelli minimi per un’esistenza dignitosa; Cass. n. 4455 cit.) ed alla loro tempestiva e puntuale allegazione, si traduce nella proposizione di una critica generica non capace di interloquire con la motivazione impugnata ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 22478 del 24/09/2018).
Nè la motivazione soffre di omissioni decisive ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come pure denunciato in ricorso, là dove nell’individuare i presupposti della richiesta protezione umanitaria non menziona le evidenze della sofferta guerra civile, della morte del padre e dell’arresto del fratello: il giudizio negativo formulato resta infatti sostenuto, nell’individuazione di differenti presupposti in fatto, apprezzati come non allegati dal richiedente per una valutazione che è di squisito merito e come tale non sindacabile in cassazione.
3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, con riferimento ai profili di credibilità, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 – 19, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, degli artt. 3 e 8 Cedu. Nella credibilità del racconto ritenuta dalla corte di merito, in un Paese in cui vi erano violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani, quale era la ***** in cui vi era stata la guerra civile, l’onere della prova necessario a dimostrare il rischio individualizzato necessario per ottenere ogni protezione sarebbe stato attenuato. Il timore espresso dal richiedente nel racconto reso davanti la commissione di essere ucciso dai miliziani della FRCI al suo rientro in patria e la volontà manifestata di inserirsi nel contesto sociale italiano sono già state vagliate dal giudice di appello per profili che non mettono in contestazione la credibilità del racconto o la cd. “individualizzazione” del rischio, ma il rischio stesso.
La critica si mostra come tale non concludente ed il motivo inammissibile perchè generico e reiterativo di censure di merito.
Il ricorso è conclusivamente inammissibile.
Nulla sulle spese nella tardività ed irritualità della costituzione dell’amministrazione intimata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021