Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.885 del 20/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17480-2019 proposto da:

Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente-

avverso la sentenza n. 728/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 13/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con tre motivi di ricorso Z.M., nato in *****, Pakistan, ricorre in cassazione avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Trieste, confermando la statuizione di primo grado, ha rigettato l’appello avverso la ordinanza con cui il locale tribunale aveva a sua volta respinto il ricorso avverso il diniego della protezione internazionale e di quella umanitaria al ricorrente frapposta dalla competente Commissione territoriale. E’ stata depositata dal ricorrente memoria tardiva.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, e dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento ai profili di credibilità del racconto reso ed all’esercizio dei poteri ufficiosi in ordine alla situazione del paese di provenienza e dell’obbligo di esaminare ogni domanda alla luce di informazioni precise ed aggiornate.

3. Il motivo è inammissibile perchè non confrontandosi con la ratio della impugnata sentenza reitera le ragioni già scrutinate e disattese dal giudice del merito con argomentazioni che non rivelano mancanza strutturale della motivazione anche sub specie dell’apparenza nè la violazione denunciata nella valutazione del racconto nè, ancora, il mancato scrutinio per fonti aggiornate e specifiche della situazione legislativa e sociale del ***** al fine di vagliare fondatezza ed attualità del timore di danno grave, non potendo il giudice escludere la credibilità delle dichiarazioni per discordanze relativi ad aspetti isolati e secondari del narrato.

La corte territoriale ha infatti ritenuto la non credibilità del racconto muovendo dal rilievo, relativo a fatto non secondario, che il richiedente nonostante le tre successive fughe dal proprio paese ed in occasione di altrettanti rientri pur avendone avuto la possibilità non si era procurato alcun elemento probatorio almeno a sostegno della denuncia presentata ed alle convocazioni ricevute dal tribunale nel proprio paese.

4. E’ stata a tal fine valorizzata l’incongruenza del narrato là dove, a giustificazione della totale mancanza di documenti, il ricorrente, aveva dapprima dichiarato alla Commissione territoriale che nel paese di origine le “denunce non si possono avere”, per poi riferire al giudice, all’esito di identica domanda, di non poter mostrare la denuncia perchè è “pericoloso” il “fare fotocopie”, nell’ulteriore rilievo dei giudici di appello che siffatta giustificazione sarebbe valsa per la mancanza, all’attualità, di ogni giustificazione dell’accaduto, ma non avrebbe spiegato il perchè nonostante egli avesse fatto rientro per tre volte nel proprio paese, dopo i fatti denunciati, non ne fosse ripartito senza portare con sè alcunchè attestante le ragioni della fuga.

Resta in tal modo fermo il principio per il quale, in materia di protezione internazionale, la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicchè, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 11925 del 19/06/2020; Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 21142 del 07/08/2019).

Quanto all’esercizio del dovere di collaborazione istruttoria perchè senza confrontarsi con la ratio della decisione impugnata, il motivo non riesce in modo specifico a contestare della prima la fondatezza avuto riguardo all’indirizzo adottato dalla giurisprudenza di legittimità o, ancora, a far mutare quest’ultimo là dove l’indicato esercizio è subordinato al positivo superamento del vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. n. 15794 del 12/06/2019), non essendo tenuti, altrimenti, i giudici di merito a porre in essere alcun approfondimento istruttorio officioso (Cass., 27/06/2018, n. 16925; Cass. 10/4/2015 n. 7333).

5. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 – art. 14, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avuto riguardo alla protezione sussidiaria.

La corte di merito aveva escluso l’esistenza nel paese di provenienza del richiedente, il *****, una situazione di violenza generalizzata D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. e), senza scrutinare le fonti menzionate nell’atto di appello e non aveva vagliato le fonti attestanti nel paese di provenienza del richiedente una corruzione diffusa della polizia che avrebbe integrato in capo al primo la sussistenza di un grave danno o del pericolo di subire la violazione di diritti umani legittimanti la richiesta protezione sussidiaria. Il motivo è inammissibile per avere la corte di merito deciso in uniformità al prevalente indirizzo di questa Corte di legittimità con là cui ratio, ripresa dai giudici di appello, non si confronta nell’addurre argomenti al fine di disattendere l’indicato indirizzo, nella non censurabilità del giudizio di fatto espresso dal giudice del merito sulla credibilità del racconto se non nei limiti del vizio di motivazione e della motivazione insussistente o apparente (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Il motivo è generico (Cass. n. 22478 del 24/09/2018) restando il dovere di collaborazione istruttoria subordinato al positivo superamento del vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei cateti indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (vedi supra).

La corte di merito ha comunque individuato fonti ufficiale aggiornate e precise in forza delle quali valutare all’attualità, all’epoca della decisione, i parametri di riferimento relativi alla condizione socio-politica del paese di provenienza, in tal modo attenendosi al canone di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, salvo il limite del travisamento del loro superamento in forza di altre fonti decisive più aggiornate in applicazione del principio per il quale, in tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 18/02/2020).

6. Il terzo motivo è inammissibile perchè là dove deduce in punto di vulnerabilità personale del richiedente per l’esistenza in suo danno di una condizione di patologia psicologica non dà atto di aver sottoposto tempestivamente a scrutinio della corte di appello la circostanza dedotta in ricorso relativa alla sussistenza, per l’appunto, di uno stato d’ansia attestato da relazione psicologica (Cass. n. 32804 del 13/12/2019).

7. Il ricorso è conclusivamente inammissibile.

Nulla sulle spese nella natura meramente formale della costituzione dell’Amministrazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto che sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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