Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.95 del 07/01/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2354/2019 proposto da:

P.F., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Rosanna Martellotta, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via degli Scipioni n. 268/a, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Leporace, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Attilio Santiago, Michelangelo Sirena, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

P.F.D., in persona del curatore speciale F.F., elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 287, presso lo studio dell’avvocato Antonio Iorio, rappresentata e difesa dal medesimo;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.T.L., Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2142/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, pubblicata il 06/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/11/2020 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato l’impugnazione proposta da P.F. nei confronti dei due figli P.L. e P.T.L. nonchè del curatore speciale di P.F.D., confermando la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Cosenza, dopo aver disposto la separazione della domanda principale di P.F., avente ad oggetto la revoca della donazione effettuata il ***** in favore dei figli, L. e T.L., per sopravvenienza della figlia naturale F.D., dalla domanda in via riconvenzionale avanzata da P.L., di impugnazione per difetto di veridicità ex art. 263 c.c., del riconoscimento della minore, in accoglimento di quest’uitima ha dichiarato che P.F.D., nata a *****, non era la figlia di P.F., nato a *****.

La Corte di merito, nel dare conferma alla sentenza di primo grado, ha ritenuto che fosse stata fornita la prova della falsità del riconoscimento della figlia naturale, traendo argomento (dall’ingiustificato rifiuto dell’assunto genitore a sottoporsi all’esame del DNA ed a rendere il deferitogli interrogatorio formale.

2. P.F. ricorre in cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria, avverso l’indicata sentenza cui resiste con controricorso P.L.. Il curatore della minore, avvocato F.F., in adesione alle ragioni di quello principale, articola ricorso incidentale affidato a due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in materia di litisconsorzio necessario quanto alle posizioni della madre della minore, violazione in cui era incorsa la Corte di merito là dove aveva ritenuto l’insussistenza in tal senso nella normativa di riferimento, relativa all’impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento del figlio naturale, di una specifica previsione, e tanto diversamente da quanto stabilito, invece, per l’azione di disconoscimento della paternità ex art. 247 c.c..

Nell’affinità degli istituti dell’impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento del figlio naturale e del disconoscimento della paternità – le cui discipline sono state avvicinate dopo le riforme del 2012 e 2013 – entrambi determinanti la privazione dello status filiationis per cause esterne alla volontà e responsabilità del soggetto destinato a subirne gli effetti, non vi era ragione per escludere in capo all’altro genitore la veste di litisconsorte necessario.

2. Con il secondo motivo si fa valere dal ricorrente l’insufficiente ed erronea motivazione sulla legittimità costituzionale dell’art. 263 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

La Corte cosentina aveva ritenuto non fondata la sollevata questione di legittimità dell’art. 263 c.c., per violazione dell’art. 3 Cost..

L’imprescrittibilità dell’azione finalizzata all’impugnazione del riconoscimento doveva intendersi riferita al solo diritto del figlio a far prevalere la verità biologica sulle risultanze emergenti dai registri dello stato civile, valendo invece per l’ipotesi dell’impugnazione del riconoscimento di uno dei genitori il termine di cinque anni dall’annotazione del riconoscimento stesso sull’atto di nascita o, meglio, nella specie, in mancanza di un giudicato anteriore alla L. n. 219 del 2012 e trattandosi di riconoscimento anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 154 del 2013, ai sensi dell’art. 104 disposizioni transitorie al comma 10 D.Lgs. cit., a far data dal giorno della entrata in vigore della nuova norma.

La disposizione era incostituzionale rispetto al figlio legittimo, ma anche a quello naturale, in ordine al quale gli effetti del giudicato si era formati prima dell’entrata in vigore della L. n. 219 del 2012.

3. Con il terzo motivo si denuncia dal ricorrente l’insufficiente ed erronea motivazione circa il proprio rifiuto a sottoporsi alla prova ematologico-genetica ed all’interrogatorio formale.

Il ricorrente, ottantacinquenne, colpito due volte da ictus, risultava completamente immobilizzato a letto, come da cartelle cliniche prodotte in primo grado, ed i giudici del tribunale e della corte di merito avrebbero dovuto ritenere giustificato il rifiuto da lui frapposto.

4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per giudizio nei termini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il giudice di appello aveva omesso di valutare, quale fatto fondamentale per la decisione adottata, l’assenza di prove per poter addivenire ad un accertamento del difetto di veridicità della filiazione naturale.

L’errore era presente anche là dove i giudici di primo e secondo grado avevano ritenuto assolto il principio dell’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., senza che fosse stato espletato alcun mezzo di prova testimoniale, senza chiamare in giudizio la madre della minore ed interrogare costei e senza che fosse stata prodotta una prova documentale, tale da rendere verosimile il difetto di veridicità del riconoscimento della figlia naturale.

5. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il curatore di P.F.D. denuncia la violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 102 c.p.c. e delle regole del giusto processo, per avere la Corte di appello di Catanzaro escluso l’ipotesi di un litisconsorzio necessario con la madre della minore nei cui confronti era stato impugnato il riconoscimento di paternità.

6. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stata confermata la sentenza che aveva accolto la domanda senza acquisizione di alcuna delle prove previste dal codice civile e di rito, ponendo la Corte di merito a fondamento della decisione il solo comportamento processuale della parte.

7. Secondo l’ordine osservato dallo stesso ricorrente, dei motivi del ricorso principale deve trovare preliminare trattazione il primo, relativo alla violazione del contraddittorio necessario nei confronti della madre della minore, il cui status filiationis è oggetto della proposta impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 c.c. e, nella partecipata identità di contenuto, deve essere altresì esaminato il primo motivo del ricorso incidentale, proposto dal curatore della minore.

8. I motivi indicati sono fondati.

Come rilevato da questa Corte di Cassazione in un recente suo arresto, nell’azione di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, l’altro genitore, che pure abbia operato il riconoscimento, è litisconsorte necessario nel giudizio, secondo la regola dettata all’art. 250 c.c., che pone un principio di natura generale da applicarsi, pertanto, anche nell’ipotesi disciplinata dall’art. 263 c.c., perchè l’acquisizione di un nuovo “status” da parte del minore è idonea a determinare una rilevante modifica della situazione familiare, della quale resta in ogni caso partecipe l’altro genitore (Cass. 17/04/2019 n. 110775).

Deve darsi continuità all’indicato principio che, già inserito come obiter nella sentenza di questa Corte di Cassazione n. 1957 del 02/02/2016, evidenzia della madre del minore la posizione di litisconsorte necessario nell’azione promossa, ex art. 263 c.c., dall’altro genitore.

Ed infatti, sia in caso di riconoscimento del figlio ex art. 250 c.c., comma 4, che di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 c.c., la posizione dell’altro genitore, è quella di colui che ha già maturato nei confronti del minore un rapporto consolidato, giuridico ed affettivo, che ne legittima la partecipazione alla lite in cui si controverte dello status del primo.

Tanto vale in quanto il genitore il cui rapporto non è in contestazione è portatore, innanzitutto, dell’interesse a condividere o contrastare la genitorialità dell’altro, per le ricadute che un siffatto accertamento è destinato ad avere in punto di esercizio del diritto-dovere all’educazione, istruzione, mantenimento del figlio, e, ancora, è chiamato a cooperare alla realizzazione di quel favor veritatis che sostiene tutte le azioni sullo status filiationis.

Il tal senso il genitore che abbia già riconosciuto il minore orienta le valutazioni da compiersi in tutti i casi di accertamento o disconoscimento della filiazione (e quindi anche dell’azione ex art. 247 c.c.), provvedendo a dare contenuto all’onere della prova, strutturato sulla assoluta impossibilità del concepimento, secondo una uniformità di disciplina introdotta dalle riforme del 2012 e del 2013, nella centralità avuta dalla consulenza tecnica genetica e della correlata condotta processuale del genitore che opponga un rifiuto ingiustificato a sottoporvisi (in termini: Cass. 14/12/2017 n. 30122).

Nei giudizi di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità e di disconoscimento della paternità comune è l’effetto di una privazione sopravvenuta dello status filiationis per cause esterne alla sfera di volontà e responsabilità del soggetto destinato a subirne gli effetti che, rilevante incidenza avuta e nel complesso degli interessi in gioco, amplia la platea dei suoi protagonisti.

9. Vanno quindi, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale, assorbiti gli altri, annullate le sentenze emesse (vedi, in termini, da ultimo: Cass. n. 6644 del 16/03/2018), nella necessità di rimettere le parti, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, davanti al giudice di primo grado perchè questi provveda all’integrale rinnovazione del giudizio con la corretta instaurazione del contraddittorio previa citazione della madre della minore, B.C.A..

Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

PQM

In accoglimento del primo motivo del ricorso principale ed incidentale, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e quella di primo grado e invia a Tribunale di Cosenza, in persona di diverso magistrato, anche per le spese giudizio di legittimità.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472