LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22060/2019 proposto da:
D.B., elettivamente domiciliato in VIA A. DA ZARA N. 3 –
FOGGIA, presso l’avv. VITTORIO SANNONER, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
e contro
PREFETTURA FOGGIA UFFICIO, TERRITORIALE GOVERNO;
– intimata –
avverso l’ordinanza n. 364/2019 del GIUDICE DI PACE di FOGGIA, depositata il 28/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/06/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.
RILEVATO
che:
è stata impugnata da D.B. il provvedimento in data 27.5.2019 (R.G. 1464/2019) del Giudice di Pace di Foggia con cui veniva rigettato il ricorso avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Foggia, di cui in atti.
Il ricorso, basato su un motivo e non è resistito dalla parte intimata, che ha provveduto solo a depositare mero “atto di costituzione”.
Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
L’odierna parte ricorrente chiedeva l’annullamento del suddetto provvedimento prefettizio sulla scorta di tre motivi.
Il motivi stessi venivano respinti con il provvedimento oggi impugnato innanzi a questa Corte.
Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
CONSIDERATO
che:
1.- Con il motivo del ricorso si prospetta la “violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29 e dell’art. 295 c.p.c.”.
Si sostiene, nel ricorso, che il “Giudice di prime cure viene meno al suo dovere di decisione” in quanto “doveva disporre la sospensione necessaria” del procedimento in attesa ed in dipendenza della decisione ” dell’adito Tribunale di Bari, investito della reiterata domanda di protezione internazionale”.
Il motivo non può essere accolto.
Innanzitutto parte ricorrente non indica nessun parametro processuale normativo alla cui stregua viene prospettata la censura.
La medesima parte non ottempera a quanto dovuto alla stregua del noto principio di autosufficienza del ricorso (ex plurimis: Cass. S.U. 2 dicembre 2008, n. 28547).
Non viene, infatti, nel ricorso nè riportato, nè trascritto dove e quando si sarebbe in precedenza svolta istanza di sospensione.
In ogni caso nel provvedimento impugnato si evidenzia e specifica la circostanza della “non menzione della reiterata richiesta di protezione internazionale” ed il fatto che la eventuale reiterazione della medesima e già respinta richiesta costituirebbe circostanza irrilevante poichè “detto secondo ricorso è stato dichiarato inammissibile in base al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29”.
Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, al comma 5, dispone che la proposizione del ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale “non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale ai sensi dell’art. 29 cit..
E’ proprio questo il caso in oggetto (differente dalla fattispecie considerata, di recente, da Cass. n. 5437/2020) avendo la Commissione territoriale dichiarato inammissibile la domanda reiterata di protezione presentata dall’odierno ricorrente, stante la carenza di nuovi motivi.
In relazione, poi, alla pretesa non espellibilità del ricorrente per ragioni di salute deve evidenziarsi quanto segue.
Il Giudice di Pace ha, nel provvedimento gravato, evidenziato l’insussistenza di motivi ostativi all’espulsione in quanto il medico non si era espresso sulla impossibilità di sottoporsi alle cure in altro posto, nè tantomeno sulla inconciliabilità della cura della malattia con il rimpatrio e neppure da quale periodo il ricorrente medesimo versi nell’allegato stato di salute.
Lo stesso ricorrente, peraltro, si è limitato in via meramente assertiva a contrapporre la necessità di cure irrinunciabili, ma nulla ha contrapposto specificamente, neppure riportando specificamente – in ossequio al noto onere di autosufficienza – l’integrale contenuto della certificazione medica.
Deve, al riguardo, ribadirsi il principio già enunciato da questa Corte secondo cui l’espulsione dal territorio nazionale può essere impedita solo nell’ipotesi “che dall’immediata esecuzione del provvedimento derivi un irreparabile pregiudizio” (Cass. civ., S.U., Sent. 10 giugno 2013, n. 14500).
Il motivo va, dunque, respinto.
2.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
3.- Nulla va statuito quanto alle spese stante l’assenza di controricorso.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021