LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35091/2019 proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Gentile Da Fabriano 3, presso lo studio dell’avvocato Valerini Fabio, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale Riconoscimento Prot. Int. Roma Sez. Latina, Ministero dell’Interno;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 11/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
RITENUTO
Che:
1. – B.M. viene dal *****.
Ha raccontato di essere fuggito dopo che i membri di una famiglia vicina hanno preteso di appropriarsi dei terreni della sua famiglia, che erano abbastanza produttivi da assicurare il sostentamento, e dopo che, a causa del rifiuto di cederli, gli antagonisti hanno ucciso il padre del ricorrente alla sua presenza. I familiari di B. allora hanno denunciato l’accaduto alla polizia, ed in un primo momento, gli autori del fatto sono stati arrestati. Poi, fattisi corrompere, gli agenti di polizia hanno rilasciato gli assassini del padre. Costoro hanno ripreso le minacce nei confronti dei membri della famiglia del ricorrente, che quindi ha ritenuto necessario fuggire dal Senegal: egli è inizialmente transitato per alcuni paesi africani rimanendo, per un certo periodo in Libia, dove però è stato sottoposto a vessazioni e rinchiuso in stato di detenzione fino a che, approfittando della liberazione, è venuto in Italia.
2. – Il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di protezione internazionale ravvisando nei fatti narrati una vicenda meramente privata, non idonea quindi a consentire la protezione internazionale. Ha escluso che in Senegal vi sia un conflitto armato generalizzato, ha rigettato la protezione umanitaria sostenendo che non v’e’ integrazione del ricorrente in Italia e che egli non correrebbe alcun rischio in caso di rimpatrio.
3. – Il ricorso è basato su 5 motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso.
CONSIDERATO
Che:
5. – Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 25 del 2008, art. 35 bis, e contiene una censura che è comune al secondo motivo, anch’esso volto a denunciare la violazione del predetto art. 35 bis.
5.1- Il ricorrente si duole del fatto, con il primo motivo, che il collegio abbia delegato un giudice onorario alla sua audizione ed eccepisce la circostanza che in materia di protezione internazionale è fatto divieto ai giudici onorari di prendere parte alla decisione. Il collegio avrebbe pure delegato a quel giudice di predisporre “una bozza della sentenza”.
Questo primo motivo è infondato.
E’ infatti stato precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte che “non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale, su delega del giudice professionale designato per la trattazione del ricorso, abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, commi 10 e 11, tale attività rientra senza dubbio tra i compiti delegabili al giudice onorario in considerazione della analogia con l’assunzione dei testimoni e del carattere esemplificativo dell’elencazione ivi contenuta” (Sez. Un. 5425/2021).
Per quanto attiene alla delega di attività decisoria, essa è da considerarsi tamquam non esset, dal momento che la “bozza di sentenza” non è un atto processuale, e solo gli atti processuali possono essere delegati dal collegio ad un istruttore, e dunque si tratta di una delega extra ordinem, di un’attività non processuale, ma di mero ausilio al giudice, né risulta che quella bozza, ove vi sia stata, e non ve ne prova, abbia influenzato la decisione.
Con il secondo motivo, invece, e in contraddizione con il primo, il ricorrente si duole della circostanza che poi il giudice delegato a quell’incombente, ossia alla sua audizione non abbia fatto parte del collegio, e che quindi la causa è stata decisa da un collegio diverso.
6. – Terzo e quarto motivo attengono alla medesima questione. Il terzo motivo denuncia genericamente violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria, mentre il quarto motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).
Il ricorrente ritiene insufficiente il ricorso che il Tribunale ha fatto alle fonti di conoscenza della situazione del Senegal sia quanto al numero che alla attendibilità delle fonti utilizzate.
I motivi possono esaminarsi insieme e sono infondati.
Nell’accertamento della situazione del paese di origine, ai sensi dell’art. 14 citato, lett. c), il Tribunale, al fine di verificare se esista un conflitto armato generalizzato nel paese di origine, deve fare ricorso a fonti attendibili ed aggiornate (Cass. 8819/2020) ed il ricorrente che intenda contestare l’uso delle fonti ad opera del giudice di merito ha l’onere di indicare fonti alternative di segno contrario e di maggiore attendibilità. Nel caso presente il ricorrente, invece, alle fonti utilizzate dal Tribunale, che devono ritenersi tutte attendibili ed aggiornate, ha opposto le notizie risultanti dal sito “*****” della Farnesina che, come già ribadito da questa Corte, non è sito di utile conoscenza circa l’esistenza di un conflitto armato generalizzato (Cass. 8819/2020), ed oltre a quel sito ha altresì indicato alcune sentenze di merito da cui risulterebbe che in Senegal la situazione è di guerra civile, sentenze di merito che ovviamente non costituiscono fonte di conoscenza della situazione esistente in uno Stato straniero.
7. – Il quinto motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5, oltre che violazione l’obbligo di cooperazione istruttoria.
Il ricorrente assume che il Tribunale non ha dato adeguata considerazione alla sua integrazione in Italia e soprattutto non ha ben valutato il certificato attestante la sua condizione di salute. Il Tribunale inoltre non avrebbe tenuto conto della situazione del paese di origine.
Il motivo è infondato.
Quanto alla valutazione della malattia e dello stato di integrazione in Italia, invero, il Tribunale l’ha svolta, ed ha ritenuto, quanto alla salute, insufficiente la documentazione, e quanto alla integrazione, non allegato alcun lavoro ed alcuna altra attività di inserimento sociale: il tutto con accertamento in fatto qui non sindacabile.
Il Tribunale ha altresì valutato tale condizione soggettiva alla luce della situazione del Senegal, non ravvisando in quel paese pericoli di violazione di diritti fondamentali in caso di rimpatrio.
8. – Il ricorso va rigettato
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022