Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1003 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8872/2013 R.G. proposto da:

BENQ ITALY SRL, CON SOCIO UNICO (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. EUGENIO BRIGUGLIO, dall’Avv. GIANLUCA BOCCALATTE ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. ERNESTO MOCCI in Roma, Via Germanico, 146;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

sul ricorso iscritto al n. 8873/2013 R.G. proposto da:

BENQ ITALY SRL CON SOCIO UNICO, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. EUGENIO BRIGUGLIO, dall’Avv. GIANLUCA BOCCALATTE ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. ERNESTO MOCCI in Roma, Via Germanico, 146;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso le sentenze della Commissione tributaria Regionale della Lombardia, n. 63/30/12 e n. 62/30/12, entrambe depositate in data 27 settembre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 marzo 2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

RILEVATO

CHE:

Quanto al procedimento n. 8872/2013 R.G., la società ricorrente BENQ ITALY SRL – parte di un gruppo multinazionale che fa capo a BenQ Corporation – ha impugnato un atto di irrogazione di sanzioni, relativo al periodo di imposta dell’esercizio 2002, per avere la società ricorrente effettuato operazioni con società domiciliate in territori a regime fiscale privilegiato, stante la mancanza degli elementi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, comma 11 nella formulazione pro tempore vigente, in relazione a componenti negativi di reddito derivanti dalle suddette operazioni non indicati in dichiarazione. L’accertamento traeva origine da una verifica, conclusasi con un PVC in data 26 aprile 2006 (sostanzialmente recepito dall’atto impositivo), con il quale si accertava che la contribuente si era approvvigionata di merce proveniente dalle suddette imprese tramite l’interposizione di una società di diritto olandese (BenQ Europe BV), controllante della contribuente e il cui intervento nella catena distributiva era stato ritenuto ingiustificato dal punto di vista economico, con conseguente indeducibilità degli acquisti operati dalla contribuente in via diretta con le imprese produttrici, tra cui una impresa operante in Malesia, Paese a fiscalità privilegiata.

La CTP di Milano ha rigettato il ricorso e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 27 settembre 2012, ha rigettato l’appello della contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello la corretta irrogazione della sanzione di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 47, art. 8, comma 3-bis ritenendo che la società di diritto olandese sarebbe fittiziamente interposta e priva di valide ragioni economiche e che, diversamente, la contribuente avrebbe intrattenuto rapporti con i fornitori operanti in Paesi a fiscalità privilegiata con maggiori oneri fiscali.

Propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a tre motivi, al quale ha fatto seguito memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio intimato.

Il procedimento n. 8873/2013 R.G. ha ad oggetto identico atto di irrogazione delle sanzioni, relativo al medesimo periodo di imposta (2002), fondato sui medesimi presupposti. La CTP di Milano ha rigettato il ricorso e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 27 settembre 2012, ha rigettato l’appello della contribuente con analoghe motivazioni. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidato anch’esso a tre motivi, al quale ha fatto seguito memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio intimato.

CONSIDERATO

CHE:

1.1 – Con il primo motivo nel proc. n. 8872/2013 R.G. si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso per il giudizio. Parte ricorrente evidenzia preliminarmente come la contestazione dell’Ufficio si sarebbe appuntata su una delle diverse modalità di approvvigionamento della contribuente per il tramite della società di diritto olandese BenQ Europe PV (merce proveniente da paesi extraEuropei), quale presupposto della dedotta natura antieconomica della interposizione della società olandese controllante. Ritiene il ricorrente non adeguatamente motivata la sentenza impugnata in relazione alla natura antieconomica della interposizione della controllante, con riferimento al mancato assolvimento della prova da parte della contribuente circa i maggiori costi che sarebbero stati sostenuti in caso di rapporti diretti con le società estere. Deduce che non siano state valorizzate dalla CTR sia la struttura del gruppo, sia le tematiche strategiche e gestionali alle quali presiede la società controllante, sia il fatto che la società olandese provvedesse ad approvvigionare la contribuente anche attraverso canali distributivi diversi (magazzino in Italia e magazzini Europei). Evidenzia, inoltre, contraddittorietà della motivazione dell’atto impugnato, nella parte in cui ha ritenuto sussistenti i rapporti tra la contribuente e la controllante ove sono state contestate ulteriori riprese, aventi ad oggetto la tematica dei prezzi di trasferimento e quella dei costi assicurativi.

1.2 – Con il secondo motivo del medesimo procedimento si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nella parte in cui la CTR ha ritenuto sussistere la antieconomicità della interposizione della società controllante di diritto olandese sulla base del solo approvvigionamento dai Paesi extra-UE, laddove la società controllante avrebbe operato un ordinato coordinamento della catena distributiva e degli ordini di acquisto. Ripropone, quali fatti storici il cui esame sarebbe stato omesso, quelli già sottoposti nel precedente motivo di gravame (acquisti da Paesi Europei e da un magazzino italiano operate sempre dalla società controllante olandese, inferiorità del ricarico operato dalla controllante rispetto ai costi di approvvigionamento diretto, evidenza nell’atto impugnato dell’esistenza della società interposta ai fini di riprese aventi ad oggetto la disciplina dei prezzi di trasferimento).

1.3 – Con il terzo motivo del medesimo procedimento si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 per radicale assenza della motivazione. Parte ricorrente evidenzia che l’avere legato la motivazione della natura antieconomica della interposizione della società di diritto olandese al fine di evitare alla contribuente di avere rapporti con i fornitori operanti in Paesi a fiscalità privilegiata non assolve all’onere di motivazione; ripropone, inoltre, parte ricorrente le stesse doglianze proposte in relazione ai due superiori motivi.

1.4 – I tre motivi proposti nel proc. n. 8873/2013 R.G. sono del tutto sovrapponibili agli ulteriori tre motivi del ricorso del proc. n. 8872/2013 R.G., sia in relazione ai profili denunciati, sia in relazione alle argomentazioni giuridiche evidenziate.

1.5 – Va preliminarmente disposta la riunione, ai sensi dell’art. 274 c.p.c., della causa n. 8873/2013 R.G. alla causa n. 8872/2013 R.G., attesa la connessione soggettiva e oggettiva, quest’ultima resa evidente dalla natura delle questioni trattate in entrambi i ricorsi per economia e minor costo dei giudizi anche quanto alle spese processuali, oltre alla certezza del diritto (Cass., Sez. U., 13 settembre 2005, n. 18125), nonché (non secondariamente) al fine di evitare decisioni contrastanti (Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27550), stanti gli evidenti profili di analogia delle questioni sostanziali e processuali trattate.

2 – Il motivo indicato per terzo in entrambi i ricorsi, il quale assume ruolo pregiudiziale per entrambi, in quanto veicola una censura di nullità delle sentenze impugnate, è infondato per entrambi i ricorsi. Le sentenze impugnate hanno individuato la natura antieconomica della interposizione della società controllante di diritto olandese nella circostanza, in fatto, che così operando la società contribuente avrebbe evitato di accollarsi l’onere di intrattenere rapporti con fornitori siti in Paesi a fiscalità privilegiata (“senza la fittizia interposizione della controllante olandese, la appellante avrebbe avuto rapporti diretti con le imprese produttrici (…) e quindi non sarebbero stati deducibili i relativi componenti negativi di reddito in quanto derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione Europea con regimi fiscali privilegiati”). La motivazione delle sentenze si nutre, inoltre, dell’accertamento (per quanto ellittico) dell’assenza di vantaggio economico degli acquisti operati dalla controllante rispetto ai potenziali acquisti diretti operati dalla contribuente (“giustificando il ricarico operato che apoditticamente si assume meno costoso per la controllata degli oneri dell’acquisto diretto dal paese a fiscalità privilegiata”), che costituisce l’elemento indiziario in fatto sulla base del quale è stata ritenuta la natura fittizia dell’interposizione della controllante. Dovendo il vizio di nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 risolversi – come evidenzia lo stesso ricorrente nel parametro normativo – nella totale assenza di motivazione, tale da risultare del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598) – tale vizio non può ritenersi ricorrere nel caso di specie, dando la motivazione della commissione di appello contezza del percorso logico seguito.

3 – Il primo e il secondo motivo di entrambi i ricorsi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.

3.1 – Si rileva, in primo luogo, come il sindacato di legittimità sulla motivazione resta, oramai, circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con conseguente nullità della sentenza per violazione di legge costituzionalmente rilevante, nei casi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass., Sez. II, 13 agosto 2018, n. 20721; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), non potendosi più dedurre, come si è già visto supra, vizi attinenti alla incompletezza del percorso motivazionale seguito dal giudice del merito.

3.2 – Quanto, in particolare, alla eventuale riqualificazione dei vizi motivazionali sotto il profilo dell’omesso esame di fatti storici e, in particolare, quanto all’oggetto della censura del secondo motivo di entrambi i ricorsi, va escluso che possa prendersi in esame la circostanza che BenQ Europe BV sia stata effettivamente considerata, quanto ad altri profili di accertamento (differenziale tra costi di acquisto e prezzo di rivendita ai fini della tematica dei prezzi di trasferimento e disconoscimento dell’inerenza dei costi di assicurazione sostenuti dalla società di diritto olandese), come società effettivamente operante, trattandosi di questione – estranea alla ripresa effettuata dall’Ufficio (come risulta dall’atto impugnato, riprodotto dal ricorrente in ossequio al principio di specificità), benché menzionata nella motivazione della sentenza impugnata attinente alla completezza del profilo motivazionale e non qualificabile come fatto storico.

3.3 – Analogamente, quanto al giudizio di antieconomicità dei costi di ricarico per mancata prova da parte della contribuente del maggior costo che avrebbero avuto gli acquisti, ove direttamente effettuati dalla contribuente nei confronti delle consociate extra-UE (pagg. 41 di entrambi i ricorsi), non è stato enucleato il fatto storico che avrebbe portato il giudice di appello a un giudizio diverso da quello fornito dalla sentenza impugnata, già evidenziato in relazione all’esame del primo motivo (“giustificando il ricarico operato che apoditticamente si assume meno costoso per la controllata degli oneri dell’acquisto diretto dal paese a fiscalità privilegiata”). L’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. VI, 8 novembre 2019, n. 28887; Cass., Sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 2498), risolvendosi in questo caso il vizio di supposto omesso esame di un fatto storico (in tesi, effettivamente esaminato), presupposto per una inammissibile nuova valutazione dei fatti operata dal giudice del merito (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476).

3.4 – Quanto, infine, all’omesso esame del tema degli approvvigionamenti provenienti dal canale interno (tramite deposito fiscale) e da quello Europeo, il ricorrente non offre elementi per ritenere l’esame di questo fatto storico decisivo ai fini del giudizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dovendo il ricorrente illustrare in che termini tale fatto sarebbe stato decisivo e in quali termini, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).

Ne’ nelle memorie in atti sono state prospettate ulteriori questioni attinenti la irrogata sanzione (in entrambi i procedimenti) di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, cit., art. 8, comma 3-bis.

4 – I ricorsi riuniti vanno, pertanto, rigettati. Non si fa luogo alla condanna alle spese in favore del controricorrente in quanto l’Ufficio – come correttamente notato dal ricorrente nelle memorie – a dispetto della posizione di controricorrente, ha prodotto un atto privo di difese, con il quale si è riservato di integrare le difese. Va ribadito, sotto questo profilo, il principio secondo cui il controricorso, pur non dovendo necessariamente riportare a pena di inammissibilità la esposizione sommaria dei fatti di causa, deve invece contenere i motivi di diritto su cui si fonda, che ne costituiscono requisito essenziale a pena di inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, richiamato dell’art. 370 c.p.c., comma 2, con conseguente inammissibilità del controricorso privo di deduzioni giuridiche contrarie al ricorso (Cass., Sez. III, 10 aprile 2019, n. 9983; Cass., Sez. V, 26 maggio 2009, n. 12171; Cass., Sez. II, 13 marzo 2006, n. 5400). Il controricorrente non ha, nella specie, articolato alcuna difesa, avendo fatto riserva di integrare le difese e limitandosi ad asserire “le doglianze sollevate ex adverso non paiono fondate e se ne chiede la reiezione”, essendo, pertanto, privo di deduzioni giuridiche. Il controricorso e’, pertanto, inammissibile.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte, dispone la riunione del ricorso n. 8873/2013 R.G. al ricorso n. 8872/2013 R.G. e rigetta i ricorsi riuniti; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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