LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –
Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8874/2013 R.G. proposto da:
BENQ ITALY SRL, CON SOCIO UNICO (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. EUGENIO BRIGUGLIO, dall’Avv. GIANLUCA BOCCALATTE ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. ERNESTO MOCCI in Roma, Via Germanico, 146;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore;
avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Lombardia, n. 61/30/12, depositata in data 27 settembre 2012.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 marzo 2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.
RILEVATO
CHE:
La società ricorrente BENQ ITALY SRL – la quale fa parte di un gruppo multinazionale che ha al suo vertice la società ***** BenQ Corporation – ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta dell’esercizio 2002, per IRPEG e IRAP, aventi ad oggetto il riaddebito di costi per polizze di assicurazione sottoscritti dalla società controllante BenQ Europe BV e riaddebitati alla contribuente, aventi ad oggetto il rischio di solvibilità dei clienti, in quanto non inerenti. L’accertamento traeva origine da una verifica, conclusasi con un PVC in data 26 aprile 2006, con il quale si accertava che la contribuente si era approvvigionata di merce proveniente dalle suddette imprese tramite l’interposizione di una società di diritto olandese (BenQ Europe BV), controllante della contribuente, il cui rapporto veniva qualificato come contratto di commissione, rispetto al quale non si rinveniva l’utilità dei costi riaddebitati alla controllata, trattandosi di costi gravanti sulla società controllante.
La CTP di Milano ha rigettato il ricorso e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 27 settembre 2012, ha rigettato l’appello della contribuente, ritenendo che la contribuente, società controllata dalla BenQ Europe BV, è soggetto privo di autonomia decisionale e che il costo sostenuto è andato a vantaggio della società controllante medesima.
Propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a tre motivi, al quale ha fatto seguito memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio intimato.
CONSIDERATO
CHE:
1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso per il giudizio in relazione alla ripresa dei costi di assicurazione in quanto non inerenti. Evidenzia il ricorrente che la CTR avrebbe confermato l’avviso di accertamento, previa riqualificazione del rapporto tra la contribuente e la controllante in termini di contratto di commissione e che l’interesse a stipulare i contratti di insolvenza sarebbe del committente e non della contribuente in qualità di commissionaria. Contesta l’assunto del giudice di appello, deducendo che i rapporti tra controllante e contribuente non potrebbero comportare una diversa qualificazione del rapporto tra controllata e controllante da rapporto di distribuzione a contratto di commissione, né si ravviserebbero le ragioni per la riqualificazione del rapporto.
1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla medesima ripresa, evidenziandosi le medesime questioni di cui al superiore motivo. Evidenzia, ulteriormente, il ricorrente la circostanza secondo cui sussisterebbero le ragioni per la stipula di polizze a garanzia del rischio di insolvenza clienti, stante il rischio di dover comunque assolvere agli obblighi contrattuali nei confronti della controllante e rimarca come il fatto che in alcuni casi il pagamento alla società olandese sarebbe avvenuto successivamente all’incasso dei clienti è dipeso dalla circostanza che si trattava di rapporti commerciali estranei al perimetro assicurativo.
1.3 – Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 per radicale assenza della motivazione in relazione alla medesima ripresa, anche in tal caso sulla base delle medesime questioni già rubricate nei superiori due motivi.
2 – Il terzo motivo, il quale assume ruolo pregiudiziale, è infondato. La sentenza impugnata ha escluso l’inerenza del costo escludendo che la contribuente abbia autonomia decisionale (“indipendenza della controllante che sui è constatato non poter sussistere né in diritto né in atto, in quanto società di capitali controllata totalmente al 100% da un socio unico ed inserita in una coente politica di un gruppo multinazionale”), e in quanto l’utilità economica della stipula delle polizze dei clienti finali andava a vantaggio della controllante (“costo palesemente non inerente in quanto sostenuto a vantaggio e nell’interesse della sua controllante”). Dovendo il vizio di nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 risolversi – come evidenzia lo stesso ricorrente nel parametro normativo – nella totale assenza di motivazione, tale da risultare del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598), tale vizio non può ritenersi ricorrere nel caso di specie, avendo dato la motivazione della commissione di appello contezza del percorso logico seguito, per quanto non abbia dato contezza di tutti gli aspetti dedotti dalla contribuente.
3.1 – Il primo e il secondo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili. Si rileva, in primo luogo, come il sindacato di legittimità sulla motivazione resta, oramai, circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con conseguente nullità della sentenza per violazione di legge costituzionalmente rilevante – nei casi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass., Sez. II, 13 agosto 2018, n. 20721; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), non potendosi più dedurre, come si è già visto supra, vizi attinenti alla incompletezza del percorso motivazionale seguito dal giudice del merito.
3.2 – Quanto, in particolare, alla eventuale riqualificazione dei vizi motivazionali sotto il profilo dell’omesso esame di fatti storici e, in particolare, quanto all’esame del secondo motivo, va escluso che possa prendersi in esame la circostanza che il rapporto dovrebbe essere riqualificato diversamente da quanto deduce la CTR in relazione ai profili di rischio, nonché in relazione alla natura del controllo operato dalla controllante ai fini della riqualificazione del rapporto di distribuzione, trattandosi di mere argomentazioni giuridiche, la cui omissione non può integrare la censura per cui è causa (Cass., Sez. VI, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. I, 18 ottobre 2018, n. 26305; Cass., Sez. II, 14 giugno 2017, n. 14802). Quanto, poi, alla circostanza in fatto della estraneità al perimetro assicurativo di quei pagamenti nei confronti della società controllante in epoca successiva all’incasso dei clienti, si tratta di fatto storico di cui non è stata data adeguata evidenza di decisività, dovendo il ricorrente illustrare in che termini tale fatto sarebbe stato decisivo e in quali termini, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
4 – Il ricorso va pertanto rigettato. Non si fa luogo alla condanna alle spese in quanto l’Ufficio – come correttamente notato dal ricorrente nelle memorie – a dispetto della posizione di controricorrente, ha prodotto un atto privo di difese, con il quale si è riservato di integrare le difese. Va ribadito, sotto questo profilo, il principio secondo cui il controricorso – pur non dovendo necessariamente riportare a pena di inammissibilità la esposizione sommaria dei fatti di causa – deve invece contenere i motivi di diritto su cui si fonda, che ne costituiscono requisito essenziale a pena di inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, richiamato dell’art. 370 c.p.c., comma 2, con conseguente inammissibilità del controricorso privo di deduzioni giuridiche contrarie al ricorso (Cass., Sez. III, 10 aprile 2019, n. 9983; Cass., Sez. V, 26 maggio 2009, n. 12171; Cass., Sez. II, 13 marzo 2006, n. 5400). Il controricorrente non ha, nella specie, articolato alcuna difesa, avendo fatto riserva di integrare le difese e limitandosi ad asserire “le doglianze sollevate ex adverso non paiono fondate e se ne chiede la reiezione”, essendo, pertanto, privo di deduzioni giuridiche. Il controricorso e’, pertanto, inammissibile.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 8 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022