In tema di Imposta reddito persone fisiche, l'indennità di buonuscita corrisposta, all'atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza del personale del Ministero delle finanze costituisce una forma di retribuzione differita, assimilabile all’indennità di cui all’art. 17, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, ed in quanto tale assoggettata alla tassazione prevista dagli artt. 49, comma 21 e art. 51 del citato decreto.
Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n. 1006 del 14/01/2022
(Dott. SORRENTINO Federico – Presidente; Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere)
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise n. 106/01/2014, depositata 17.04.2014. La vicenda tra origine dalla domanda di rimborso, presentata dalla contribuente R.B., delle ritenute operate ai fini IRPEF sull’indennità liquidatale da Fondo di Previdenza per il personale del Ministero dell’Economa e delle Finanze, al momento della cessazione dal servizio.
Sull’istanza si formava il silenzio rifiuto, che la contribuente opponeva con ricorso alla CTP di Campobasso che l’accoglieva, dichiarando illegittimo il rifiuto. L’Ufficio proponeva appello che la CTR rigettava.
Con il ricorso in esame l’A.F. ha dedotto due motivi.
Non ha resistito la contribuente R.B. rimasta intimata.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 1 nonché della L. n. 1934 del 1984, art. 2 per aver la CTR ritenuto, erroneamente, che il Fondo fosse alimentato esclusivamente da contributi dei dipendenti.
Con il secondo, censura la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 2 e art. 51 per non aver ritenuto che le somme corrisposte dal Fondo costituissero reddito da lavoro in quanto riconducibili al rapporto di lavoro e che non integrassero la retribuzione, disattendendo il principio di onnicomprensità.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente per i profili interconnessi che li caratterizzano.
L’Amministrazione ricorrente contesta la decisione impugnata basata sul l’errato presupposto che il fondo per il personale MEF, istituito con D.P.R. n. 211 del 1981, fosse alimentato eslcusivamente da contributi del personale dipendente.
La questione discende, quindi, dalla composizione e dalla provenienza delle risorse che confluiscono nel Fondo in parola.
Infatti, è dalla soluzione di tale aspetto che discende la sottoposizione o meno a tassazione dell’indennità corrisposta al personale. Mentre per il contribuente l’indennità sarebbe formata esclusivamente da contributi a carico del dipendente, per l’Amministrazione e’, invece, alimentato da entrate tipiche della contribuzione pubblica e quindi è soggetta a tassazione separata T.U. n. 917 del 1986, ex art. 17.
Ora, per una valutazione di tale profilo è certamente rilevante tener conto anche della finalità istituzionale del Fondo, come definito dal regolamento approvato dal D.P.R. n. 1034 del 1984. Da esso emerge come il Fondo sia volto ad erogare, al personale del Dicastero in parola, sia prestazioni assistenziali (ad esempio sovvenzioni in caso di malattia per gli iscritti e per i loro familiari), che previdenziali (indennità aggiuntiva di liquidazione). In altri termini, forme obbligatorie di assistenza e previdenza.
Per la decisione va richiamata e confermata, la giurisprudenza di questa Corte ormai stabilizzata sul tema (Cass.n. 5330/2019; n. 13800/2019; n. 27804/2019; n. 25396/2017). Indirizzo che lascia isolata la sentenza n. 9430 del 2003, a cui sembra far capo la decisione del Giudice regionale.
E’, dunque, da ritenere che l’indennità in esame rivesta carattere previdenziale, assimilabile all’indennità di cui all’art. 17, comma 1, del citato testo unico, rappresentando una forma di retribuzione differita.
Si tratta, cioè, di importi che contribuiscono ad integrare la retribuzione. Con la decisiva precisazione che ad alimentare il Fondo, dal quale vengono tratte le risorse poi tradotte in integrazione della retribuzione e corrisposte in forma di indennità di liquidazione all’atto della cessazione del rapporto; sono le voci indicate dall’art. 2, lett. c), d), ed e) del citato regolamento, n. 1034/84, di natura palesemente pubblicistica. Voci rappresentate da: proventi dalla vendita di beni confiscati; proventi delle sanzioni pecuniarie; proventi da tasse ipotecarie, proventi dalla trattenuta sulle vincite al gioco del lotto ed altre di identica natura.
Ne’ contraddice tale affermazione la circostanza che tra le entrate del Fondo siano annoverati, sub c), d), e d) del suindicato art. 2, anche i proventi delle sanzioni pecuniarie, comminate e riscosse dall’Amministrazione finanziaria a seguito dell’attività accertativa del suo personale. Ed infatti, lo stesso personale beneficia di una ricaduta retributiva tratta dai proventi di tale attività accertativa e sanzionatoria, ma solo indirettamente, attraverso l’iniziale afflusso complessivo di detti proventi al Fondo, costituendone una sua entrata, e solo successivamente si traducono in una delle componenti dell’indennità integrativa di liquidazione dei dipendenti, erogata dal Fondo medesimo. Tal che non può dirsi che quel flusso di risorse all’ente scaturiscano da un contributo “diretto” dei dipendenti e quindi non può sostenersi che l’indennità poi da essi percetta sia autofinanziata.
Pertanto, in ragione del principio di onnicomprensività della retribuzione, integrata dal Fondo, alimentato, come detto, da entrate esclusivamente di natura pubblicistica; l’indennità in esame costituisce, appunto, una forma di retribuzione differita ed in quanto tale assoggettata alla tassazione prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 21 e art. 51.
Costituiscono, infatti, reddito da lavoro dipendente tutte le somme percepite dal dipendente in servizio o collocato a riposo, in relazione al rapporto di lavoro, anche se corrisposte dopo la cessazione del rapporto.
Non e’, quindi, conforme all’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, né all’effettivo meccanismo di alimentazione del Fondo in questione, la decisione impugnata laddove ha ritenuto, per escluderne la tassabilità, che “l’indennità in questione fosse costituita da contributi versati dall’avente diritto, con la sottolineatura che nel caso trattasi di accantonamenti rispetto ai quali il datore di lavoro resta estraneo”.
Il ricorso va, pertanto, accolto. La sentenza va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, la causa può essere decisa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 22, rigettandosi il ricorso originario del contribuente.
Per la peculiarità della fattispecie, le spese possono essere interamente compensate tra le parti.
PQM
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022