LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1881/2015 proposto da:
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12.
– Ricorrente –
Contro
R.A., rappresentata e difesa dall’avv.to Massimo Amato elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.to D.
Santonastaso in Roma viale Pola n. 9.
– Controricorrente –
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della Campania n. 10353/48/14 depositata il 1/12/2014.
Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella camera di consiglio del 8 giugno 2021.
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 10353/48/14 depositata il 1.12.2014.
La vicenda trae origine dalla notifica dell’avviso di accertamento ***** per l’anno d’imposta 2007, nei confronti della contribuente R.A., a rettifica (del reddito da lei dichiarato nella misura di Euro zero) mediante accertamento sintetico, ricorrendone i presupposti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 30, comma 4.
La contribuente aveva opposto l’atto impositivo con ricorso alla CTP di Caserta che lo rigettava. Il successivo appello veniva, invece, accolto dalla CTR con la suindicata pronuncia, che l’Amministrazione ha impugnato ponendo a base del ricorso un unico motivo, per la violazione degli artt. 2729,2697 cod.civ, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5 e 6.
E’ rimasta intimata la contribuente R.A..
CONSIDERATO
che:
Il ricorso va accolto per le ragioni che seguono.
Il giudice regionale ha motivato l’accoglimento dell’appello del contribuente sul presupposto fosse emersa, come fonte di maggiore capacità di spesa, la vendita nel 2005 di beni mobili, dalla quale la parte aveva ricavato Euro 113.585,60. Riteneva la CTR non rilevante la mancata prova circa la disponibilità di tale disponibilità anche al tempo dei contestati incrementi patrimoniali (2007) e la mancata prova della destinazione di quelle risorse, all’acquisizione degli incrementi patrimoniali contestati e a sostenere le connesse spese di gestione.
L’Amministrazione contesta la decisione ponendo in dubbio si possa presumere la disponibilità di risorse, ricavate da uno smobilizzo avvenuto nel 2005, ancora negli anni 2008 e 2011, senza adeguata prova su tale circostanza. E dubbio pone su come si possa ravvisare “contiguità temporale” tra i due termini, invece tra loro distanti.
La sentenza risulta non conforme all’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte che ha più volte affermato come “In tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva da risorse di natura non reddituale di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, (applicabile “ratione temporis”), per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva a tali ulteriori redditi, è onerato della prova contraria in ordine alla loro disponibilità, alla loro entità ed alla durata del relativo possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere” (Sez. 5 -, Ordinanza n. 16637 del 04/08/2020, Rv. 658651 – 01).
Ne discende che la CTR ha mancato di esigere dal contribuente che provasse, non solo la disponibilità delle asserite ulteriori risorse in esito al ricavato dalla vendita di beni mobili di famiglia, atte a giustificare la sua capacità di spesa. Sarebbe stato, invece, necessario che la parte provasse, e la CTR esigesse, anche la durata del possesso, posto il non breve lasso tra la disponibilità e gli incrementi e che producesse inoltre idonea documentazione per dimostrare, se non la destinazione delle risorse proprio alle spese contestate, quanto meno che ciò fosse stato possibile.
Inoltre, non vi è alcuna prova che il ricavato della vendita di beni mobili nel luglio 2005 fosse ancora nella disponibilità della contribuente anche nel periodo interessato dall’accertamento. talché avrebbe dovuto dimostrare che nel 2007 aveva ancora la disponibilità della quota di 1/5 dell’ammontare della spesa contestata.
IL Giudice regionale ha ritenuto che nessun altro onere probatorio gravasse sul contribuente oltre quello di provare una disponibilità di risorse ulteriori rispetto a quella accertate, che giustificasse la sua capacità di spesa ed ha richiamato a sostegno di tale assunto la sentenza di questa Corte n. 6396/2014.
Al riguardo si deve evidenziare che quella decisione è stata contrastata anche dalla giurisprudenza coeva (Cass. n. 25104/2014) e, poi da quella successiva, stabilmente difforme.
Conseguentemente, è fondato il motivo dedotto dall’A.F., secondo la quale, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 non risulta provata, alla stregua dello standard probatorio fissato dalla richiamata giurisprudenza, la disponibilità delle ulteriori risorse non reddituali indicate dalla contribuente in Euro 113,585,60, afferenti alla vendita di mobili di famiglia ed in Euro 102.533,35, relative al disinvestimento di titoli.
Il ricorso, pertanto, deve essere accolto. La sentenza va cassata con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, per il riesame e per la definizione sulle spese.
PQM
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, per il riesame e per la definizione sulle spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022