Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1009 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 14726/2015 proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12.

– Ricorrente –

Contro

P.M.;

– intimato –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della Campania n. 931/17/1i depositata il 3/02/2015.

Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella camera di consiglio de178 giugno 2021.

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 931/17/15 depositata il 3 febbraio 2015.

La vicenda tra e origine dall’opposizione del contribuente P.M., già dirigente dell’Enel, al silenzio rifiuto dell’A.F. in merito alla istanza di rimborso di somme trattenute dalla società quale sostituto d’imposta, sull’importo erogatogli dal fondo di previdenza complementare (Fondenel subentrato al c.d. fondo P.I.A.), all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, il 30 novembre 1996.

Il contribuente lamentava, invocando l’accordo aziendale del 26 luglio 2000, che fosse stata applicata l’aliquota del 32,58% ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 17, comma 1 e non quella del 12,50% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, e chiedeva il rimborso della maggior somma indebitamente ritenuta (pari ad Euro 117.686,85).

Il ricorso del contribuente avverso il silenzio rigetto, alla CTP di Napoli veniva accolto. Decisione poi mutata dalla opposta sentenza della CTR n. 148/31/11, sull’appello dell’Ufficio. Il contribuente impugnava la sfavorevole decisione innanzi a questa Corte, che, in accoglimento, la cassava con ordinanza 10449/13 e rinviava il giudizio alla Commissione, in diversa composizione, che adottava la pronuncia n. 931/17/15, qui impugnata favorevole al P..

L’Agenzia ha dedotto tre motivi.

Non ha resistito il contribuente, rimasto intimato.

CONSIDERATO

che:

l’Agenzia delle Entrate con il primo motivo lamentava omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la CTR avrebbe omesso di esaminare il profilo relativo all’effettiva esistenza del “rendimento” che giustificava sulla somma scaturita da esso, l’applicazione dell’aliquota più favorevole. Venendo meno all’oggetto del rinvio nei termini posti dal giudice di legittimità

Con il secondo motivo lamenta violazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, e del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5 (L. n. 30 del 1997), oltre che del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 16 e 17 e 42. In particolare, si duole che la Commissione non si sia attenuta al principio di diritto enunciato dalla Corte nell’ordinanza n. 10449/13, in base al quale il rendimento di cui tener conto e da verificare sulla sussistenza e sulla sua entità, era solo quello derivante da investimenti effettuati dal Fondo sul mercato. Laddove la CTR – evidenzia la ricorrente amministrazione – aveva considerato rendimento la differenza tra l’indennità percepita dal contribuente e la somma dei contributi versati, maggiorati della dotazione inziale. Con il terzo motivo, l’Ufficio lamenta che la CTR abbia violato l’art. 2697 c.c. ritenendo che il contribuente avesse fornita la prova dell’incremento della propria quota per effetto degli investimenti operati sul mercato, non potendo assolvere a tale fine la nota ENEL del 14 febbraio 2007 prodotta dal P..

Ritiene il collegio di esaminare, dapprima e congiuntamente, il secondo e il terzo motivo per le connessioni logiche che presentano, relative al concetto di rendimento, indicato dal giudice di legittimità nell’ordinanza di rinvio, e al contenuto della prova documentale, che il contribuente era tenuto a fornire, e alla sua coerenza con quel concetto.

Tanto premesso i suindicati motivi di ricorso sono fondati.

E’, infatti, da ritenere che la CTR non abbia applicato il principio di diritto affermato dalla sentenza di rinvio di questa Corte, n. 10449/13, che richiamava la pronuncia a sezioni unite n. 13642/2011. Pronuncia che aveva delineato, in forma paradigmatica, la trama concettuale in cui calare la problematica in tema “di prestazioni erogate in forma di capitale a soggetti iscritti ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e causa previdenziale prevalente”.

In particolare, il giudice regionale ha bensì riassunto correttamente i termini in cui era stato posto il duplice trattamento fiscale (per i c.d. “vecchi iscritti”), sugli importi maturati sino al 31.12.2000, nel senso di distinguere, da un lato, l’aliquota applicabile alla parte della somma corrisposta, costituente la “sorte capitale”, da sottoporre a tassazione separata. Dall’altro lato, l’aliquota del 12,50%, applicabile sulla parte restante dell’indennità, quella cioè costituita dal “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”. Tale la locuzione utilizzata dall’ordinanza n. 10449/13. Nella decisione, però, lo stesso giudice di rinvio ha inteso tale ultimo criterio/parametro come “rendimento di polizza”, con la conseguenza che; con tale errata accezione, il percorso motivazionale si è mosso lungo una linea divergente da quella tracciata dal giudice di legittimità.

La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, chiarito che, in tema di fondi previdenziali integrativi, gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, sono soggetti al regime di tassazione separata per quanto riguarda la sorte capitale, mentre si applica la ritenuta del 12,50 per cento, soltanto sulle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. “rendimento”. E costituiscono rendimento le somme derivanti dall’effettivo investimento, da parte del gestore del capitale accantonato, sul mercato, anche se non necessariamente finanziario, ma non anche le somme calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate. (ex multis, Sez. 5, 18/10/2017, n. 24525: ma anche n. 6809/2020; n. 3453/21).

Dunque, il rendimento, a cui la sentenza delle Sezioni unite (richiamata dall’ordinanza n. 101049/13) intendeva far riferimento, era solo quello costituito da effettivi e documentati investimenti, da parte del Fondo, del capitale accantonato, sul mercato di riferimento (anche non solo o non necessariamente finanziario).

Operazioni della cui effettività e dei cui risultati il contribuente è tenuto a dar prova per esigere che sugli importi eventualmente derivatine fosse applicata l’aliquota del 12,50% ed ottenere il rimborso di quanto fosse risultato indebitamente trattenuto.

Nel caso di specie, alcuna prova delle operazioni d’investimento effettuate sul mercato è stata prodotta, posto che a tal fine non è di ausilio la nota, allegata al ricorso, emessa dal ENEL del 14 febbraio, che non fa riferimento ad alcuna operazione di mercato, per cui è da ritenere che il contribuente non abbia provato il presupposto indicato dalla sentenza di rinvio, costituito dalla necessità, al fine dell’applicazione dell’aliquota del 12.50%, che gli importi sui quali applicarla costituissero rendimento “imputabile alla gestione di mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”.

Era, quindi, questo l’aspetto che il contribuente avrebbe dovuto provare e la CTR esigere, per rigettare l’originario appello dell’Amministrazione.

Da quanto sopra il primo motivo può ritenersi assorbito.

Il ricorso, pertanto, va accolto, la sentenza cassata.

In mancanza di accertamento di fatto da espletare, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, per cui il Collegio rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Le spese possono essere compensate tenuto conto che la giurisprudenza sul concetto di “rendimento” nei termini suesposti si è via via stabilizzata in epoca successiva al presente contenzioso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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