Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1011 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30176-2020 proposto da:

A.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CARACCIOLO;

– ricorrente –

contro

PROCURA REPUBBLICA LECCE;

MINISTERO DELL’INTERNO, *****;

– intimati –

avverso il decreto n. cronol. 4400/2020 del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 13/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto, con il quale il Tribunale di Lecce, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale e ne ha inoltre respinto la richiesta di protezione umanitaria, e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a), b) e c), avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione internazionale, in particolare con riferimento all’ipotesi di cui alla lett. c), senza considerare la reale situazione interna del paese di provenienza come attestata dalle fonti internazionali; 2) della violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione internazionale, in particolare con riferimento all’ipotesi di cui alla lett. b), senza considerare che il ritorno in patria del ricorrente lo avrebbe esposto a trattamenti inumani e degradanti; 3) della violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione umanitaria senza considerare le gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani in atto nel paese di provenienza.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c., ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile posto, che a fronte delle motivazioni a mezzo delle quali il Tribunale, indicando partitamente le fonti informative consultate, si è indotto ad affermare che “nel Marocco non si rilevano conflittualità tali da giustificare la concessione della protezione sussidiaria, non essendo presente una violenza indiscriminata e diffusa nel territorio di interesse”, la censura illustrata difetta palesemente di specificità e conducenza, vuoi perché si limita ad opporre alle fonti indicate dal decidente fonti che non appaiono maggiormente qualificate, sicché non n’e’ oggetto la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ma la libertà del giudice di scegliere le fonti del proprio convincimento, che nei termini in cui la censura è sviluppata si sottrae al reclamato controllo di legittimità; vuoi perché le fonti informative repertate dal ricorrente non documentano riguardo al paese di provenienza alcuna situazione in atto evidenziante una condizione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato.

3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, risultando esso eccentrico rispetto al tenore della decisione posto che il decidente, all’esito di un’approfondita ricognizione dei profili evocati dalla norma in rubrica, ha testualmente affermato, con apprezzamento di fatto che si sottrae al sindacato di legittimità, che “i fatti narrati non integrano il pericolo di un danno grave come definito dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b)”, così da rendere la censura extravagante ed inutilmente sollecitatoria in direzione di una renovatio iudicii non praticabile in questa sede.

4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, risultando esso, rispetto al motivato diniego al riguardo espresso dal decidente, dell’avviso che nella specie non si rinvengono in capo al ricorrente oggettivi fattori di vulnerabilità né indici di uno stabile radicamento sociale, del tutto generico e privo di specificità, sicché esso sostanzia, a tutto concedere, solo una pura petizione a rinnovare inammissibilmente in questa sede il sindacato di fatto esperito dal decidente di merito.

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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