Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1012 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5904-2021 proposto da:

S.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CARLA PENNETTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 5276/2019 del TRIBUNALE di PERUGIA, depositato il 13/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto, con il quale il Tribunale di Perugia ha confermato il diniego opposto dal Questore di Perugia al rinnovo del permesso di soggiorno già in possesso del ricorrente – motivato dal decidente nella considerazione che nella specie, soggetta ratione temporis all’applicazione dell’art. 19, comma 1.1., nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, art. 1, comma 1, lett. e), n. 1), convertito, con modificazioni, dalla 1. 18 dicembre 2020, n. 173, non si renderebbe riconoscibile in capo al richiedente una condizione di vulnerabilità soggettiva né un compiuto percorso di integrazione sociale – e se ne chiede la cassazione sul rilievo;1) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 5 e 19, comma 1.1, avendo il decidente confermato il rigetto dell’istanza in considerazione del solo profilo afferente all’inserimento sociale del ricorrente, non suffragato dalla prova di uni. effettiva integrazione lavorativa, benché nella specie, stante la condizione di insicurezza e di instabilità interna del paese di provenienza (Mali), caratterizzata da gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani, ricorressero le ragioni per dare applicazione alla prima parte della norma di riferimento; 2) dell’omesso esame di un fatto decisivo essendosi il decidente pronunciato nei riferiti termini sulla base del solo profilo afferente all’integrazione sociale, benché detto profilo non fosse stato dedotto come motivo di impugnazione, essendo basata l’istanza sulla prima parte della norma di riferimento.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Eppur vero che nell’assetto normativo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 130 del 2020 nella L. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1.1., l’ipotesi della deprivazione dei diritti umani intesa come gravi e sistematiche violazioni degli stessi costituisce criterio per orientare il giudizio in punto di divieto di respingimento motivato o in ragione della necessità di evitare che per effetto del rimpatrio il richiedente asilo possa essere esposto al rischio di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o degli obblighi di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Tuttavia, se ciò rende rilevante la condizione de qua, nondimeno il riconoscimento della protezione atipica postula, onde sollecitare il vaglio comparativo che anche nel mutato assetto normativo impresso all’art. 19 si rende pur sempre necessario (Cass., Sez. U, 9/09/2021, n. 24413) al fine di accertare se, tenuto conto della sua condizione nel paese di accoglienza il rimpatrio nel paese di origine possa comportare in capo al richiedente una riduzione dei diritti umani fondamentali al di sotto del nucleo costitutivo della dignità personale, il positivo assolvimento da parte del richiedente di un onere allegazione poiché, come più volte affermato (Cass., Sez. I, 10/09/2020, n. 18808), l’attenuazione del principio dispositivo, quando sia estensibile al procedimento diretto al riconoscimento della protezione umanitaria, opera unicamente sul terreno della prova e non già su quello dell’indicazione dei fatti costitutivi della domanda che compete sempre al richiedente articolare nell’introdurre l’istanza, diversamente risultando la domanda priva di concreto fondamento a cui non è compito del giudice supplire procedendo ex officio alla ricerca dei fatti costitutivi.

3. A questo si è esattamente riferito il decidente allorché, pur prendendo atto della situazione interna del paese di provenienza, effettivamente rappresentativa di una vulnerabilità oggettiva, ha osservato, quanto alla persona del richiedente, che “nulla si deduce in ricorso circa il primo aspetto, sì che difettano elementi per indurre il Collegio a ritenere integrata una condizione di vulnerabilità soggettiva”. In tal modo si esplicita la ratio decidendi che ha dato corpo al ragionamento decisorio e che non è aggredita dal motivo, a nulla rilevando che seguendone il filo, il Tribunale abbia ritenuto pure di rafforzare il proprio assunto considerando che nella specie non era ravvisabile un compiuto percorso integrativo, giacché è evidente, oltre alla natura pleonastica di siffatta considerazione, anche la sua estraneità all’ipotesi disciplinata dalla prima ipotesi della norma di riferimento.

4. Il secondo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile, la doglianza, peraltro di dubbia coerenza (si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, ma poi si argomenta l’erroneità del ragionamento decisorio per aver fatto leva ai fini del rigetto sull’argomento dell’integrazione sociale, ossia, al contrario del parametro invocato, sull’avvenuto esame di un fatto), non integrando, infatti, secondo i noti dettami nomofilattici (SS.UU 8053/2014 e 8054/2014), il concetto di fatto nell’accezione del parametro invocato.

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

6. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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