LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16810/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Costruzioni P. & Pi. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 114/b, presso lo studio dell’avv. Andrea Guidi, rappresentata e difesa dall’avv. Sergio Gabrielli giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche n. 150/01/14, depositata il 12 maggio 2014.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 ottobre 2021 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.
RILEVATO
che:
1. con sentenza n. 150/01/14 del 12/05/2014 la Commissione tributaria regionale delle Marche (di seguito CTR) ha accolto parzialmente l’appello proposto da Costruzioni P. & Pi. s.r.l. (di seguito P&P) nei confronti della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno (di seguito CTP) n. 31/01/10, che aveva, a sua volta, accolto parzialmente il ricorso della società contribuente avverso l’avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2005;
1.1. come si evince anche dalla sentenza impugnata, con l’avviso di accertamento l’Amministrazione finanziaria aveva proceduto alla rettifica del reddito nei confronti della società modificando il valore di vendita di alcuni immobili;
1.2. la CTR accoglieva l’appello della società contribuente con riferimento a tale ultima rettifica, evidenziando che, con riferimento a tre immobili siti in *****, l’accertamento non poteva limitarsi a prendere atto della differenza di quanto indicato nel contratto di mutuo e quanto risultante dall’atto di vendita in assenza di ulteriori elementi presuntivi e tenuto conto del fatto che gli immobili, essendo stati realizzati nell’ambito di un intervento di edilizia economica e popolare, con vincoli sulle tariffe di vendita risultanti da apposita convenzione stipulata con il Comune, non potevano essere venduti a prezzo di mercato;
2. avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
3. P&P resisteva con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. va pregiudizialmente esaminata l’eccezione proposta da P&P e concernente l’inammissibilità del ricorso per cassazione per assenza di ius postulandi da parte dell’Avvocatura dello Stato e per inesistenza o nullità della notifica eseguita direttamente dall’avvocato dello Stato;
1.1. l’eccezione è infondata;
1.2. è noto che “allorché l’Agenzia delle entrate si avvalga, nel giudizio di cassazione, del ministero dell’avvocatura dello Stato, non è tenuta a conferire a quest’ultima una procura alle liti, essendo applicabile a tale ipotesi la disposizione del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 1, comma 2, secondo il quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato” (Cass. n. 11227 del 16/05/2007; Cass. n. 3427 del 12/02/2010);
1.3. non è dubbio che l’Avvocatura dello Stato, per proporre ricorso per cassazione in rappresentanza dell’Agenzia delle entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il relativo incarico, tuttavia la specifica menzione in ricorso di detto incarico non è richiesta, “atteso che l’art. 366 c.p.c., n. 5, inserendo tra i contenuti necessari del ricorso “l’indicazione della procura, se conferita con atto separato”, fa riferimento esclusivamente alla procura intesa come negozio processuale attributivo dello “ius postulandi””, come detto non necessario quando il patrocinio sia assunto dall’Avvocatura dello Stato, “e non invece al negozio sostanziale attributivo dell’incarico professionale al difensore” (Cass. n. 23865 del 29/10/2020; Cass. n. 22434 del 04/11/2016; Cass. n. 14785 del 05/07/2011);
1.4. quanto sopra affermato rende infondata anche l’ulteriore e conseguente eccezione della controricorrente in ordine all’impossibilità, per l’Avvocatura dello Stato, di notificare direttamente il ricorso per cassazione, legata al contestato difetto di procura;
2. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), art. 85, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto illegittimo l’accertamento del prezzo di vendita degli immobili effettuato dall’Ufficio, invertendo altresì i principi in materia di onere della prova;
2.1. il motivo è fondato;
2.2. in via generale, “in tema di accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta che all’IVA, la legge – rispettivamente D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 (richiamato dal successivo art. 40, per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi dell’art. 2727 c.c. e ss. e dell’art. 2697 c.c., comma 2" (Cass. n. 14237 del 07/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010);
2.3. con specifico riferimento al caso di specie, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “in tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti” (così Cass. n. 9474 del 12/04/2017);
2.3.1. deve, invece, ritenersi legittimo assumere a parametro il prezzo indicato nel mutuo (cfr. Cass. n. 24550 del 04/11/2020; n. 9474 del 12/04/2017) e detto prezzo costituisce elemento indiziario anche di per sé solo sufficiente a supportare l’accertamento (Cass. n. 2155 del 25/01/2019);
2.4. ciò premesso, la sentenza impugnata fa riferimento ad alcuni immobili siti in *****, oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate, realizzati nell’ambito di un intervento di edilizia economica e popolare, con vincoli sulle tariffe di vendita risultanti da apposita convenzione stipulata con il Comune;
2.4.1. secondo il giudice di appello non sarebbe legittimo confrontare prezzi diversi, quali il valore del mutuo (che fa riferimento al valore commerciale del bene) e il valore di vendita (che fa, invece, riferimento ad un prezzo calmierato), con la conseguenza che l’Ufficio avrebbe dovuto compiere ulteriori indagini e fornire ulteriori elementi indiziari;
2.5. in realtà, l’accertamento dell’Ufficio è sicuramente legittimo in ragione dei principi giurisprudenziali sopra menzionati, avendo lo stesso utilizzato un parametro (il prezzo di vendita indicato nel contratto di mutuo) che, in quanto contenuto in un atto pubblico, assurge ad elemento particolarmente significativo, idoneo di per sé a fondare l’accertamento, indipendentemente da ulteriori indagini;
2.5.1. e, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR, l’ulteriore osservazione per la quale il prezzo indicato dal contratto di mutuo sia inferiore a al prezzo normale per come ricavabile dai listini della Camera di commercio ovvero dai valori OMI, costituisce un ulteriore elemento indiziario che induce a ritenere la legittimità dell’accertamento effettuato dall’Agenzia delle entrate;
2.6. grava, dunque, sulla società contribuente l’onere di dimostrare che il prezzo indicato nell’atto di vendita sia congruo e l’assolvimento di tale onere probatorio non è stato verificato dalla CTR, la quale si è limitata a mettere in discussione la correttezza del procedimento inferenziale operato dall’Agenzia delle entrate sulla base di considerazioni del tutto fuorvianti: affermare, infatti, che l’Ufficio avrebbe confrontato valori diversi degli immobili oggetto di cessione, quello commerciale e quello calmierato, non ha alcuna incidenza in sede tributaria, laddove ciò che conta è il prezzo realmente pagato dal contribuente per l’acquisto dell’appartamento;
2.7. in buona sostanza, il giudice di appello ha sostituito il ragionamento presuntivo compiuto dall’Agenzia delle entrate con un distinto ragionamento presuntivo, volto a negare rilevanza al prezzo indicato nel contratto di mutuo: ragionamento presuntivo che, peraltro, essendo fondato su presupposti fattuali erronei, è viziato in diritto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata;
3. con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti, non avendo la CTR preso in considerazione tutta una serie di elementi indiziari che la avrebbero indotta alla conferma dell’avviso di accertamento;
3.1. il motivo resta assorbito dall’accoglimento del precedente motivo;
4. in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR delle Marche, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale delle Marche, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022