LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35343/2019 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in Rovereto, via Rosmini, 84, presso lo studio dell’avv. Svetlana Turella, che lo rappresenta e difende.
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale Verona, Ministero dell’Interno;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositata il 29/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
RITENUTO
Che:
1. – M.G. è cittadino nigeriano. Ha raccontato di essere fuggito dal suo paese in quanto, mentre lavorava come carrozziere, un difetto della fiamma ossidrica ha fatto incendiare la vettura di un cliente, membro di una società segreta, il quale aveva lasciato in macchina somme ingenti di denaro andate in fumo.
Il cliente ha tentato ritorsioni nei confronti del ricorrente, che non era in grado di risarcire la somma, mandandogli a casa degli scherani, che in un primo momento avevano anche tentato un sequestro ai suoi danni.
Il ricorrente è stato dunque costretto ad andarsene, dapprima in città diverse dalla sua, poi all’estero.
2. – Il Tribunale di Trento ha rigettato la richiesta di protezione internazionale, ritenendo il racconto non credibile; la protezione sussidiaria escludendo situazioni di conflitto armato in Nigeria; la protezione umanitaria ritenendo insufficiente il livello di integrazione raggiunto in Italia.
3. – Ricorre M. con tre motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso.
CONSIDERATO
Che:
5. – Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3, e contesta dunque il giudizio di credibilità reso dal Tribunale relativamente al racconto del ricorrente.
Secondo costui, i giudici di merito non hanno fatto buon uso dei criteri indicati da quella norma, e soprattutto non hanno cercato riscontri oggettivi, che potevano rinvenirsi nella situazione del Paese di origine, a conferma del suo racconto.
Il motivo è infondato.
Invero, va ribadito che la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto. Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. 14674/2020).
Qualora il racconto risulti inverosimile in base ad uno di quei criteri, non è violato l’obbligo di cooperazione istruttoria se si omette una diversa valutazione in base ad un altro criterio: il Tribunale ha riscontrato contraddizioni nel racconto e questo basta a rendere motivato il giudizio sulla credibilità, che non può qui essere sindacato altrimenti, se non rivalutando diversamente il fatto.
6. – Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e ritiene errata la decisione di escludere la protezione internazionale sussidiaria, con l’argomento che non è ravvisabile in Nigeria un conflitto armato generalizzato, traendo tale informazione dal solo sito “*****” del Ministero degli Esteri.
Il motivo è fondato.
Infatti, costituisce principio interpretativo ripetutamente affermato che nei procedimenti in materia di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice si sostanzia nell’acquisizione di COI (“Country of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò preposti, non potendo ritenersi tale il sito ministeriale “*****”, il cui scopo e funzione non coincidono, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti indicati (cfr. Cass. 8819/2020; Cass. 20334/2020).
Il Tribunale contesta questa regola osservando come quel sito invece sia attendibile più degli altri, sia in quanto proviene dal Ministero degli Esteri, mentre gli altri da organizzazioni di Stati esteri, sia in quanto è aggiornato di continuo, e non annualmente, e poi perché la condizione del turista, non è diversa, sul territorio di uno stato estero, da quella del cittadini: insomma se c’e’ la guerra per uno c’e’ per l’altro.
Questo argomento non è però irresistibile.
Va considerato intanto che l’attendibilità della fonte va valutata a priori ed in astratto, non potendosi ovviamente sindacare la fondatezza di quanto essa riporta, caso per caso.
Inoltre, non può di certo assimilarsi la condizione del turista, che spesso si trova ad evitare i pericoli del luogo, e comunque che transita nel paese che visita non solo per breve tempo, ma altresì in sistemazioni apposite, con quella del cittadino che invece si trova nel suo paese permanentemente ed in una condizione affatto diversa: ha relazioni sociali, interessi economici che il turista non ha e che possono rilevare nella esposizione al pericolo.
Da questo punto di vista è irrilevante che la fonte provenga dal Ministero degli Esteri, che è di certo un ente che fornisce notizie attendibili – non falsate da altri scopi – ed aggiornate, poiché non è questo il punto: quel sito, infatti, mira a dare ai turisti le informazioni utili ad un viaggio, così che le notizie che raccoglie sono normalmente finalizzate ad avvisare di pericoli per il turista, che possono come anche no derivare da una situazione generale del paese, ma più spesso attengono alla condizione del turista (rapine, furti, sequestri ai danni degli stranieri, ecc.).
In sostanza, è un sito che ha una finalità diversa da quella di un osservatorio sui conflitti armati nel mondo, e già questo basta ad escluderne la utilizzabilità per conoscere di quei conflitti, e ciò anche se accidentalmente od occasionalmente quel sito possa pur segnalare al turista l’esistenza di situazioni di conflitto armato: l’idoneità della fonte è data dalla sua istituzionale, non già occasionale, attitudine a fornire quella data informazione.
7. – Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.
Il ricorrente si duole del parziale giudizio sulla esistenza di seri motivi di carattere umanitario.
In particolare, egli ritiene che i giudici di merito non hanno adeguatamente effettuato la comparazione prevista per stabilire se spetti la protezione umanitaria.
Il motivo è fondato.
Infatti, il Tribunale dopo aver correttamente riferito della regola, ossia dopo aver correttamente affermato che occorre valutare, da un lato, il livello di integrazione raggiunto, e dall’altro la situazione politica del paese di origine, di fatto però nega la protezione umanitaria, solo sul rilievo della scarsa e non rilevante integrazione in Italia, senza alcun cenno invece alla situazione del paese di origine, e dunque alla eventualità che, in caso di rimpatrio, vengano violati i diritti umani del ricorrente.
8. – Il ricorso va dunque accolto.
P.Q.M.
La Corte accoglie secondo e terzo motivo. Rigetta il primo. Cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Trento in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022