Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1024 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20064/2017 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12.

– ricorrente –

B & T Gestimmobili s.r.l. in liquidazione.

– intimata –

avverso la sentenza n. 50/01/2017 della Commissione tributaria regionale del Molise, depositata il 7/2/2017.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Oronzo De Masi nella Camera di consiglio del 16 novembre 2021 tenuta mediante collegamento da remoto.

RITENUTO

che:

La società B & T Gestimmobili acquistava, con atto registrato il *****, da S.R., D.B.C., De.Be.Al., D.B.A., eredi di D.B.A., un immobile sito nel *****.

L’Amministrazione rettificava da Euro 430.000,00 ad Euro 800.000,00 il valore dichiarato nel predetto atto di cessione, sulla base della relazione di stima redatta dall’Agenzia del Territorio a seguito di sopralluogo effettuato il 18/1/2010.

Con successiva cartella di pagamento venivano richieste alla contribuente le maggiori somme iscritte a ruolo per imposte di registro, ipotecaria e catastale.

Analogo contenzioso interessava i venditori, i quali impugnavano l’avviso di rettifica e liquidazione di maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale ad essi notificato.

La società B & T Gestimmobili impugnava l’avviso e la cartella di pagamento con separati ricorsi che l’adita Commissione tributaria provinciale di Campobasso riuniva ed accoglieva, osservando come fosse carente la motivazione dell’avviso, perché l’Ufficio aveva richiamato altro atto per relationem, indicando soltanto gli estremi di registrazione di tre atti di compravendita utilizzati in comparazione.

La decisione è stata confermata dalla Commissione tributaria regionale del Molise, con la sentenza n. 50/01/2017, depositata in data 7/2/2017, sul rilievo che gli immobili in questione, diversi per caratteristiche da quello oggetto dell’atto di compravendita tassato, non costituiscono idoneo termine di paragone.

Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione con due motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

che:

Con il primo mezzo, la ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 112 e 295 c.p.c., perché la decisione della CTR contrasta con altra decisione, favorevole alle tesi erariali e riguardante lo stesso avviso di rettifica e liquidazione, pronunziata dalla CTP di Campobasso (sentenza n. 345/2/10), confermata dalla CTR del Molise (sentenza n. 175/1/16), quest’ultima oggetto di ricorso per cassazione, donde la necessità di riunione o, in alternativa, di sospensione delle cause connesse.

Con il secondo mezzo, denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, perché la CTR afferma che l’Ufficio, per valutare la congruità del valore dell’immobile compravenduto, ha preso a riferimento atti concernenti beni non omogenei, pervenendo così ad una decisione difforme da quella adottata nel giudizio connesso definito con sentenza (la n. 175/1/16) oggetto di ricorso per cassazione.

La prima censura è infondata.

Giova premettere che, secondo quanto riferito dalla stessa società B & T Gestimmobili, l’analogo ricorso proposto dai venditori S.R., D.B.C., De.Be.Al., D.B.A., eredi di D.B.A., veniva rigettato dalla CPT di Campobasso (sentenza n. 345/2/10, con decisione confermata dalla CTR del Molise (sentenza n. 175/1/16) ed oggetto di ricorso per cassazione.

I ricorrenti, tuttavia, hanno rinunciato all’impugnazione, avendo aderito alla procedura di definizione agevolata della lite, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, convertito dalla L. n. 225 del 2016, nonché provveduto al pagamento di quanto dovuto, con consequenziale declaratoria di estinzione del giudizio (v. Cass. ord. n. 27485 del 2020).

La statuizione di estinzione o di cessazione della materia del contendere per essere venuto meno l’interesse processuale ex art. 100 c.p.c., come afferma la costante giurisprudenza della Corte, è priva di effetti di giudicato sostanziale (Cass. n. 5351 del 2020, Cass. n. 33486 del 2018, Cass. n. 8782 del 2017, Cass. n. 8376 del 2013).

L’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione del dovere del giudice di pronunciare su tutta la domanda, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., ma tale dovere va riferito all’istanza con la quale la parte chiede l’emissione di un provvedimento giurisdizionale in merito al diritto sostanziale dedotto in giudizio, non per l’omessa adozione, da parte del giudice, di un provvedimento di carattere ordinatorio, come quello relativo alla sospensione (necessaria) del giudizio ex art. 295 c.p.c., in relazione, per quanto interessa l’esaminata fattispecie, alla pendenza del distinto giudizio proposto dai venditori dell’immobile (Cass. n. 4120 del 2016, Cass. n. 5246 del 2006).

Peraltro, la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c. è applicabile anche al processo tributario, in virtù del richiamo contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, alle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili, qualora risultino pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell’uno costituisce indispensabile presupposto logico-giuridico dell’altro, ipotesi che non ricorre nel caso di rapporti riguardanti soggetti obbligati in solido (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57).

La seconda censura è parimenti infondata.

L’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione, da parte del giudice di appello, dei criteri di determinazione della base imponibile di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52.

L’avviso di liquidazione, nella specie, indica quale fonte della rettifica di valore del fabbricato compravenduto la stima tecnica dell’Agenzia del Territorio, effettuata sulla base di sopralluogo, ed alcuni atti di compravenduta di immobili ritenuti similari, utilizzati in comparazione, dei quali nell’atto impugnato sono riportati gli estremi identificativi.

Come è noto, l’Amministrazione finanziaria si pone, dinanzi al giudice tributario, sullo stesso piano del contribuente, per cui la relazione di stima di un immobile redatta dall’Ufficio tecnico erariale, o da altro organo tecnico dell’Amministrazione, costituisce una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto (tra le tante, Cass. n. 9357 del 2015).

Ma è altrettanto indiscutibile che anche una perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, il quale può elevarla a fondamento della decisione, per cui è sempre necessario che il giudicante spieghi le ragioni per le quali ritiene corretta, oppure non corretta, o soltanto non convincente, tale perizia.

Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata non è fatto oggetto di censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la ricorrente prospetta unicamente la violazione dei criteri legali di stima.

E neppure è stata messa in discussione l’applicabilità del metodo sintetico-comparativo, per cui il giudice di appello si è intrattenuto a spiegare perché, a suo avviso, gli immobili posti in comparazione non soddisfano, in quanto disomogenei, l’onere della prova gravante sull’Amministrazione.

Non pare al Collegio dubitabile che l’Ufficio possa legittimamente procedere alla rettifica dei valcri dichiarati nell’atto di vendita quando l’immobile trasferito sia pervenuto ai venditori a seguito di successione ereditaria con beneficio d’inventario, considerato che non può assumere rilievo preclusivo, per l’accertamento del reale ed effettivo valore di mercato del bene, la stima del valore del bene operata nell’ambito della procedura di liquidazione delle attività ereditarie (art. 499 c.c.), volta alla tutela di interessi di natura privatistica, comunque diversi da quelli considerati delle norme tributarie (Cass. n. 16560 del 2017, Cass. n. 22141 del 2010, con riferimento alle vendite ad evidenza pubblica).

Tuttavia, anche se il giudice di appello ha ritenuto tale stima particolarmente attendibile, in quanto avvenuta “sotto il controllo dell’Autorità giudiziaria”, va detto che lo stesso non si è fermato a tale profilo, certamente non decisivo.

La CTR del Molise, infatti, ha osservato che “proprio l’esame dei contratti esibiti in appello (dall’Agenzia delle Entrate) e che costituiscono il termine di paragone per valutare la congruità del valore dell’immobile impongono di affermare la illegittimità dell’avviso impugnato”, trattandosi di “due contratti che riguardano beni non omogenei rispetto a quello il cui valore è stato rettificato, perché uno dei due contratti riguarda un bene sito in Vasto e, quindi, in Comune diverso da Campobasso ed evidentemente con diverso mercato immobiliare; l’altro riguarda un locale commerciale sito in Campobasso, in Via Veneto, con doppio accesso da Via Zurlo, con la conseguenza che è un bene commerciale molto più appetibile rispetto a quello oggetto di causa, non fosse altro perché si trova in zona molto più centrale, con strade pubbliche di intenso traffico e parcheggi sulle stesse strade. L’immobile oggetto di rivalutazione, invece, è situato in una strada parimenti centrale di Campobasso, ma situata nel centro storico, stretta e con pochissimi e scomodi parcheggi nelle vicinanze”.

Si tratta di un accertamento di fatto che si sottrae al sindacato di legittimità, ove sorretto da adeguata motivazione ed immune da vizi logici e giuridici.

Non v’e’ luogo a pronuncia sulle spese processuali in quanto l’intimata non ha svolto attività difensiva nel giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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