Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1033 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10373/2013 R.G. proposto da:

Z.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Nazzareno Fiorenza, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Bruno Lo Giudice, in Roma, via Ottaviano n. 42;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

nonché

EQUITALIA SUD S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Gennaro Di Maggio, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Emiddio Perreca, in Roma, viale di Vigna Pia n. 32;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 461/1/2012 depositata il 15 ottobre 2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 25 maggio 2021 dal consigliere Pierpaolo Gori.

RILEVATO

che:

1. Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, veniva rigettato l’appello di Z.A., in qualità di coobbligato solidale, già socio e procuratore, della società Pluriauto Z. S.r.l. dedita al commercio di autoveicoli, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Benevento n. 41/2/11 con cui erano stati riuniti e dismessi i ricorsi aventi ad oggetto la cartella di pagamento per Ires, Irap e Iva 2005 e 2006, oltre che l’iscrizione ipotecaria comunicata da Equitalia Polis, oggi Equitalia Sud S.p.a., limitatamente al credito di cui alla predetta cartella.

2. In particolare, il giudice di prime cure riteneva tardivo il ricorso avverso la cartella di pagamento e nel merito infondato quello avverso l’iscrizione di ipoteca, decisione confermata in ogni sua parte dal giudice d’appello.

3. Avverso la sentenza propone ricorso il contribuente, affidato a due motivi con richiesta grada di sollevare una questione di costituzionalità, cui replicano l’Agenzia delle Entrate e l’agente della riscossione con due distinti controricorsi. Il contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., replicando all’eccezione pregiudiziale sollevata dall’Agenzia di tardività del ricorso e, successivamente, l’Avv. Maurizio Rossi da depositato dichiarazione di rinuncia all’incarico di rappresentare e difendere il ricorrente.

CONSIDERATO

che:

4. Pregiudiziale allo scrutino dei motivi di ricorso è la verifica della tempestività della sua notifica, la cui tardività è eccepita dall’Agenzia in controricorso.

5. La Corte osserva che la sentenza impugnata, non notificata, è stata depositata il 15 ottobre 2012. Premesso che il termine per impugnare era semestrale e non annuale, dal momento che la stessa cartella di pagamento è stata notificata il 12 marzo 2010, successivamente al 4 luglio 2009 ai fini del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, in riferimento all’art. 327 c.p.c., il termine “lungo” scadeva il 15 aprile 2013.

Orbene, il contribuente ha dimostrato di aver tempestivamente presentato il ricorso per cassazione per la notifica il 15 aprile 2013 depositando in allegato alla memoria ex art. 378 c.p.c., del 20.6.2013 un certificato UNEP attestante la circostanza.

6. Con il primo motivo di ricorso – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – il contribuente lamenta la nullità della sentenza impugnata per essersi pronunciata ultra petita, in violazione dell’art. 112 c.p.c., nel rigettare il ricorso in appello proposto dalla parte privata affermando che il contribuente era amministratore di fatto della società, munito di procura generale della società Pluriauto Srl di cui amministratrice legale era la moglie, società a ristretta base sociale, utilizzata a fini elusivi quale schermo di attività riconducibili al contribuente e, dunque, avendo mancato di impugnare gli atti impositivi prodromici, non avrebbe potuto far valere vizi di merito avverso la cartella di pagamento.

7. Con il secondo motivo il ricorrente – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per aver fatto mal governo delle norme e dei principi che disciplinano i tempi per il corretto esercizio del diritto di difesa avverso gli atti impositivi tributari, in violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, nella parte in cui ha condiviso la decisione di primo grado secondo cui l’impugnazione del titolo giustificativo dell’imposizione unitamente all’iscrizione ipotecaria sarebbe tardiva, essendo il corrispondente potere d’azione ormai consumato.

8. In via gradata, il contribuente, chiede alla Corte di sollevare la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, nella sua consolidata interpretazione giurisprudenziale, per ingiustificata disparità di trattamento delle condizioni per l’impugnazione degli atti impositivi rispetto a quelle previste, in generale, dalla normativa amministrativa.

9. I motivi, connessi, e la questione di costituzionalità prospettata in via gradata, possono essere esaminati congiuntamente e sono manifestamente infondati. Il fatto che il contribuente fosse amministratore di fatto della società, oltre che per atto notarile del 24 gennaio 2001 procuratore della società Pluriauto S.r.l. e destinatario della notifica degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società per tale qualità, e che la società fosse oltretutto a ristretta base sociale di tipo familiare, è oggetto di un accertamento di merito nemmeno censurato specificamente dal ricorrente.

Lo stato di amministratore di fatto è pacificamente idoneo a mettere il ricorrente nelle condizioni di tempestiva conoscenza o conoscibilità della litispendenza circa l’impugnazione dell’atto impositivo prodromico (cfr. Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 8120 del 22/03/2019 e Sez. U, Ordinanza n. 20596 del 01/10/2007), e comporta che il contribuente era legittimato e onerato ad agire impugnando tempestivamente gli avvisi di accertamento contenenti i rilievi di merito, e l’inerzia è unicamente a lui imputabile.

10. Quanto poi alla possibilità di far valere in questa sede questioni di merito che esulano i vizi propri della cartella, il Collegio rammenta che la cartella esattoriale recante intimazione di pagamento di credito tributario, avente titolo in un precedente avviso di accertamento notificato a suo tempo non impugnato, può essere contestata innanzi agli organi del contenzioso tributario ed essere da essi invalidata solo per vizi propri, non già per vizi suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto. (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25995 del 31/10/2017, Rv. 646417 – 01, conforme a Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8704 del 10/04/2013, Rv. 626165 – 01).

11. Siffatta interpretazione giurisprudenziale, consolidata, non si pone infine neppure in contrasto con gli artt. 24 e 53 Cost., come ritiene erroneamente il ricorrente, dal momento che, con riferimento alla capacità contributiva, sulla base dell’accertamento compiuto in entrambi i gradi di giudizio dai giudici del merito egli è stato amministratore di fatto della società a ristretta base sociale, divenuto per atto notarile del ***** procuratore della società Pluriauto S.r.l., e quest’ultima è il soggetto ha manifestato la capacità contributiva tassata mentre il ricorrente è attinto quale coobbligato solidale. Sotto l’angolo del diritto di difesa, il Collegio ribadisce quanto già sopra affermato in relazione al fatto che il contribuente in forza della sua qualità di rappresentante di fatto, oltre che di procuratore della società a ristretta base sociale, è stato messo nelle condizioni di contrastare tempestivamente gli atti impositivi prodromici, notificati alla società sia presso la sede legale che presso lo stesso contribuente quale procuratore, ed è rimasto inerte per sua scelta.

12. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

dichiara rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 10.000,00 per l’agente della riscossione in Euro per compensi, Euro 200,00 per spese borsuali, Spese forfetarie 15%, Iva e Cpa e, per l’Agenzia in Euro 10.000,00 per compensi oltre Spese prenotate a debito.

Si dà atto del fatto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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