Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.1045 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25270/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, nel suo domicilio in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Illva Saronno Holding s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Marco Giontella, con domicilio presso il suo studio in Roma, via Cardinal De Luca n. 10;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia-Milano, n. 59/13/13 pronunciata il 06 marzo 2013 e depositata il 14 maggio 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 novembre 2021 dal Cons. Marcello M. Fracanzani;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Locatelli Giuseppe che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

nessuno comparso per le parti, non essendo stata proposta istanza di discussione.

FATTI DI CAUSA

La contribuente è holding che controlla, fra l’altro, la Barberini s.p.a., operante nel settore di lenti ottiche ed era destinataria di avviso di accertamento emesso dall’allora Ufficio di Varese su p.v.c. redatto dalla Direzione regionale dell’Abruzzo a carico della sua consolidata, con ripresa a tassazione di costi non deducibili, riferiti a partite di lenti acquistate da imprese aventi sede in Paesi a fiscalità privilegiata, segnatamente *****.

La parte contribuente rappresentava l’effettività e la convenienza dell’operazione, nonché la rilevanza imprenditoriale per la consolidata, sollevando – nel contempo – censure sul potere istruttorio ed ispettivo della Direzione regionale, tale da inficiare a cascata il provvedimento impositivo finale.

I gradi di merito erano favorevoli alla parte contribuente, sull’assunto che la riforma dell’organizzazione tributaria avrebbe riservato potere istruttorio ed impositivo solo agli uffici periferici, lasciando alle direzioni regionali unicamente poteri di programmazione e coordinamento, almeno fino alla novella del 2008 che, a far data dal 2009, ha riservato alle direzioni regionali poteri generali nei confronti dei c.d. grandi contribuenti.

Ricorre l’Avvocatura generale dello Stato, affidandosi a due motivi, cui replica con tempestivo controricorso il patrono della contribuente che, in prossimità dell’udienza, ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti due motivi di ricorso.

Con il primo motivo si solleva doglianza ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, del D.P.R. n. 107 del 2001, art. 23, del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, 62 e 66, del D.L. n. 185 del 2008, art. 27, nonché di altre norme regolamentari.

Nel merito, l’error in iudicando lamentato dall’amministrazione ricorrente trova riscontro nell’orientamento di questa Corte (cfr. Cass. VI – 5, n. 20856 del 2016, cui si intende dare continuità ove si è statuito che “in tema di accertamenti tributari, il 29 novembre 2008, n. 183, convertito in L. 28 gennaio 2009, n. 2, non ha attribuito alle Direzioni regionali delle entrate una competenza in materia di accertamento fiscale prima inesistente, ma ha inteso fondare su norma di fonte primaria il riparto delle competenze relative all’attività di verifica fiscale, istituendo una riserva esclusiva di competenza, in relazione alla rilevanza economico fiscale del soggetto accertato, a favore della Direzione regionale, già titolare, per disposizione regolamentare, della competenza a svolgere attività istruttoria, dalle Direzioni provinciali ai fini della emissione degli atti impositivi (Cass. V, n. 20915 del 2014, che in applicazione di tale principio ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso in base a processo verbale dalla Direzione regionale delle entrate (conf. Cass. V, n. 24263 del 2015).

Sul punto è stato altresì precisato che “la ripartizione delle competenze degli organi interni, effettuata dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, costituisce diretta attuazione dei poteri conferiti dal D.Lgs. n. 300 del 1999. In tale quadro, le Direzioni Regionali, quali organi dell’Agenzia delle Entrate, oltre ad esercitare, nell’ambito della rispettiva regione, funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo, svolgono anche attività di verifica fiscale, il cui esercizio è riconducibile ai valori costituzionalmente protetti di solidarietà e contribuzione di cui agli artt. 2 e 53 Cost.” (Cass. sez. V1-5, n. 848/16).

Ne’ a questo orientamento di pone in contrasto la recente sentenza n. 23859/2020, poiché ivi si dichiara inammissibile il ricorso in ragione di una richiesta revisione del merito a fronte di precisa motivazione della CTR, impregiudicata la questione della competenza regionale.

Il motivo è pertanto fondato e merita accoglimento.

2. Con il secondo motivo di propone ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, del D.P.R. n. 107 del 2001, art. 23, del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57,62 e 66, nella sostanza contestando che l’incompetenza istruttoria della Direzione regionale si riverberi nell’illegittimità impositiva dell’atto di accertamento.

Il motivo, consequenziale al precedente, resta assorbito dall’accoglimento di quello.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Lombardia Milano, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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