Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.1057 del 14/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7796/2017 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. ANTONELLI 3, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GIANNUZZI, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ACILIA 4, presso lo studio dell’avvocato FABIO RAMPIONI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1045/2016 del TRIBUNALE di CROTONE, depositata il 30/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/09/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO Che:

1. P.M. ha proposto opposizione al decreto con cui le era stato ingiunto il pagamento di Euro 1.736,22 in favore dell’avvocato F.R. per l’attività professionale svolta in relazione a un processo penale nel quale l’opponente era parte offesa, oltre agli interessi e alle competenze del procedimento monitorio.

Il Giudice di pace di Cirò ha rigettato la domanda e ha confermato il decreto ingiuntivo.

2. Avverso la sentenza P. ha proposto appello. Il Tribunale di Crotone, con sentenza n. 1045/2016, ha accolto l’appello “nella parte in cui ha rigetta la domanda di riquantificazione del Decreto Ingiuntivo in base alla certificazione dell’ordine professionale”, confermando nel resto la sentenza impugnata; ha quindi condannato P. al pagamento di Euro 2.500 a titolo di spese processuali e ad Euro 500 per lite temeraria.

Contro la sentenza del Tribunale di Crotone P.M. ricorre per cassazione.

Resiste con controricorso F.R..

La ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in sei motivi.

1. Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 345 c.p.c., comma 3, art. 112 c.p.c., omessa pronuncia su un fatto decisivo della controversia, mancanza assoluta o/e carenza, irragionevolezza, contraddittorietà della motivazione”: il Tribunale di Crotone ha omesso di pronunciare in relazione alla dichiarazione resa dall’avvocato F. nel procedimento disciplinare a suo carico, dichiarazione tempestivamente e legittimamente prodotta nel giudizio d’appello, essendo il relativo documento stato formato successivamente al giudizio di primo grado.

Il motivo non può essere accolto. E’ vero che la dichiarazione del 28 febbraio 2013, con la quale l’avvocato F. ha riconosciuto “di essere disposto a rinunciare, come in effetti rinuncia, alle somme liquidate nei decreti ingiuntivi a titolo di compenso così come ai diritti di precetto” (decreti ingiuntivi tra i quali rientra quello oggetto del presente giudizio), è stata resa successivamente al giudizio di primo grado e poteva essere prodotta in appello. Tale dichiarazione, tuttavia, va qualificata come dichiarazione di remissione del debito ai sensi dell’art. 1236 c.c., ed è dichiarazione che estingue l’obbligazione solo ove sia comunicata al debitore (v. Cass. n. 959/1967 e Cass. n. 1100/1974). Non essendo, nel caso in esame, la dichiarazione stata resa alla ricorrente – essendo stata data in occasione di un procedimento disciplinare – non aveva efficacia estintiva del debito della ricorrente e non costituiva pertanto circostanza decisiva della controversia.

2. Il secondo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione del D.M. n. 585 del 1994, dell’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia su un fatto decisivo della controversia, mancanza e/o carenza assoluta di motivazione, irragionevolezza e contraddittorietà manifesta”: il Tribunale ha applicato le tariffe di cui al D.M. n. 127 del 2004, quando nel caso di specie dovevano invece applicarsi le tariffe di cui al previgente D.M. n. 585 del 1994, essendo il procedimento penale in relazione al quale l’avvocato F. ha prestato la propria attività professionale stato “al più definito agli inizi del 2004”, prima dell’entrata in vigore del D.M. n. 127 del 2004.

Il motivo è infondato. Come evidenzia il controricorso, l’avvocato F. ha rinunciato all’incarico con lettera del 9 febbraio 2005. Conseguentemente, trova applicazione al caso in esame il D.M. n. 127 del 2004, in quanto “gli onorari di avvocato competono allo stesso in base alla tariffa in vigore al momento della rinuncia all’incarico” (cfr. Cass. n. 13858/2013).

3. Il terzo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione del D.M. n. 127 del 2004, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia su un fatto decisivo della controversia, inversione dell’onere della prova, travisamento dei fatti, irragionevolezza, mancanza e/o carenza assoluta motivazione, contraddittorietà manifesta”: il Tribunale ha erroneamente confermato la sentenza appellata, fondando la propria decisione sul mancato raggiungimento della prova a sostegno della diversa quantificazione dei compensi dovuti rispetto a quanto riconosciuto nel parere dell’ordine professionale, in presenza di contestazioni da parte dell’appellante e in assenza di prova da parte del creditore opposto.

Il motivo non può essere accolto. Il Tribunale, con apprezzamento di merito insindacabile da parte di questa Corte, ha ritenuto che l’appellato, non nella veste di convenuto formale ma di attore sostanziale trattandosi di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, abbia sufficientemente dimostrato che quanto certificato dal consiglio dell’ordine corrisponde alla quantità e qualità del lavoro prestato (cfr. pp. 5-6 della sentenza impugnata).

4. Il quarto motivo lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., travisamento dei fatti, irragionevolezza, mancanza e/o carenza assoluta, contraddittorietà manifesta di motivazione”: in relazione alla condanna per lite temeraria la pronuncia impugnata è carente sotto il profilo della motivazione, in ogni caso contraddittoria.

Il motivo è fondato. In relazione alla condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, il Tribunale si è limitato, con motivazione meramente apparente, a fare riferimento alle “ragioni prima enunciate”, ragioni che non vengono affatto enunciate nel resto della motivazione (salvo per un poco chiaro riferimento a p. 6 del provvedimento alla circostanza che la ricorrente aveva “conferito altresì mandati per controversie civili”).

5. Il quinto motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., art. 6411, comma 3, art. 112 c.p.c., omessa pronuncia su un fatto decisivo della controversia, travisamento dei fatti, irragionevolezza, mancanza e/o carenza assoluta, contraddittorietà manifesta della motivazione”: il Tribunale non ha pronunciato sull’eccezione della ricorrente relativa alle maggiori somme liquidate dal giudice del monitorio rispetto alle tariffe di cui al D.M. n. 127 del 2004, avendo ritenuto la congruità delle somme liquidate a titolo di spese e compensi professionali del giudizio di opposizione, senza per l’appunto pronunciarsi sulle spese e sui compensi liquidati in sede di procedimento monitorio.

Il motivo è infondato. Il Tribunale si è pronunciato sulla congruità delle spese liquidate per il giudizio di opposizione, giudizio di opposizione del quale il procedimento monitorio costituisce una fase, cosicché affermando la congruità della quantificazione delle spese liquidate per il giudizio di opposizione, il Tribunale ha anche pronunciato circa la congruità delle spese del procedimento monitorio.

6. Il sesto motivo lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., travisamento dei fatti, irragionevolezza, mancanza e/o carenza assoluta, contraddittorietà manifesta della motivazione”: il Tribunale ha affermato la totale soccombenza della ricorrente, pur avendo riconosciuto il rilievo della medesima circa “l’irrilevanza probatoria del certificato del consiglio dell’ordine per le somme dovute al professionista”, senza contare che la liquidazione delle spese effettuata dal Tribunale non considera che nel giudizio d’appello non è stata svolta la fase istruttoria/di trattazione.

Il motivo è infondato. Quanto alla soccombenza della ricorrente, non rileva che il Tribunale abbia corretto la motivazione del Giudice di pace, puntualizzando che il parere di congruità del consiglio dell’ordine, sufficiente per l’emanazione del decreto ingiuntivo, non è invece sufficiente in sede di opposizione, avendo il Tribunale ritenuto comunque provato il credito dell’avvocato F.. Circa poi il mancato svolgimento della fase di istruzione/trattazione da parte del Giudice d’appello, si precisa che se la fase d’istruzione probatoria è eventuale nel giudizio di secondo grado, vi è invece sempre la trattazione della causa.

II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata al Tribunale di Crotone, che si pronuncerà in relazione alla domanda di responsabilità aggravata; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Crotone, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472