Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.1058 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5671/2017 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo studio dell’avvocato BRUNO NICOLA SASSANI, rappresentato e difeso dagli avvocati CLAUDIO CECCHELLA, ILARIA PINZAUTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

IMPRESA EDILE B.R. E FIGLIO S.N.C. DI B.R., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 40, presso lo studio dell’avvocato BRUNO BISCOTTO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO FALCO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1701/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/09/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO Che:

1. Nel 1996 P.F. stipulava un contratto di vendita con cui trasferiva all’impresa edile B. la proprietà di un terreno; alla p. 5 del rogito era previsto che “parte acquirente si obbliga a realizzare entro tre anni da oggi un accesso carrabile alla particella 687 che rimane di proprietà del venditore P.”. Decorsi tre anni e otto mesi dal rogito, P. conveniva in giudizio l’impresa davanti al Tribunale di Firenze, chiedendo di “condannare l’impresa edile all’adempimento degli obblighi assunti nell’atto di compravendita, consistenti nella realizzazione di un passo carrabile e conseguentemente condannare l’impresa al risarcimento dei danni”. L’impresa si costituiva, negando l’esistenza di una servitù e deducendo di aver adempiuto a quanto previsto dal contratto, avendo costruito un passo carrabile su un terreno del comune. Con memoria ex art. 183 c.p.c., l’attore modificava le conclusioni dell’atto introduttivo e chiedeva, “previo accertamento e dichiarazione che a carico del fondo sussiste una servitù di passaggio, gravante sulle particelle nn. *****”, che il giudice accertasse l’inadempimento della convenuta e la condannasse a realizzare il passo carrabile.

2. La domanda di P. è stata rigettata dal Tribunale di Firenze e il rigetto è stato confermato in appello (non essendovi indicazione precisa del luogo gravato dalla servitù, doveva escludersi – ha affermato la Corte d’appello di Firenze – che le parti avessero inteso costruire una servitù volontaria, così che ciò che le parti avevano stabilito era una mera obbligazione contrattuale di costruzione di un accesso carrabile, non specificamente sul terreno della convenuta). La pronuncia d’appello è stata impugnata innanzi alla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 5886/2009, ha accolto il primo motivo di ricorso e ha rinviato la causa alla Corte d’appello di Firenze.

3. Con sentenza 18 ottobre 2016, n. 1701, la Corte d’appello di Firenze ha confermato il rigetto della domanda di P.. Il giudice di rinvio, dopo avere disposto due consulenze tecniche d’ufficio, ambedue qualificate “manchevoli”, ha ritenuto di potere comunque decidere sulla scorta della documentazione acquista; ha confermato che non era stato sufficientemente dimostrato che con il rogito del 1996 si fosse costituita una servitù di passaggio a carico dei fondi di proprietà della convenuta acquirente e ha così confermato quanto statuito in primo grado.

4. Avverso la sentenza della Corte d’appello n. 1701/2016 P.F. ricorre per cassazione.

Resiste con controricorso l’impresa edile B..

Memoria è stata depositata sia dal ricorrente che dalla controricorrente.

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

1. Il primo motivo denuncia “violazione o falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e conseguente e nuova violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1366 e 1367 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”: la Corte d’appello ha violato il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 5886/2009, così nuovamente violando i canoni di ermeneutica contrattuale con riferimento alla clausola contenuta nell’atto di vendita del 1996.

Il motivo è fondato laddove denuncia violazione del principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione. Questa Corte, infatti, accogliendo il primo motivo di ricorso, che denunciava in riferimento dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, “violazione degli artt. 1362,1363 e 1367 c.c., nonché omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, aveva affermato che i giudici di merito, nell’interpretare il contratto oggetto di causa, non avevano svolto una convincente indagine sugli elementi costitutivi di una eventuale servitù di passaggio in favore del fondo della parte venditrice, essendosi esclusivamente basati, per escludere tale costituzione, sulla mancata espressa indicazione – in contratto e nel relativo allegato grafico – del fondo servente come quello di proprietà dell’impresa, senza chiedersi se “anche in rapporto alla situazione dei luoghi avesse un senso la costruzione dell’accesso carrabile al fondo del P., alla cui realizzazione la resistente impresa si era obbligata, su terreno diverso da quello di proprietà della medesima”.

Il compito affidato dalla Corte di cassazione al giudice di merito consisteva, pertanto, nella indagine relativa alla configurabilità di una servitù per vantaggio futuro, indagine da effettuarsi sia interpretando il contratto concluso tra le parti, sia considerando la situazione dei luoghi. La Corte d’appello, invece, una volta ritenuto che la metà del possibile tracciato della servitù non era, al momento della conclusione del contratto di vendita e neppure in seguito, di proprietà della impresa edile B., ha escluso che le parti avessero convenuto la costituzione di una servitù e ha così rigettato la domanda di P., senza pertanto indagare se la volontà delle parti fosse stata quella di costituire una servitù per vantaggio futuro, come aveva stabilito la Corte di cassazione.

2. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo (che denuncia “violazione o falsa applicazione degli artt. 1027 c.c. e segg., artt. 1285 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), del terzo (che lamenta “violazione dell’art. 2697 c.c., sull’onere della prova ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”) e del quarto (che contesta “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, laddove si è omesso di esaminare la convenzione stipulata tra il comune di Rignano sull’Arno e l’impresa B., la variante di fine lavori del 28 agosto 1998, prot. 11361”).

II. Il ricorso va quindi accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Firenze, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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