Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.106 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35854/2019 proposto da:

N.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Della Giuliana, 32, presso lo studio dell’avvocato Gregorace Antonio, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 14/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.

RITENUTO

Che:

1. – N.S. viene dalla Nigeria. Ha raccontato di essere fuggito da quel paese in quanto, nel corso di un rito di iniziazione ad una setta di cui faceva parte, il novizio è morto per cause sconosciute. Di questa morte è stato accusato lui ingiustamente, e, non avendo possibilità di difendersi, è stato costretto alla fuga.

2. – Il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di protezione internazionale ritenendo che il fatto integra un reato comune rimesso alla giustizia del paese di provenienza; ha ritenuto che in Nigeria non c’e’ una situazione di conflitto armato generalizzato, ed infine, quanto alla protezione umanitaria, che non ci sono seri motivi per concedere il permesso di soggiorno.

3. – N. ricorre con cinque motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso.

CONSIDERATO

Che:

5. – Primo secondo e quarto motivo attengono alla protezione umanitaria.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c., ossia omessa valutazione della documentazione allegata a sostegno della situazione lavorativa; allo stesso modo il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo e rilevante, vale a dire pur sempre della documentazione offerta a sostegno della attività lavorativa del ricorrente in Italia. Il quinto motivo, che è rubricato come quarto, invece, propone la stessa censura, con la quale ci si duole della omessa considerazione delle ragioni fatte valere quanto al permesso di soggiorno, per violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.

I motivi sono inammissibili.

A parte la genericità delle censure, e, per certi versi, la contraddittoria esposizione delle medesime, in quanto nel corso del primo motivo la documentazione è indicata come relativa alla condizione di omosessualità ed invece non è quella la ragione dell’espatrio, a parte ciò, il ricorrente non dimostra affatto di aver allegato una qualche documentazione circa il suo lavoro, ed infatti non indica di che lavoro si tratta e per quale periodo è svolto.

6. – Terzo e quarto motivo sono rivolti, il primo dei due, sotto rubrica di omesso esame di un fatto, il secondo sotto violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14, a censurare la decisione in ordine alla protezione internazionale. Il ricorrente si duole sia del giudizio di inverosimiglianza del suo racconto sia del giudizio circa l’esistenza di un conflitto armato generalizzato in Nigeria.

I motivi sono inammissibili.

Innanzitutto, la ratio della decisione impugnata non è fondata sulla inverosimiglianza del racconto del ricorrente, quanto piuttosto sulla non rilevanza di quei fatti ai fini della protezione internazionale: il Tribunale ritiene che quell’episodio non sia tale da giustificare la protezione internazionale, ed anzi, che sia un fatto rimesso alla giustizia del paese di origine.

Quanto alla situazione di conflitto armato, la valutazione è compiuta sulla base di una fonte attendibile (Easo, 2017) non sufficientemente censurata peraltro dal ricorrente.

7. – Il ricorso va dichiarato inammissibile.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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