Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.1060 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29330/2016 proposto da:

CONDOMINIO *****, in persona del legale rappresentante pro tempore B.M., rappresentato e difeso dagli Avv.ti GIANCARLO CORAZZA, e GIANFRANCO CORI, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in ROMA, Via GHETALDI 33;

– ricorrente –

contro

ALTE VILLE RESIDENZIALI FIORITE s.r.l. (già Altre Ville Residenziali Fiorite s.r.l.) in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti RENATO NEGRONI, e ENRICO AMICIZIA, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in ROMA, Via LUCIO PAPIRIO 83;

– controricorrente –

contro

CONDOMINIO *****, in persona dell’amministratore pro tempore;

– intimato –

e contro

C.B., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza definitiva n. 5464/2016 della CORTE d’APPELLO di ROMA, notificata il 18.10.2016; nonché della sentenza parziale n. 2293/2014 resa nel medesimo giudizio depositata il 4.4.2014;

udita la relazione della causa svolta, nella Camera di consiglio del 12/10/2021, dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

FATTI DI CAUSA

La ALTE VILLE RESIDENZIALI FIORITE s.r.l. conveniva in giudizio il CONDOMINIO *****, chiedendo che venisse dichiarata costituita la servitù di passaggio carrabile per l’accesso dalla via pubblica al piano pilotj di sua proprietà, e viceversa, ordinando al Condominio l’eliminazione di qualsivoglia ostacolo che impedisse detta servitù. La società attrice evidenziava di essere esclusiva proprietaria e di possedere alcune porzioni immobiliari (uffici, boxes per posti auto, un’area scoperta e alcuni piani pilotj) all’interno del Condominio *****, costituito da quattro fabbricati (Pal.ne *****), inserite in un complesso di area comune e che, per previsione degli allegati regolamenti condominiali delle suddette palazzine (specie art. 5) l’attrice poteva imporre servitù attive e passive e adibire le proprie porzioni immobiliari di proprietà esclusiva a qualsiasi uso.

Si costituiva il Condominio convenuto eccependo il difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti dei singoli condomini. L’attrice contestava tale difesa in quanto spettava all’amministratore la rappresentazione in giudizio del Condominio.

Il Tribunale di Roma disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei singoli comproprietari del Condominio convenuto.

L’integrazione era eseguita nei confronti dei singoli condomini intimati e riportati in epigrafe.

Con sentenza n. 9004/2007, il Tribunale di Roma dichiarava l’improcedibilità della domanda sul presupposto che la società attrice non avesse proceduto a integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini.

Avverso detta sentenza proponeva appello Alte Ville Residenziali Fiorite s.r.l. in liquidazione, al quale resistevano il Condominio *****, il Condominio ***** e Ca.Ro.. Co.Lu. e P.C. eccepivano l’inammissibilità dell’appello e, nel merito, l’infondatezza.

Con sentenza parziale n. 2293/2014, depositata in data 4.4.2014, la Corte d’Appello di Roma accoglieva l’appello e dichiarava l’integrità del contraddittorio disponendo, come da separata ordinanza, la remissione della causa sul ruolo per procedersi alla trattazione della stessa. In particolare, la Corte d’Appello rilevava che secondo la più recente e consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, la legittimazione passiva dell’amministratore del Condominio sussiste, con riguardo ad azioni negatorie o confessorie di servitù, anche ove sia domandata la rimozione di opere comuni o l’eliminazione di ostacoli (come nella fattispecie) che turbino l’esercizio della servitù, non rendendosi necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini (Cass. n. 919 del 2004).

Con sentenza definitiva n. 5464/2016 la Corte d’Appello di Roma accertava l’esistenza della servitù di passaggio carrabile che permettesse l’accesso alla pubblica via a favore delle porzioni immobiliari di proprietà dell’appellante poste al piano pilotj del Condominio *****, ordinando agli appellati l’eliminazione di qualsiasi ostacolo che impedisse il passaggio e l’esecuzione delle opere necessarie; condannava gli appellati in solido al pagamento delle spese del doppio grado.

Avverso le suddette due sentenze propone ricorso per cassazione il Condominio ***** sulla base di tre motivi. Resiste le Alte Ville Residenziali Fiorite s.r.l. con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente affermata l’inammissibilità della eccezione proposta dal controricorrente, per asserita tardività o decadenza del ricorso, per decorso dei termini e mancata formulazione della riserva facoltativa di ricorso ex art. 361 c.p.c.; nonché la inammissibilità e/o improponibilità e/o improseguibilità e/o nullità del ricorso per mancata impugnazione della sentenza parziale nelle conclusioni del ricorso in cassazione.

1.1. – Infatti, nel sistema di riserva facoltativa di impugnazione contro sentenza non definitiva, come la mancata dichiarazione tempestiva di riserva comporta soltanto decadenza dalla facoltà di impugnazione differita e non preclude l’esercizio del potere di impugnazione immediato (entro il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., ovvero, in difetto di notificazione della sentenza, entro quello annuale decorrente, ex art. 327 c.p.c., dalla pubblicazione della sentenza medesima), così la tempestiva formulazione della riserva non costituisce manifestazione della volontà di impugnare, ma semplice strumento di conservazione del relativo potere, sostituendo al dovere di osservare il termine di decadenza l’onere di proporre il gravame insieme con quello contro la sentenza che definisce il giudizio (Cass. n. 5737 del 1990). In ipotesi di sentenza non definitiva pronunciata ai sensi dell’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4, l’effetto riconducibile all’omessa riserva di impugnazione nel termine fissato dall’art. 361 c.p.c., non è quello della decadenza del soccombente dal potere di impugnare la sentenza, ma quello più limitato della preclusione circa la facoltà di esercizio dell’impugnazione differita. Ne consegue che la sentenza non definitiva può essere correttamente impugnata entro gli ordinari termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. (Cass. n. 21417 del 2014; Cass. n. 12614 del 2007; Cass. n. 6951 del 2004). Non foss’altro per il fatto che la controricorrente del presente giudizio di cassazione era parte appellante nelle due sentenze di gravame.

2. – Con il primo motivo, il Condominio ricorrente lamenta la “violazione di legge (art. 1362 c.c.) sull’interpretazione dell’ATI. A al regolamento condominiale del 1979”, chiaro nel testo secondo cui: il piano pilotj resta di proprietà della società la quale, all’interno dello spazio di sua proprietà, potrà rimuovere fioriere e aprire varchi. Pertanto, la norma non sarebbe idonea alla costituzione di una servitù. In violazione del canone letterale e del senso della disposizione, il Giudice d’appello attribuisce all’aprire varchi e rimuovere fioriere un significato che va oltre il termine letterale: sono varchi e fioriere sul suolo altrui, quindi è il riconoscimento di una servitù. Si sottolinea che il regolamento ha ad oggetto “i giardini e le fioriere presenti nei Pilotj”. Nella specie, la Corte d’Appello ha qualificato male il contratto ascrivendolo a titolo di servitù (Cass. n. 5893 del 1996).

2.1. – Il motivo è fondato.

2.2. – A pagina 8) della sentenza gravata “con autorizzazione irrevocabile alla abolizione delle fioriere in questione, per permettere l’accesso al piano pilotj senza diritto al alcuna indennità”, la Corte territoriale attribuisce all’aprire dei varchi ed allo spostamento delle fioriere un significato che va oltre il tenore letterale. Osserva la medesima che era di palmare evidenza che la società appellante si fosse riservata fin dalla costruzione degli enti di gestione la facoltà di destinare il piano pilotj, di sua proprietà ad uso diverso da quello attuale. Laddove, i singoli proprietari condomini, con la sottoscrizione dell’atto di acquisto del proprio immobile e dell’allegato regolamento condominiale avevano concesso alla società appellante la facoltà di modificare lo stato dei luoghi, con autorizzazione irrevocabile alla ablazione delle fioriere in questione per permettere l’accesso al piano pilotj senza diritto ad alcuna indennità.

2.3. – Risulta consolidato che in tema di interpretazione del contratto, l’accertamento, anche in base al significato letterale delle parole, della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio (cfr. Cass. n. 18509 del 2008), si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, e tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione (Cass. n. 1646 del 2014), nel caso in cui (contrariamente a quanto risulta nella presente fattispecie) la motivazione stessa risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice per attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche; con la precisazione che nessuna di tali censure può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (tra le tante, Cass. n. 26683 del 2006; Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 1754 del 2006).

Per sottrarsi al sindacato di legittimità, infatti, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni; sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra (Cass. n. 8909 del 2013; Cass. n. 24539 del 2009; Cass. n. 15604 del 2007; Cass. n. 4178 del 2007; Cass. n. 17248 del 2003).

2.4. – In violazione del canone letterale e del senso della disposizione di cui all’art. 1362 c.c., la Corte di merito attribuiva erroneamente all’aprire dei varchi e allo spostamento delle fioriere il significato per cui “sono varchi e foriere sul suolo altrui”; riconoscimento quindi di una servitù. Ma risulta evidente il fatto che il titolo vada interpretato ai sensi della disciplina codicistica di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., ai fini della ricostruzione del contenuto della servitù.

Osserva dunque il ricorrente che, dalla lettura del titolo, conseguentemente, si evince che controparte può aprire passaggi, ma non aprire e costruire strutture sul suolo altrui per l’attraversamento. Non a caso, dunque, la parte controricorrente aveva articolato anche una domanda per la costituzione della servitù coattiva di passaggio, ben intendendo il regolamento idoneo a difendere la proprietà riservata, ma inidoneo a costituire titolo per la costituzione di una servitù di passo.

Su questo punto, non vi è stato giudizio né in primo né in secondo grado. Nella specie, la Corte territoriale ha qualificato male il contratto, ascrivendolo a titolo per la servitù e non a ricognizione di inesistenza di servitù, usando un criterio improprio di interpretazione.

2.4. – Sotto il secondo profilo, si osserva che l’art. 1362 c.c., non può ausiliare l’interpretazione sotto il profilo della volontà delle parti in quanto la disposizione in commento è stata predisposta da una sola parte. Ne’ l’art. 1363 c.c., che ha favorito l’interpretazione, là dove la Corte non ha chiaramente considerato né il criterio letterale, né quello, pur sempre soggettivo, dell’ausilio che una parte della scrittura può dare alla comprensione dell’altra.

3.1. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduceva la “Violazione di legge (art. 1073 c.c.)”. Si evidenzia che una delle cause di estinzione delle servitù è costituita dal non uso ventennale. Le servitù costituite per titolo non sono sottratte al regime dell’estinzione per non uso.

3.2. – Con il terzo motivo, la ricorrente lamentava la “Violazione di legge (art. 270 c.p.c.)”. Si deduce che, quanto all’integrazione del contraddittorio, si è esaurito un grado di merito senza approfondimenti istruttori, non recuperati neanche dalla Corte d’Appello.

4. – In conclusione, va accolto il primo motivo, con assorbimento degli altri due. La sentenza impugnata deve essere dunque cassata, in relazione al motivo accolto, e rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; con assorbimento di entrambi i due rimanenti motivi, e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Roma che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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