LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 37120/2019 proposto da:
O.M., rappresentato e difeso dall’avv.to Domenico Russo, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale Per Il Riconoscimento Della Protezione Internazionale;
– intimato –
Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI n. 8591/2019, depositato il 13/11/2019;
udita la relazione della svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2021 dal Cons. Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO
che:
1. O.M., proveniente dalla Nigeria, ricorre affidandosi a due motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.
1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto temeva di essere sottoposto a trattamenti disumani e degradanti, visto che aveva saputo, solo dopo la sua morte, che il padre faceva parte della setta degli ***** e ne era il capo al quale egli sarebbe dovuto succedere all’interno del suo villaggio: poiché aveva rifiutato, temeva di subire persecuzioni per le quali l’autorità statale non gli forniva alcuna protezione.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.
1.1. Lamenta che il Tribunale non aveva osservato il paradigma interpretativo predicato dalla norma sopra richiamata e che non aveva adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria.
1.2. La censura è inammissibile.
1.3. Si osserva, infatti, che la valutazione di credibilità del racconto si attiene pienamente a quanto predicato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in quanto il Tribunale ha valutato il racconto nel suo complesso, anche alla luce di fonti informative aggiornate sulla specifica vicenda dedotta. Non ricorre, nella specie, alcun vizio di scomposizione atomistica del racconto, né un’analisi di singole circostanze isolate dal contesto e condotta in modo del tutto avulso rispetto alla struttura complessiva del narrato.
1.4. Fermo l’oggettivo rilievo della congruità logica del discorso giustificativo articolato nel provvedimento impugnato, deve essere considerato come la difesa del ricorrente abbia per altro verso omesso di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata vantazione, da parte de giudice del merito, delle vicende di fatto asseritamente trascurate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto ad una diversa risoluzione dell’odierna controversia.
1.5. Attraverso le odierne censure, dunque, il ricorrente altro non prospetta se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in una dimensione solo astrattamente critica, come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità, dovendo per converso ritenersi che la motivazione adottata dal giudice a quo a fondamento della decisione impugnata sia (non solo esistente, bensì anche) articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne il percorso logico che si dipana, in termini lineari e coerenti, sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di sufficiente ragionevolezza ed accettabile congruità logica.
1.6. In buona sostanza, l’iter argomentativo seguito dal giudice di merito, sulla base di tali premesse, integra un percorso argomentativo che spiega in modo logicamente lineare e comprensibile le ragioni della non credibilità del ricorrente quanto ai motivi della fuga dal Paese di origine: la motivazione risulta elaborata nel rispetto dei canoni di correttezza giuridica e logica ed è pertanto destinata a sottrarsi alla censura mossa alla pronuncia con il motivo in esame.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5, art. 5 e art. 6, comma 2, ed art. 14; nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 ed art. 11, e dell’art. 5, comma 6 e art. 19 TUI, nonché, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, artt. 2,10 e 117 Cost..
2.1. Lamenta, al riguardo, che la decisione del Tribunale si poneva in contrasto con gli obblighi assunti dallo Stato italiano attraverso la ratifica delle convenzioni internazionali vigenti.
2.3. Il motivo è del tutto generico, meramente enunciativo ed è conformato attraverso argomentazioni confusamente riferite a tutte le fattispecie invocate: la censura, infatti, si limita a criticare genericamente la condotta del paese di accoglienza, senza alcuna attinenza specifica al caso concreto, visto che, contrariamente al contenuto articolato e specifico della motivazione impugnata (fondata anche su C.O.I. attendibili ed aggiornate, quali Easo COI report 2018, su trattamento riservato agli appartenenti alla setta degli ***** che esclude forme di aggregazione forzata), con essa si lamenta l’omessa valutazione “delle violenze e minacce di morte subite; dell’impossibilità di condurre una vita normale nel contesto di provenienza, a causa del fanatismo culturale e religioso che permea la regione di provenienza de ricorrente; della situazione di sostanziale deprivazione dei diritti umani fondamentali connessi alle più elementari e basilari esigenze di una vita dignitosa “(cfr. pag. 15 penultimo cpv del ricorso): in tale modo il ricorrente non tiene conto che la sua censura, oltre ad essere priva di specificità, è ricondotta esclusivamente alla credibilità del racconto (esclusa da Tribunale con motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale) e manca di una specifica allegazione sugli altri presupposti delle protezioni invocate, ricondotti alla “inemendabile miseria” ed alla “violazione del diritto di abitazione” che non risulta siano state dedotte dinanzi al Tribunale in relazione al caso concreto.
3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
4. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.
5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
La Corte;
dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022
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