Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1079 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37594/2019 proposto da:

E.E., rappresentato e difeso dall’avv.to Vincenzina Salvatore, ed elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI n. 8319/2019, depositata il 08/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2021 dal Cons. Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RILEVATO

che:

1. E.E., proveniente dalla Nigeria, ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, proposta in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente, studente universitario, aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto era stato oggetto della richiesta per entrare in una setta cultista; si era rivolto alle autorità del campus presso il quale studiava ma era venuto a sapere che esse stesse facevano parte della setta ed aveva quindi deciso di fuggire, temendo conseguenze per la propria incolumità.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo ed il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:

a. la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e della Convenzione di Ginevra, nonché del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) ed art. 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

b. la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14.

1.1. I due motivi devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono strettamente interconnessi e parzialmente sovrapponili.

1.1.1. Con il primo, infatti, il ricorrente lamenta che il Tribunale aveva omesso di valutare la sua posizione personale, limitandosi a rendere una motivazione informata alla tecnica del “copia e incolla” visto che tutti i decreti del Tribunale di Napoli erano conformati con la medesima motivazione; con il secondo, si duole dell’erroneo rigetto della protezione sussidiaria, assumendo che da fonti informative Unchr 2018 e 2019 emergeva che il paese era afflitto da forme di violenza ed instabilità. Lamenta che le C.O.I. richiamate dal Tribunale non erano aggiornate.

1.2. Entrambi i motivi sono inammissibili.

1.3. La prima censura, infatti, non si confronta con la motivazione resa, espressamente riferita al paese di origine del ricorrente ed alle criticità da lui stesso segnalate, riferite all’esistenza di gang aggressive nella regione di provenienza, e cioè l’Edo State. Tanto premesso, il ricorrente omette di considerare che questa Corte ha avuto modo di chiarire che:

a. la sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio, in quanto il riferimento ai “precedenti conformi” contenuto nell’art. 118 disp. att. c.p.c., non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile; in tal caso, la motivazione del precedente costituisce parte integrante della decisione, sicché la parte che intenda impugnarla ha l’onere di compiere una precisa analisi anche delle argomentazioni che vi sono inserite mediante l’operazione inclusiva del precedente, alla stregua dei requisiti di specificità propri di ciascun modello di gravame, previo esame preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato alla fattispecie in discussione. (cfr. Cass. 17640/2016);

b. in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dall’art. 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. 3819/2020).

1.4. In buona sostanza, ove la tecnica (del “copia-incolla”) censurata non comprometta la logicità e coerenza del percorso argomentativo del provvedimento, essa è legittima, rispondendo soltanto ad una esigenza di riduzione dei tempi di stesura della motivazione che non va a discapito della corrispondenza fra essa ed il caso concreto esaminato ed oggetto di giudizio.

1.5. tanto premesso, si osserva che nel caso in esame la motivazione affronta specificamente il caso oggetto della controversia, senza alcuna compromissione della coerenza necessaria: a fronte di ciò, il ricorrente omette di specificare quali parti della motivazione sarebbero, in thesi, astratti e privi di riferimento all’oggetto della specifica controversia tanto da rendere la motivazione apparente; né indica quali altri casi del Tribunale di Napoli sarebbero indiscriminatamente (e senza alcuna attinenza al caso concreto) conformati nello stesso modo al fine di consentire a questa Corte di apprezzare il vizio denunciato.

1.6. In presenza di tali carenze, la censura deve ritenersi inammissibile.

2. Quanto al secondo motivo, strettamente collegato con il primo, il Collegio osserva che la motivazione del Tribunale di fonda su una preliminare vantazione di inattendibilità del racconto che rappresenta un presupposto imprescindibile per la protezione invocata: con la conseguenza che la censura non risulta decisiva laddove si incentra su vizi relativi al dovere di cooperazione istruttoria che, per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), possono essere esaminati soltanto a seguito di una positiva e preliminare valutazione di credibilità del racconto (cfr. Cass. 8819/2020).

2.1. Per quanto riguarda, poi, la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e) – che prescinde dalla credibilità della narrazione – le condizioni socio politiche e di stabilità interna del paese di origine sono state accertate con richiamo a fonti informative attendibili (cfr. pag. 5) che, pur ammettendo l’esistenza di forme di violenza interreligiosa nella zona del Nord Est del paese, afflitta dalle incursioni terroristiche della setta islamista di *****, ha escluso che la medesima condizione esistesse nel resto dello Stato ed, in particolare, nelle regioni del sud ove è localizzata quella di provenienza del ricorrente.

2.2. Ora, pur vero che le informazioni non sono riferibili alla data della decisione, il Collegio condivide l’orientamento di questa Corte secondo il quale, in tali casi – in cui vengono comunque richiamate C.O.I. attendibili secondo quanto predicato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 5 – è onere de ricorrente contrapporre fonti informative diverse, attendibili ed idonee a condurre ad una diversa decisione: in mancanza di ciò, la censura non può avere ingresso in sede di legittimità in quanto risulta non decisiva (cfr. ex multis Cass. 7105/2021), principio questo al quale deve essere aggiunto quello secondo il quale “nei procedimenti in materia di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice si sostanzia nell’acquisizione di COI (“Country of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò preposti, non potendo ritenersi tale il sito ministeriale “*****”, il cui scopo e funzione non coincidono, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti indicati” (cfr. Cass. 8819/2020; Cass. 10834/2020).

2.3. Nel caso in esame, dunque, il richiamo contenuto nel ricorso al sito del Ministero degli esteri (cfr. pag. 5 del ricorso) preposto principalmente a fini turistici, non è idoneo a contrapporsi validamente alle argomentazioni contenute nel decreto impugnato.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, art. 5, comma 6 TUI ed omessa motivazione con nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

3.1. Il motivo è inammissibile per assoluta mancanza di specificità.

3.2. Premesso infatti che gli argomenti addotti “spaziano” confusamente nel riferimento alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e), ed alla protezione umanitaria (cfr. pag. 10 u. cpv. del ricorso, dove viene richiamato inopinatamente il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e)), con ciò non consentendo di comprendere a quale fattispecie la critica intenda riferirsi, si osserva che tutte le censure sono comunque generiche e meramente enunciative, omettendo, di contrapporre argomenti specifici alla decisione del Tribunale: al riguardo, il collegio ritiene che – pur dovendo essere corretta la motivazione di rigetto nella parte in cui afferma che la statuita mancanza di credibilità consente di escludere la sussistenza della vulnerabilità che deve ricorrere per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, affermazione questa erronea e contrastante con la ormai prevalente giurisprudenza di legittimità, condivisa da questo Collegio (cfr. Cass. 8020/2020; Cass. 29624/2020), il decreto non può ritenersi scalfito dalle censure proposte, invero indeterminate sia rispetto all’oggetto, sia rispetto agli argomenti prospettati che risultano privi di concretezza in relazione al caso concreto.

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile i ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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