Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.1086 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul conflitto negativo di giurisdizione, iscritto al NRG 5625 del 2021, sollevato dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta con ordinanza in data 17 febbraio 2021 nel procedimento vertente tra:

COMUNE DI SUCCIVO;

– ricorrente non costituito in questa sede –

e CAMPANIA BONIFICHE s.r.l.; CONSORZIO GENERALE DI BONIFICA DEL BACINO INFERIORE DEL VOLTURNO;

– resistenti non costituiti in questa sede –

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’11 gennaio 2022 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Luisa De Renzis, che ha chiesto che la Corte dichiari inammissibile l’istanza di regolamento.

FATTI DI CAUSA

1. – Il Comune di Succivo ha impugnato dinanzi alla Commissione tributaria di Caserta l’ingiunzione di pagamento emessa dalla Campania bonifiche s.r.l., per conto del Consorzio di bonifica inferiore del Volturno, per il pagamento di canoni consortili maturati dal 2008 al 2016 e relativi a contributi di bonifica e scarico di acque meteoriche in canali consortili.

Nella resistenza del Consorzio e della Campania bonifiche, la Commissione tributaria provinciale, con sentenza depositata il 9 luglio 2018, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo sussistente quella del giudice ordinario.

A sostegno della adottata declinatoria la Commissione tributaria provinciale ha evidenziato che il contributo speciale a carico dei gestori del servizio idrico integrato rappresenta un canone su base convenzionale, determinato all’esito di una procedura negoziale.

2. – Pronunciando sull’appello del Consorzio, la Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza depositata in segreteria il 9 luglio 2019, ha dichiarato la giurisdizione del giudice tributario e ha rimesso gli atti alla Commissione tributaria provinciale di Caserta per l’ulteriore corso del giudizio.

A tale esito la sentenza d’appello è pervenuta rilevando che la contribuzione degli enti locali dovuta al Consorzio per lo scarico delle acque meteoriche nei canali irrigui ha natura tributaria.

3. – La Commissione tributaria provinciale di Caserta, dinanzi al quale la causa è stata rimessa, con ordinanza in data 17 febbraio 2021 ha richiesto alla Corte di Cassazione di regolare la giurisdizione, osservando che, in conseguenza della pronuncia della Commissione tributaria regionale che ha affermato la giurisdizione del giudice tributario negata dalla Commissione tributaria provinciale, si è verificato un potenziale conflitto negativo di giurisdizione.

La Commissione tributaria di Caserta ritiene che non sussista la giurisdizione del giudice tributario a conoscere la controversia.

Il giudice confliggente richiama la giurisprudenza delle Sezioni Unite (ordinanza 5 dicembre 2019, n. 31760), secondo cui i canoni dovuti per l’utilizzo dei canali consortili come recapito di scarichi, anche se di acque meteoriche o depurate, da parte di soggetti, quali i Comuni, che non possono qualificarsi appartenenti al consorzio per non essere proprietari dei fondi compresi nel relativo ambito territoriale, si distinguono dai contributi di bonifica dovuti dai proprietari dei detti fondi, in quanto, mentre questi ultimi sono versati in adempimento di un’obbligazione tributaria determinata direttamente dal consorzio quale contributo pro quota dei consorziati alle spese di gestione dei canali e delle opere di miglioramento, per i primi la normativa regionale di dettaglio ne prevede la determinazione all’esito di una procedura negoziale tra il consorzio e l’utente; con la conseguenza che le relative controversie non rientrano nella giurisdizione delle commissioni tributarie ma restano devolute a quella del giudice ordinario.

4. – Le parti interessate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il conflitto è stato avviato alla trattazione camerale sulla base delle conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., del Pubblico Ministero, il quale ha chiesto che la Corte dichiari inammissibile l’istanza di regolamento.

L’Ufficio del Procuratore Generale osserva che è preclusa la proponibilità del regolamento di giurisdizione da parte dello stesso giudice la cui sentenza declinatoria della giurisdizione sia stata riformata dal giudice dell’appello. Il giudice di primo grado dinanzi al quale le parti sono state rimandate è tenuto a statuire sulla domanda e la mancata impugnazione della sentenza emessa dal giudice di appello impedisce che la questione di giurisdizione possa essere nuovamente sollevata nell’ulteriore corso del processo riassunto.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La richiesta di regolamento d’ufficio verte sulla individuazione del giudice – ordinario o tributario – munito di giurisdizione nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione, da parte di un Comune, dell’ingiunzione di pagamento dei canoni dovuti per lo scarico di acque meteoriche in canali consortili.

2. – Il conflitto negativo è stato sollevato dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta che aveva declinato la propria giurisdizione, ma la cui pronuncia è stata riformata in appello dalla Commissione tributaria regionale della Campania, la quale ha dichiarato la giurisdizione negata dal primo giudice e rimesso davanti a lui le parti.

3. – Il regolamento di giurisdizione richiesto dalla Commissione tributaria provinciale è inammissibile.

Il regolamento è stato sollevato d’ufficio dallo stesso giudice la cui sentenza, declinatoria della giurisdizione, è stata riformata dalla Commissione tributaria regionale, la quale, ritenendo la giurisdizione del giudice tributario, ha dinanzi a lui rimandato le parti, in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, che detta, per il contenzioso tributario, una norma di analogo tenore a quella prevista dall’art. 353 c.p.c..

In tale ipotesi è precluso al giudice, cui la causa è stata rimessa dal giudice d’appello, di proporre il regolamento di giurisdizione d’ufficio, essendo egli tenuto a statuire sulla domanda.

3.1 – La ragione di tale preclusione è stata esplicitata da questa Corte regolatrice (Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2015, n. 3025) con il richiamo al principio secondo cui qualora la sentenza del giudice di appello che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, negata dal primo giudice, acquisti autorità di giudicato per effetto della mancata impugnazione nei prescritti termini, la preclusione derivante da tale giudicato interno osta a che la questione di giurisdizione possa essere nuovamente sollevata nell’ulteriore corso del processo, riassunto davanti al giudice di primo grado, e comporta conseguentemente l’inammissibilità dell’impugnazione successiva che si esaurisca nella prospettazione della questione medesima.

3.2 – Al medesimo esito, di inammissibilità del regolamento di giurisdizione d’ufficio, il Collegio ritiene di poter pervenire considerando che il giudice di primo grado al quale il giudice d’appello, in riforma della declinatoria di giurisdizione, abbia rimesso la causa, non è il giudice davanti al quale la causa è riassunta a seguito della declinatoria del giudice preventivamente adito, della L. n. 69 del 2009, ex art. 59, ma è il giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 353 c.p.c. (o del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59).

In altri termini, l’inammissibilità della proposizione del regolamento d’ufficio discende dal fatto che, secondo la previsione della L. n. 69 del 2009, art. 59, soltanto il giudice ad quem, in presenza di translatio a seguito della declinatoria di giurisdizione pronunciata dal primo giudice adito ed appartenente ad un altro plesso giurisdizionale, può rimettere d’ufficio, sino alla prima udienza di trattazione, la questione di giurisdizione alle Sezioni Unite.

Il regolamento di giurisdizione d’ufficio, invero, è uno strumento rivolto ad ovviare ad un potenziale conflitto negativo di giurisdizione. Esso consente al giudice davanti al quale la causa è riassunta, ove non condivida l’indicazione contenuta nella sentenza del giudice originariamente adito e ritenga a sua volta di essere sfornito di giurisdizione, di promuovere l’intervento vincolante delle Sezioni Unite.

In altri termini, legittimato ad esperire il regolamento di giurisdizione d’ufficio è il giudice ad quem, ossia quello indicato come giurisdizionalmente competente dal giudice originariamente adito (e che abbia escluso la propria giurisdizione), avanti a cui il processo sia stato riassunto. Non è invece configurabile un conflitto negativo di giurisdizione tra il giudice di primo grado che abbia erroneamente dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e quello di appello che, in riforma di quella decisione, abbia rimesso la causa dinanzi a lui. Il giudice di primo grado, al quale il giudice d’appello, in riforma della declinatoria di giurisdizione, ha rimesso la causa, è tenuto a riesaminare la domanda sull’assunto della sufficiente dotazione di potere giurisdizionale da parte sua, non potendo porre in discussione la pronuncia del giudice dell’impugnazione che ha ritenuto sussistente la giurisdizione e ha riformato l’erronea decisione processuale. Il regolamento d’ufficio non può quindi essere attivato quando il giudice ad quem sia stato riconosciuto giurisdizionalmente competente a seguito dello svolgimento del normale rimedio impugnatorio contro una sua sentenza declinatoria.

4. – Conclusivamente, è inammissibile il regolamento di giurisdizione sollevato d’ufficio dal giudice di primo grado al quale il giudice di appello, in riforma della declinatoria di giurisdizione, ha rimesso la causa.

5. – Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, trattandosi di regolamento d’ufficio nel quale le parti non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il regolamento d’ufficio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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