LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29406-2015 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE;
– ricorrente –
contro
ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA SISPORT GYM, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 41, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GUANCIOLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RODOLFO BOZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 206/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 09/06/2015 R.G.N. 140/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’avvocato ANTONINO SGROI;
udito l’avvocato GIUSEPPE GUANCIOLI.
FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza del 9.6.15 la Corte d’appello di Genova, confermando sentenza del tribunale della stessa sede, ha dichiarato non dovuti dall’associazione in epigrafe i contributi previdenziali richiesti dall’Inps per quattro istruttori, in considerazione del carattere sportivo dilettantistico dell’associazione e dello svolgimento di attività solo verso i soci, che rende operativa l’esenzione ex art. 67 TUIR, lett. m), per i redditi diversi, e ciò a prescindere dal carattere professionale dell’attività degli istruttori e della organizzazione o meno di gare.
2. Avverso tale sentenza ricorre l’Inps per un motivo, illustrato da memoria, cui resiste l’associazione sportiva.
3. Con l’unico motivo di ricorso, l’INPS deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, artt. 3 e 4; del D.M. 15 marzo 2005, n. 17445, art. unico; del D.M. 15 marzo 2005, n. 17454, art. unico; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. m); del D.L. 30 dicembre 2008, art. 24, comma 5, conv. con modif. dalla L. n. 14 del 2009, per avere la sentenza impugnata trascurato che le dette disposizioni stabiliscono l’obbligo contributivo per gli addetti agli impianti sportivi che svolgono attività remunerata, a prescindere dalle ore di lavoro, e soprattutto dal trattamento fiscale (essendo inapplicabile l’art. 67, su richiamato alla materia contributiva).
4. Il motivo va accolto anche se in ragione di considerazioni non coincidenti con l’impostazione suggerita dal ricorrente.
5. Occorre premettere che la disciplina previdenziale dell’attività sportiva dilettantistica, non attratta nell’area dei professionisti indicati dalla L. n. 91 del 1981, art. 2, va rinvenuta nell’ambito di regolamentazione posto dal dlgs C.p.S. n. 708 del 1947, che ha reso l’attività degli istruttori sportivi -quali “addetti agli impianti sportivi”- soggetta all’obbligo assicurativo presso I’ENPALS (vd. da ultimo Cass. n. 11375 del 2020), così estendo la relativa tutela previdenziale rispetto allo stretto limite della categoria dei lavoratori dello spettacolo. In particolare, il D.M. 15 marzo 2005, n. 17445, sulla base della preesistente previsione contenuta D.Lgs. n. C.p.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 2, primo periodo, ha specificato che rientrano nell’ambito di applicazione della norma precedente, gli “impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi” che dunque sono soggetti in via generale all’obbligo assicurativo presso la gestione ENPALS, ora confluita presso l’INPS (v. Cass. 21245 del 08/10/2014).
6. In questo contesto va però valutata l’applicabilità al sistema previdenziale dell’art. 67 T.U.I.R., comma 1, lett. m): tale disposizione, nel testo modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 253, e poi dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 299, lett. a) e b), prevede che, sono redditi diversi “se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente(…);
“m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche”.
7. La norma consente dunque di erogare, ai collaboratori di attività sportiva dilettantistica in favore di enti sportivi della medesima natura, somme sussumibili nella nozione fiscale di “redditi diversi” che, entro la soglia prevista dall’art. 69 T.U.I.R., comma 2 vigente ratione temporis (Euro 7500 per anno d’imposta) sono fiscalmente neutri.
8. La giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha in più occasioni ritenuto che la disposizione in esame, quale eccezione all’obbligo contributivo previsto per gli addetti agli impianti sportivi, sia rilevante -ricorrendone i persupposti applicativi-anche in materia previdenziale (Cass. n. 11375 del 2020, Cass. n. 24365 del 2019, Cass. n. 21535 del 2019, Cass. n. 11492 del 2019, nonché Cass. n. 5904 del 2016).
9. A tale orientamento va data continuità: l’assenza di una espressa disciplina previdenziale, in materia di collaborazione resa in favore di associazioni dilettantistiche, non esime l’interprete dal considerare l’impatto della neutralizzazione degli effetti tributari delle erogazioni corrisposte in tale contesto, anche relativamente al calcolo dell’imponibile contributivo; si tratta invero di una relazione che, seppure riferita espressamente ai soli effetti tributari, esprime il più generale intento della legge di reputare un determinato valore monetario, riferito ad una determinata attività umana, non espressivo di un valore economico utile alla produzione di un reddito suscettibile di realizzare la base imponibile di una obbligazione patrimoniale pubblica.
10. Quanto alla portata della norma, va subito chiarito che essa non consente di includere all’interno dell’area dei redditi diversi le somme percepite da coloro i quali svolgono professionalmente le attività cui le somme si riferiscono.
11. Ciò si desume chiaramente dall’incipit dell’art. 67 TUIR, che esclude a priori i redditi conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
12. Il Collegio interpreta dunque la professionalità richiamata dalla norma in chiave soggettiva, inerente le modalità di svolgimento dell’attività, e non in relazione alla natura oggettiva dell’attività; sono esclusi dunque dai redditi diversi quelli provenienti non già da attività professionali, ma quelli derivanti da attività svolte professionalmente. Pesa in favore di tale conclusione la dizione dell’art. 53 TUIR, che ha precisato che, per esercizio di arti e professioni deve intendersi “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo” diversa dall’attività di impresa, così precisando l’ambito di applicazione della riserva iniziale dell’art. 67 seguente.
13. La normativa fiscale, nell’ambito delle attività di lavoro autonomo, infatti, distingue i redditi derivanti dall’esercizio di “arti e professioni” ovvero dall’esercizio “per professione abituale ancorché non esclusiva di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l’esercizio in forma associata di cui all’art. 5, comma 3, lett. c, ” (art. 53 t.u.i.r.), dai redditi diversi derivanti da “attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente” (art. 67 t.u.i.r., lett. I).
14. Il reddito diverso, dunque, non può essere quello che deriva dall’esercizio abituale di una attività autonoma nel senso specificato, né il reddito tratto dall’esercizio professionale di attività coordinate e continuative, e per questo considerato assimilato a quello di lavoro dipendente (art. 50 t.u.i.r., lett. c).
15. In tal senso, peraltro, si era già espressa anche la Sezione terza penale di questa Corte di cassazione, con la sentenza n. 31840 del 18/07/2014, chiamata a verificare la violazione dell’obbligo di denuncia di dati obbligatori a fini previdenziali da parte del datore di lavoro, la cui omissione è penalmente sanzionata dalla L. n. 689 del 1981, art. 37, (come modificato dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, comma 19).
16. Occorre, peraltro, rilevare che dall’affermazione della riferibilità dell’art. 67 TUIR, anche ad effetti previdenziali, non discende certamente l’individuazione di una area di automatica esenzione dall’obbligo contributivo invocabile dalle associazioni o società formalmente riconosciute quali dilettantistiche, a prescindere cioè dalla effettiva e concreta riprova della presenza dei requisiti specifici richiesti dalla citata disposizione.
17. In questa prospettiva, rileva, dunque, a monte, la verifica, in sede giudiziale, della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata esercitata.
18. Questa Corte di cassazione, soprattutto in ambito tributario, ha, in più riprese,osservato come l’accertamento a tale riguardo condotto dal giudice di merito derivi non (tanto) dall’elemento formale della veste giuridica assunta (associazione e/o società sportiva dilettantistica) e dal corretto inserimento in statuto di tutte le clausole riguardanti la via associativa, quanto piuttosto dal requisito di natura sostanziale, ossia dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro e, quindi, da una operatività concreta conforme a quanto indicato nelle clausole dell’atto costitutivo e dello statuto, il cui onere probatorio ricade sulla parte contribuente, e non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto neutrale dell’affiliazione ad una federazione sportiva o al CONI (così sezioni tributarie Cass.n. 10393 del 2018; Cass. n. 23789 del 2016; Cass.n. 16449 del 2016; Cass.n. 2152 del 2020; negli stessi termini, Cass. sez. lav. n. 21535 del 2019 e n. 5904 del 2016 cit.).
19. In definitiva, da quanto sin qui esposto, può dunque affermarsi che gli addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere (incluse palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi) sono soggetti in via generale all’obbligo assicurativo presso la gestione ENPALS, ora confluita presso l’INPS, con esclusione delle sole prestazioni, sempre che siano compensate nei limiti monetari di cui all’art. 69 TUIR e purché non siano svolte con carattere di professionalità o nell’ambito di lavoro dipendente o di lavoro coordinato e continuativo, rese in favore di associazioni o società che non solo risultano qualificate come dilettantistiche, ma che in concreto a prescindere dal dato del tutto neutrale dell’affiliazione ad una federazione sportiva o al CONI – posseggono tale requisito di natura sostanziale, ossia svolgono effettivamente l’attività senza fine di lucro.
20. La sentenza impugnata, nel ritenere irrilevante ai fini dell’insorgenza dell’obbligo contributivo il carattere professionale dell’attività degli istruttori si è discostata dall’anzidetto principio di diritto e deve pertanto essere cassata.
21. La causa deve essere rinviata alla stessa corte territoriale in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla stessa corte d’appello in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022