LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 152-2016 proposto da:
ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA PALESTRAVERDE IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO NIBBY 7, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO GUARINO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MASSIMO GIOVANNI GIANARDI, SILVIA GIONFRA;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ANTONINO SGROI;
– controricorrenti –
e contro
EQUITALIA NORD S.P.A. – AGENTE PER LA RISCOSSIONE PROVINCIA DI *****;
– intimata –
avverso la sentenza n. 217/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 17/06/2015 R.G.N. 153/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/2021 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’
STEFANO, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Genova, a conferma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’appello dell’Associazione sportiva dilettantistica Palestraverde in liquidazione” avverso la sentenza con cui il Tribunale aveva respinto l’opposizione dalla stessa proposta, avverso l’avviso di addebito per Euro 148.474,00, notificatole dall’Inps, succeduto all’ENPALS D.L. n. 201 del 2011, ex art. 21, conv. in L. n. 214 del 2011, a titolo di mancato versamento di contributi in favore di sette istruttori e di sette unità di personale amministrativo dipendente dalla palestra gestita dalla medesima associazione.
La Corte territoriale ha accertato la natura commerciale perseguita dall’associazione sportiva, con conseguente venir meno del presupposto di legge in base al quale la stessa avrebbe preteso l’applicazione dell’esenzione dalla contribuzione prevista per le associazioni sportive dilettantistiche.
La cassazione della sentenza è domandata dall”Associazione sportiva dilettantistica Palestraverde in liquidazione” sulla base di cinque motivi, illustrati da successiva memoria.
L’Inps, succeduto all’ENPALS di. n. 201 del 2011, ex art. 21, conv. in L. n. 214 del 2011, ha depositato tempestivo controricorso.
Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e segg., art. 2727 c.c. e segg.; art. 116 c.p.c.,” per avere, la Corte territoriale, dedotto la natura commerciale e non dilettantistica dell’attività associativa svolta dal solo tenore letterale di una clausola (art. 4) estrapolata dal contratto degli istruttori, senza tener conto delle altre risultanze probatorie emerse nel corso del giudizio e disattendendo l’effettiva ricerca della volontà delle parti, sì come risultante dal loro comportamento complessivo, anche posteriore alla conclusione del contratto.
Col secondo motivo, formulato ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia “Violazione e falsa applicazione della L. 16 dicembre 1991, n. 398, – L. n. 289 del 2002, art. 90, nonché D.L. 28 maggio 2004, n. 136, art. 7, convertito con L. 27 luglio 2004, n. 186, della L. n. 2248 del 1865, art. 5 ALLE”; sostiene che la sentenza impugnata non avrebbe considerato l’insieme delle norme che disciplinano l’attività sportiva dilettantistica, le cui associazioni sarebbero destinatarie di un regime agevolativo (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, comma 1, lett. m), art. 83, comma 2, artt. 67 e 69), a condizione che: non abbiano scopo di lucro, siano riconosciute dal CONI, non superino le soglie di fatturato e gli indici previsti dalle norme richiamate in epigrafe; contesta l’avvenuta illegittima disapplicazione, da parte della Corte territoriale, del provvedimento amministrativo con cui il CONI – unico organismo certificatore dell’effettiva natura di un ente sportivo – ha iscritto la ricorrente nel registro nazionale delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche.
Col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta “Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: i profili sostanziali dell’attività svolta dai soggetti oggetto di ispezione (istruttori e collaboratrici amministrative)”; la sentenza non avrebbe valutato quanto emerso in primo grado riguardo all’attività professionale ed imprenditoriale svolta dagli istruttori al di fuori dall’associazione, per la quale gli stessi versavano regolare contribuzione, nonché della natura (subordinata o non) delle prestazioni rese dalle collaboratrici amministrative.
Col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1 comma 208”. Afferma che nel caso degli istruttori, già iscritti ad altra gestione INPS, l’iscrizione all’ex gestione ENPALS integrerebbe una doppia imposizione contributiva in aperta violazione di legge, atteso che il legislatore ha previsto che, in caso di svolgimento di varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria, i contribuenti s’iscrivono alla gestone assicurativa prevista per l’attività alla quale essi si dedicano personalmente in misura prevalente.
Col quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione dell’art. 112,115,116 c.p.c., – art. 2697 c.c., – art. 24 Cost.”; la ricorrente contesta l’omesso esame d’istanze istruttorie testimoniali proposte in primo grado e riproposte in appello, concernenti la natura subordinata o meno dell’attività prestata dalle collaboratrici e la natura principale/esclusiva o meno dell’attività degli istruttori; contesta altresì l’ammissione, da parte del Tribunale, di prove inammissibili per le quali era intervenuta la decadenza.
Il primo motivo è infondato.
La Corte d’appello nell’esprimersi a favore della tesi secondo cui l’associazione appellante persegue finalità commerciali – e non può essere definita dilettantistica – ha ritenuto di valorizzare l’art. 4 dei contratti stipulati con gli istruttori e prodotti dall’Inps in giudizio, ove si legge che, oltre a svolgere attività professionale, in capo a costoro gravava il divieto di opporsi a eventuali riprese televisive o interviste radiofoniche in occasione di manifestazioni organizzate da “partner promo pubblicitari per la palestra”, l’impegno ad indossare il materiale sportivo fornitogli dalla palestra e il divieto di svolgere attività di concorrenza con la palestra per un periodo di almeno due anni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Dal tenore letterale di tale clausola contrattuale la Corte d’appello ha ritenuto provata l’evidente finalità commerciale perseguita dall’associazione, con la conseguenza del venir meno del presupposto in base al quale l’associazione appellante pretendeva l’esenzione dalla contribuzione per i dipendenti.
Va ribadito preliminarmente che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito e che nel caso in esame la Corte territoriale, del tutto correttamente, ha ritenuto di valorizzare il dato letterale della disposizione contrattuale secondo cui l’entità degli obblighi posti a carico dei lavoratori conduceva ad escludere la natura dilettantistica dell’attività svolta dall’associazione sportiva “Palestra Verde”.
Nell’ambito del giudizio di legittimità, chi intende far valere la violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui all’art. 1362 c.c. e ss., è tenuto non solo a fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate, ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. In altri termini, la censura di violazione dei canoni ermeneutici non può risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente a quella accolta dalla sentenza impugnata (così Cass. n. 9461 del 2021).
Le doglianze della ricorrente, lette alla luce del richiamato principio di diritto, rivelano il limite di non aver dedotto come, l’accoglimento di soluzioni ermeneutiche alternative o l’attribuzione di un diverso rilievo alle condotte successive delle parti fossero idonei ad elidere quel dato letterale che il giudice del merito ha inteso valorizzare.
Il secondo e il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondati.
Sul piano del diritto positivo, la controversia concerne l’ambito di efficacia della disposizione dettata dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. m.), (T.U.I.R.), nel testo post riforma del 2004, di cui va valutata l’applicabilità al sistema previdenziale, in particolare stabilendo se la stessa norma sia applicabile o meno alla posizione previdenziale dei soggetti che svolgono attività di istruttori sportivi presso le società sportive dilettantistiche.
La disposizione, con riguardo all’ambito temporale qui d’interesse, va esaminata nel testo modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 253, a decorrere dal 1 gennaio 2005 ed in quello ancora modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 299, lett. a) e b), applicabile a decorrere dal 1 gennaio 2007.
Secondo tale disposizione, nella prima versione, sono redditi diversi “(…) se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente (…);
m): le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici”;
nella seconda versione, “m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche (e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici)”.
Va rilevato che, nonostante le modifiche, il testo in esame non consente di includere nell’area dei “redditi diversi” le somme percepite da coloro i quali svolgono professionalmente le attività cui le somme si riferiscono.
Ciò si desume chiaramente dall’incipit dell’art. 67 TUIR, che esclude a priori i redditi di capitale, quelli conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
Coerentemente con tale indicazione, è evidente che tali presupposti negativi devono sussistere anche là dove il soggetto percettore intervenga nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
In questa prospettiva, rileva, dunque, la verifica svolta “a monte”, in sede giudiziale, della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata esercitata.
Questa Corte, segnatamente in ambito tributario, ha, in più riprese, osservato come l’accertamento a tale riguardo condotto dal giudice di merito derivi non (tanto) dall’elemento formale della veste giuridica assunta (associazione e/o società sportiva dilettantistica) e dal corretto inserimento in statuto di tutte le clausole riguardanti la via associativa, quanto piuttosto dal requisito di natura sostanziale, ossia dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro e, quindi, da una operatività concreta conforme a quanto indicato nelle clausole dell’atto costitutivo e dello statuto, il cui onere probatorio ricade sulla parte contribuente, e non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto neutrale dell’affiliazione ad una federazione sportiva o al CONI (così sezioni tributarie Cass. n. 10393 del 2018; Cass. n. 23789 del 2016; Cass. n. 16449 del 2016; Cass. n. 2152 del 2020; negli stessi termini, Cass. sez. lav. n. 21535 del 2019 e n. 5904 del 2016 cit.).
Si tratta, per l’appunto, di un’ipotesi eccettuativa anche del generale obbligo di contribuzione connesso all’esercizio di attività compensate economicamente, di tal che spetta a chi ne invoca l’applicazione fornire allegazione e prova dei presupposti applicativi.
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha compiuto un accertamento di fatto circa la natura non dilettantistica dell’attività svolta dall’associazione sportiva “Palestra Verde”, escludendo che i dipendenti (Istruttori e collaboratrici amministrative) potessero rientrare nell’area di esenzione contributiva riservata dalla legge ai “redditi diversi”; a tal uopo la circostanza specificamente dedotta nel quarto motivo, secondo cui gli istruttori sarebbero soggetti a una doppia contribuzione, oltre che generica e priva di allegazioni, rimane contraddetta dalla declaratoria della sussistenza dell’obbligo contributivo in favore dei dipendenti in capo all’associazione sportiva svolgente attività a carattere professionale.
Il terzo motivo è inammissibile.
Il consolidato orientamento di legittimità vuole che nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, c.p.c., comma 5, (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 cit., art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – indichi le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (ex plurimis, cfr. Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 19001 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014).
Il quinto e ultimo motivo è parimenti inammissibile.
La contestazione circa la mancata ammissione di materiale probatorio da parte del giudice di merito solo apparentemente contesta una violazione di legge, là dove invera una richiesta di rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, inibita in sede di legittimità.
Va, pertanto, in proposito, data attuazione al costante orientamento di questa Corte, che reputa “…inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.” (cfr. ex multis, Cass. n. 18721 del 2018; Cass. n. 8758 del 2017).
In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
In considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Associazione sportiva dilettantistica Palestraverde” in liquidazione al rimborso delle spese di giudizio in favore dell’Inps, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 7.300,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, alla Pubblica Udienza, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022
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