LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25948-2017 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati GIUSEPPE MATANO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, ESTER ADA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO;
– ricorrenti –
contro
EIDOS A.S.D. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI, 43/B, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANFRONI, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE CASALI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 38/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 28/04/2017 R.G.N. 28/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/2021 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato ANTONINO SGROI;
udito l’avvocato ANDREA MANFRONI.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Ancona, a conferma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha dichiarato la nullità dell’avviso di addebito notificato dall’INPS alla società EIDOS ASD in liquidazione ed opposto dalla stessa, a titolo di versamento della residua parte (Euro 296,00) dei contributi previdenziali dovuti in favore dei collaboratori della palestra gestita dalla stessa società nel periodo maggio 2005 dicembre 2008, su una parte dei quali era intervenuto, in corso di giudizio, uno sgravio in sede di autotutela da parte dell’INPS.
La Corte territoriale ha accertato in fatto l’impossibilità di verificare nel merito la legittimità della (residua) pretesa creditoria dell’Istituto, in quanto il provvedimento di sgravio non conteneva né la causale dello stesso, né i contributi dei quali si pretendeva il pagamento così come i criteri in base ai quali era stata operata la riduzione.
La cassazione della sentenza è domandata dall’Inps, succeduto all’ENPALS D.L. n. 201 del 2011, ex art. 21, conv. in L. n. 214 del 2011, sulla base di tre motivi di ricorso.
La società EIDOS ASD in liquidazione ha depositato controricorso.
Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24”.
Sul presupposto della piena fondatezza del verbale di accertamento notificato alla società, il ricorrente sostiene che il giudice dell’appello avrebbe dovuto valutare comunque il merito della richiesta e non già limitarsi a dichiarare l’illegittimità del provvedimento ingiuntivo.
Col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.”.
La Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo d’impugnazione con cui l’Inps chiedeva l’accertamento del credito contributivo contenuto nel verbale di accertamento ENPALS del 26.02.2010; l’assorbimento di ogni altra questione prospettata dall’appellante, in virtù di una “irrituale” applicazione del criterio della “ragione più liquida”, avrebbe causato un error in procedendo per omessa pronuncia sul motivo d’appello dell’INPS concernente la fondatezza della pretesa.
Col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, artt. 3 e 4; del D.M. 15 marzo 2005, n. 17445, art. unico; del D.M. 15 marzo 2005, n. 17454, art. unico; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. m); del D.L. 30 dicembre 2008, art. 24, comma 5, conv.to con modificazioni nella L. 27 febbraio 2009, n. 14”.
L’istituto ricorrente chiarisce che dall’attività ispettiva era emersa la sussistenza dell’obbligo di contribuzione, da parte della società EIDOS ASD in liquidazione, in favore dei collaboratori della palestra gestita dalla società dilettantistica nel periodo 2005-2008.
Prospetta che il D.Lgs. Capo provvisorio dello Stato n. 708 del 1947, art. 3, ha imposto l’obbligo d’iscrizione all’ENPALS, fra gli altri, al n. 21), agli addetti agli impianti sportivi; inoltre, il medesimo art., al successivo comma 2, al primo periodo, e con disposizione di chiusura, ha rinviato a decreti ministeriali il compito di adeguare le categorie dei soggetti assicurati.
In tal modo, il decreto ministeriale n. 17445 del 2005 ha realizzato tale adeguamento ricomprendendo nell’ambito della tutela previdenziale anche “(…) 20) impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi”. Ancora, il D.M. 15 marzo 2005, n. 17454, aveva ridefinito i tre gruppi dello spettacolo obbligatoriamente soggetti all’iscrizione all’ENPALS includendovi i lavoratori ora citati.
A fronte di tale evidente imposizione dell’obbligo assicurativo, scaturente dalla legge e dai successivi decreti di adeguamento, ritiene l’INPS che una ipotetica eccezione intesa quale esenzione parziale od integrale, avrebbe dovuto essere esplicita e riferita immediatamente e direttamente al sistema previdenziale; tuttavia, tale esplicito riferimento manca nel disposto dell’art. 67 TUIR, comma 1 lett. m), trattandosi di disposizione che si limita a disciplinare l’individuazione dei redditi sui quali va pagata l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Rileva, ancora, il ricorrente, che quando il legislatore ha inteso innervare nella materia previdenziale gli aspetti fiscali, l’ha fatto esplicitamente, come nel caso del D.Lgs. n. 314 del 1997, per l’ipotesi del lavoro dipendente, e che l’irrilevanza del citato art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), emerge anche dalla peculiare diversa disciplina previdenziale dettata dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 70, per il lavoro accessorio, e dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 49, per il lavoro occasionale, che evidenziano la volontà della legge di dare copertura assicurativa anche alle più minute attività lavorative.
Il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente per logica connessione.
Essi sono infondati.
Il provvedimento gravato ha proceduto all’esame della domanda dell’INPS e ha deciso – in punto di fatto – che l’indeterminatezza della pretesa creditoria non consentiva di esaminarne la legittimità; che l’avviso di addebito rinviava per relationem a un verbale ispettivo dell’INPS (*****) non rinvenuto e forse inesistente; che l’avviso medesimo indicava solo genericamente la somma complessiva dei contributi dovuti, in relazione a ciascun anno d’imposta, senza contenere ulteriori specificazioni in merito alla quantificazione dei cd. contributi minori dovuti; che, infine, il provvedimento di sgravio assunto dall’ente in autotutela non indicava la ragione tecnico – giuridica dello sgravio, né in relazione a quale contributo e in base a quali criteri esso fosse stato concesso.
A fronte del predetto accertamento di fatto, questa Corte è chiamata dal ricorrente ad accertare se il giudice di merito sia incorso in “error in procedendo” e ad esercitare, a sua volta, i poteri di giudice del fatto, consistenti nell’esaminare direttamente gli atti di causa.
Va in proposito ribadito che non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, in sede di legittimità il giudice è impedito dal ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento qualora – come nel caso in esame – la parte ricorrente abbia omesso di indicare gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, nonché di illustrare la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito; tale omissione non consente, infatti, a questa Corte di verificare l’esistenza della pretesa secondo la prospettazione alternativa del ricorrente e quindi di provvedere (eventualmente) all’emenda dell’errore denunciato (per tutte, cfr. Sez. Un. 20181 del 2019).
Quanto alla critica circa l’asserito improprio utilizzo del criterio interpretativo della “ragione più liquida”, si rammenta che questa Corte ha affermato in molteplici arresti che detto principio consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, valorizzate dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (cfr. in tal senso, ex plurimis, Cass. n. 17214 del 2016; Cass. n. 23160 del 2015; Sez. n. 9936 del 2014; Cass. n. 12002 del 2014).
In ragione del non accoglimento dei primi due motivi di ricorso, il terzo rimane assorbito.
In definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
In considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Inps al rimborso delle spese di giudizio in favore della controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 600,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, alla Pubblica Udienza, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022