Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.110 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38296/2019 proposto da:

E.E., elettivamente domiciliato in Trento, piazza Cesare Battisti, n. 26, presso lo studio dell’avv. Maria Eugenia Lo Bello, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositata il 14/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.

RITENUTO

Che:

1. – E.E. è cittadino della Nigeria. Solo dalla lettura del decreto si ricostruisce il fatto storico che ha indotto il ricorrente a fuggire dalla Nigeria: sarebbe stato minacciato di morte dagli aderenti alla setta degli *****, qualora non vi avesse aderlto.

2. – Il Tribunale di Trento ha rigettato la richiesta di protezione internazionale ritenendo inverosimile il suo racconto ed escludendo situazioni di conflitto armato generalizzato in Ghana oltre che escludere ragioni sufficienti per la protezione umanitaria.

3. – Il ricorso è basato su un motivo. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso.

CONSIDERATO

Che:

5. – Il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata. Poiché il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti è inammissibile. Adde: Cass., Sez. Un. 22575 del 2019.

6. – Ad ogni modo, l’unico motivo di ricorso è di per sé insufficiente a contrastare la ratio della decisione impugnata.

In realtà, non contiene una specifica censura, se non quella generica di non aver fatto sufficiente ricorso ai poteri officiosi di valutazione del caso, meglio, della situazione del paese di origine, che avrebbero consentito di mettere in luce il ruolo delle sette religiose: ma non si dice perché tale riscontro doveva rendere credibile il racconto.

7. – Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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