Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1112 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32019-2020 proposto da:

TALETE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO, 25, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DI PIETRO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SANTA MARTA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NAZARIO SAURO 16, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PISTILLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO CATINI;

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 27, presso lo studio dell’avvocato TIZIANA CIOTOLA, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 427/2020 del TRIBUNALE di VITERBO, depositata il 03/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO

che:

1. Con atto notificato il 1 dicembre 2020 Talete s.p.a. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 427/2020 del Tribunale di Viterbo pubblicata il 3/04/2020. Con separati controricorsi resistono la Regione Lazio, nonché Santa Marta s.r.l..

2. Per quanto ancora rileva, la Società Santa Marta conveniva in giudizio, avanti al Giudice di Pace di Viterbo, la Talete s.p.a., quale gestore del Servizio Idrico Integrato, per sentirla condannare al risarcimento del danno subito a causa dell’inadempimento agli obblighi di legge relativi al contenimento della percentuale massima di arsenico nell’acqua potabile, per come richiesta dalle norme Europee e nazionali. La società Talete s.p.a., dopo la costituzione, veniva autorizzata a chiamare in giudizio la Regione Lazio per proporre domanda di manleva. Il Giudice di Pace rigettava la domanda in quanto non adeguatamente provata, non essendo stata depositata l’ordinanza sindacale del 28/12/2012 di sospensione del servizio idrico in violazione della quale Talete avrebbe continuato a somministrare acqua non potabile per la presenza di arsenico.

3. Avverso la pronuncia, la Santa Marta ha proposto appello dinanzi al Tribunale di Viterbo. Talete reiterava l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario; così anche la Regione Lazio riformulava il difetto di legittimazione passiva della Regione e, nel merito, l’infondatezza della domanda.

4. Il Tribunale di Viterbo ha accolto il gravame di Santa Marta, dopo avere dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario sulla questione, condannando la Talete s.p.a. al risarcimento del danno, equivalente a una diminuzione delle tariffe. Ha infine negato la propria giurisdizione sulla domanda di manleva di Talete nei confronti della Regione, giudicando la questione riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo ex art. 133 c.p.a..

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, la Talete s.p.a. denuncia “Difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario adito ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1”. Le domande attoree avrebbero comportato una riduzione del prezzo-tariffa stabilito in sede amministrativa per l’erogazione del servizio. Pertanto, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale di Viterbo, esse rientrerebbero nella giurisdizione del giudice amministrativo, essendo nei fatti dedotta l’omissione di atti amministrativi a correzione della tariffa e nella erogazione del servizio.

1.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, in quanto non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte, oramai consolidata in casi analoghi, nell’attestare la sussistenza della giurisdizione dell’AGO in materia concernente il risarcimento del danno derivato dalla inosservanza degli impegni assunti dalla società di erogazione dell’acqua potabile con l’utenza.

1.2. Il Tribunale di Viterbo ha rigettato l’eccezione di carenza di giurisdizione del G.O. sul solco della pronuncia delle Sezioni Unite n. 32780 del 19/12/2018, nonché di altri precedenti conformi, atteso che in tale ipotesi l’attività di programmazione o di organizzazione del servizio complessivo di fornitura di acqua posta in essere dalla P.A. costituisce solo il presupposto dell’esatto adempimento delle obbligazioni gravanti sul gestore in forza del rapporto privatistico con l’utenza.

1.3. Non coglie nel segno il ricorrente ove deduce che parte attrice abbia lamentato l’omissione di provvedimenti di riduzione della tariffa, sollevando con ciò una questione che coinvolgerebbe l’adozione di provvedimenti amministrativi e, dunque, la verifica della legittimità dell’azione autoritativa della P.A. Non si tratta, invero, di impugnazione della tariffa applicata agli utenti quale atto amministrativo, ma di richiesta di determinazione del danno provocato all’utente e, come chiarito dal giudice dell’appello e da questa Corte in analoghe fattispecie (SU 33209/2018 e SU 32780/2018,sopra citata), di una actio quanti minoris esperita dall’utente per la riduzione del prezzo del prodotto “viziato”.

1.4. Nella specie, l’attività di programmazione o di organizzazione del servizio complessivo di fornitura di acqua posta in essere dalla P.A. costituisce solo il presupposto del non esatto adempimento delle obbligazioni gravanti sul gestore in forza del rapporto individuale di utenza e della domanda, di natura esclusivamente risarcitoria, proposta dagli utenti, come già statuito in altre controversie, sovrapponibili alla presente, che vedevano quale parte convenuta la medesima odierna ricorrente -4- Ric. 2019 n. 35570 sez. SU – ud. 14-09-2021 (v, Cass. Sez. Un. 36897/2021; Cass., Sez. Un., 19/12/2018 n. 32780; Cass., Sez. Un., 21/12/2018, n. 33209; Cass., Sez. Terza, 18/09/2019, n. 23314). L’erogazione di acqua non conforme ai livelli di potabilità minimi costituisce, infatti, un inadempimento all’obbligazione, contrattualmente assunta, del gestore del servizio, imposta da norme di rango comunitario (Dir. CEE 3 novembre 1998, n. 83, art. 9) e nazionale (D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 31, art. 13, che della norma sovranazionale costituisce attuazione) ed attiene, quindi, unicamente al rapporto di utenza.

2. Con il secondo motivo si denuncia “Violazione del T.U. Ambiente, artt. 141 e ss. (D.Lgs. n. 152 del 2006), del D.Lgs. n. 31 del 2001, artt. 9, 12 e 13 (“Attuazione della Dir. 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”) e della O.P.C.M. n. 3921 del 2011, rapportati all’art. 1218 c.c., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 3". La sentenza viene impugnata nella parte in cui, nel dichiarare il difetto di giurisdizione del’A.G.O. in ordine alla domanda di manleva proposta dalla Talete s.p.a. nei confronti della Regione (e dell’Autorità d’Ambito ATO n. 1 – Lazio Nord – Viterbo, domanda poi rinunciata con sua estromissione dal giudizio), ha ritenuto che il rapporto Talete e l’ente regionale sia di natura amministrativa.

3. Con il terzo motivo si denuncia “Omesso esame di un fatto circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 5”. Il Tribunale avrebbe omesso di valutare la normativa richiamata nel precedente motivo di ricorso e i documenti offerti in ordine al ruolo-chiave dell’Ente Regionale. Da tali atti emergerebbe che l’intervento della Regione a mezzo della gestione – diretta o a mezzo di soggetti privati delegati a seguito di bando di gara – di parte delle fasi del S.I.I. in via emergenziale, come da normativa di settore vigente, implicherebbe l’impossibilità per la Talete di intervenire sull’acqua erogata e, quindi, la renderebbe esposta a inadempimento contrattuale, con la conseguenza che essa dovrebbe essere manlevata dalla Regione.

3.1. Il secondo e terzo motivo vanno trattati congiuntamente in quanto collegati alla medesima questione di giurisdizione, negata dall’AGO.

3.2. Il secondo motivo è fondato con assorbimento del terzo.

3.3. Il Tribunale ha affermato, con plurime argomentazioni, nonché il richiamo a varie pronunce di questa Corte, la carenza di giurisdizione dell’AGO in quanto la domanda non si fonda su un rapporto privatistico, ma attiene alla contestazione della modalità e correttezza dell’esercizio del potere amministrativo da parte della regione Lazio, non sussistendo un rapporto privatistico tra la società e il gestore del S.I.I. Pertanto, ha rilevato la sussistenza della giurisdizione, sul punto, del G.A. ex art. 133 cod. proc. amm., con conseguente dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario limitatamente alla domanda di manleva proposta, non potendo in tal caso operare il principio di connessione (citando opportunamente Cass., Sez. U, n. 3508/2003, n. 7447/2008 e n. 21070/2019). Per altra via ha statuito la carenza di legittimazione passiva della Regione Lazio in relazione alla domanda di manleva.

3.4. Va però evidenziato che la domanda di garanzia impropria proposta dal Gestore verso l’Ente altro non è che il riflesso della domanda risarcitoria rivolta contro il Gestore stesso e sulla quale, come già affermato, sussiste la giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria. Non può, pertanto, pervenirsi a diverse conclusioni per la domanda accessoria, rispetto a quella principale (Cass., Sez. Un., 33209/2018 già cit., p. 6 e 7).

3.5. Tanto si ricava da Cass. Sez. U. n. 36897 del 26 novembre 2021 che, pronunciandosi proprio su questa questione, e sostanzialmente riconsiderando i precedenti in proposito, ha affermato che la giurisdizione sulla domanda di garanzia formulata dal gestore del servizio di erogazione delle acque nei confronti dell’ente pubblico che sovrintende su tale servizio spetta al giudice ordinario, quale riflesso della giurisdizione sulla domanda principale.

4. Conclusivamente il ricorso va accolto quanto al secondo motivo, assorbito il terzo e dichiarato inammissibile il primo; per l’effetto rinvia al tribunale di Tivoli, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso quanto al secondo motivo, dichiarato inammissibile il primo e assorbito il terzo; per l’effetto rinvia al tribunale di Tivoli, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, in sede di riconvocazione, nella Camera di consiglio della sezione sesta – sotto sezione terza civile, il 17 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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