LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al n. 18448/2021 R.G., proposto da:
E.S., rappresentata e difesa dall’avv. Federico Dalla Verità e dall’avv. Michele Petrella, elettivamente domiciliati in Roma, alla Via degli Scipioni n. 281, presso l’avv. Andrea Colantoni.
– ricorrente –
contro
E.R. E E.D..
– intimati –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Ravenna, pubblicata in data 31.5.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 3.12.2021 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore Generale Giovanni Giacalone, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
FATTI DI CAUSA E MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Il tribunale di Ravenna, pronunciando nella causa proposta da E.S., avente ad oggetto la domanda di divisione ereditaria dell’asse della madre B.C. e la declaratoria di simulazione e nullità della vendita di pacchetti azionari effettuata dalla de cuius in favore del figlio R., in quanto dissimulante donazioni nulle per vizio di forma, ha sospeso il processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c., rilevando che altra sentenza, resa dalla Corte d’appello di Bologna n. 2757/2020 e impugnata in cassazione, conteneva statuizioni su questioni pregiudiziali rispetto alla presente causa.
Il giudizio asseritamente pregiudicante aveva ad oggetto la domanda di E.S. volta ad ottenere la divisione giudiziale dell’asse di E.D., padre dell’attrice, nei confronti dei germani R. e D. e della madre B.C., nonché sulla domande di simulazione degli atti con cui il de cuius aveva apparentemente alienato al figlio R. taluni pacchetti azionari, poi rivenduti a terzi per il prezzo di Euro 320.000.000.
La cassazione dell’ordinanza è chiesta da E.S. con ricorso in quattro motivi.
R. e D. Errani sono rimasti intimati.
In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 50 bis c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando che la sospensione sia stata illegittimamente disposta con provvedimento del giudice monocratico, pur essendo la causa a decisione collegiale.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., censurando il provvedimento per vizio di motivazione, sull’assunto che il tribunale si sarebbe limitato a dichiarare che tra le due cause sussisteva un vincolo di pregiudizialità, senza esplicitare le ragioni della decisione.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 295 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che tra i due giudizi non sussisteva alcun rapporto di pregiudizialità, riguardando essi la divisione di due diversi assi ereditari e l’impugnazione di atti di donazione del tutto distinti.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 337 c.p.c., comma 2, sostenendo che, non essendo la sentenza della Corte d’appello di Bologna – relativa alla causa pregiudicante – passata in giudicato, era preclusa la possibilità di disporre la sospensione del presente giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c..
2. Il primo motivo è infondato.
L’art. 50 bis c.p.c., elencando i casi in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, espressamente include (comma 1, n. 6) le cause di impugnative dei testamenti e di lesione delle quote di legittima.
Non vi sono quindi comprese le cause di divisione giudiziale e le domande di accertamento della simulazione di atti inter vivos compiuti dal de cuius (Cass. 4245/2010).
La sospensione del presente giudizio è stata quindi correttamente adottata dal giudice monocratico, non essendo la causa ricompresa tra quelle a decisione collegiale a pena di nullità.
3. Va esaminato con priorità il terzo motivo di ricorso, che è fondato per le ragioni che seguono.
Il tribunale, pur dando atto che la causa pregiudicante non era stata definita con sentenza passata in giudicato, pendendo a quella data il giudizio per cassazione, ha ordinato comunque la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ravvisando un rapporto di pregiudizialità necessaria tra l’oggetto di questa causa e le questioni esaminate nella pronuncia di appello.
Secondo il costante orientamento di questa Corte (da ultimo ribadito da Cass. s.u. 21763/2021), in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336 c.p.c., comma 2.
Qualora il giudice abbia provveduto ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il relativo provvedimento è illegittimo e deve essere annullato, ferma restando la possibilità, da parte del giudice di merito dinanzi al quale il giudizio andrà riassunto, di un nuovo e motivato provvedimento di sospensione, ai sensi della norma correttamente applicabile (Cass. 17936/2018; Cass. 13823/2016; Cass. 10027/2012; Cass. 375/201313; Cass. 13035/20139).
Il tribunale, avendo invece ritenuto sussistente un’ipotesi di sospensione obbligatoria ex art. 295 c.p.c., senza tener conto che il giudizio pregiudicante era stato definito con sentenza non passata in giudicato, è incorso nella violazione denunciata, con conseguente illegittimità della pronuncia.
Le altre censure sono assorbite.
E’ – perciò – accolto il terzo motivo di ricorso, è respinto il primo e sono assorbiti il secondo ed il quarto.
Il provvedimento è cassato in relazione al motivo accolto, con rimessione delle parti dinanzi al Tribunale di Ravenna, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione, e con concessione del termine di gg. 60 per la riassunzione, con decorrenza dalla comunicazione del presente provvedimento.
PQM
accoglie il terzo motivo di ricorso, respinge il primo e dichiara assorbiti il secondo ed il quarto, cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rimette le parti dinanzi al tribunale di Ravenna, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità, con riassunzione nel termine di gg. 60, decorrente dalla comunicazione della presente ordinanza.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022