Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1125 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Anttonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1591-2021 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. PAULUCCI DE’ CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato PIERO SANDULLI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente-

contro

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato LUCA SEMPRONI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BENEDETTA PALOMBO;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 3148/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2021 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

M.L. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi contro sentenza della Corte d’appello di Roma, che, nella causa derivante dalla successione del comune genitore M.G. (iniziata dal M.R. contro la sorella M.L.), ha riconosciuto che alcuni spostamenti di denaro, effettuati dal padre in favore della figlia M.L., costituivano donazioni di cui occorreva tenere conto nella ricostruzione dell’asse ereditario.

M.R. ha resistito con controricorso.

La causa è stata fissata dinanzi alla sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza del ricorso.

Il primo motivo è inammissibile. La Corte d’appello, una volta accertato che il trasferimento delle somme dal conto del de cuius a quella della figlia, ha riconosciuto, in assenza di prova di una specifica causa giustificativa dello spostamento patrimoniale, che esso costituiva donazione dal padre alla figlia; secondo Corte d’appello la circostanza che, sul conto della figlia, il padre avesse la delega ad operare non elideva il fatto che le somme fossero state acquisite dal titolare del conto di destinazione.

A tale ricostruzione, con il primo motivo, la ricorrente obietta che l’esistenza della delega voleva dire che il de cuius aveva conservato la possibilità di disporre dell’importo, che, perciò, non poteva essere considerato oggetto di donazione in favore della intestataria del conto. Si richiama in proposito la nozione di donazione indiretta, che e’, in questo caso, ravvisata nella esistenza della delega. Fatto è che la ricostruzione operata dalla Corte d’appello non rileva errori logici o giuridici. L’esistenza della delega, di per sé, non vuol dire che le somme non fossero definitivamente uscite dal patrimonio del de cuius, né vuol dire che il delegato potesse disporne liberamente, come se di trattasse di denaro proprio; né tanto meno l’esistenza delle delega può considerarsi quale donazione indiretta del titolare del conto in favore del soggetto delegato. E’ inammissibile anche il secondo motivo. La Corte d’appello ha ritenuto che, in presenza di un ordine di bonifico impartito dal de cuius in favore della figlia, sene potesse presumere l’esecuzione da parte della banca, pur in assenza di prova specifica dell’accredito. Essa ha posto l’accento sul fatto che le somme, oggetto dell’ordine di bonifico, erano presenti sul conto.

In tale ricostruzione, inammissibilmente, la ricorrente ravvisa una violazione dell’art. 2697 c.c., sotto il profilo dell’attribuzione dell’onere della prova a parte diversa da quella gravata. La corte di merito, infatti, non ha esentato dall’onere della prova la parte gravata, ma ha ritenuto che la prova fosse stata raggiunta. Il ragionamento presuntivo seguito dalla corte d’appello non incorre in alcun vizio logico, essendo pertanto incensurabile in questa sede.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 26 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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