Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1139 del 14/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28557/2016 proposto da:

S.A., S.D., SA.AR., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato GIAMMARIA CAMICI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO SANESI, TOMMASO MARCELLO TARTONI;

– ricorrenti –

e contro

CONDOMINIO *****;

– intimati –

avverso la sentenza n. 616/2016 del TRIBUNALE di LIVORNO, depositata il 10/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

FATTI DI CAUSA

1. Il Giudice di Pace di Cecina, su ricorso del condominio *****, emetteva decreto ingiuntivo con il quale ingiungeva ad S.A., Ar. e D. il pagamento di Euro 1504 a titolo di spettanze da loro dovute quali comproprietari dell’immobile sito nel complesso condominiale in *****, giusto rendiconto consuntivo e relativa ripartizione approvato dall’assemblea condominiale del 4 settembre 2011.

Gli ingiunti sopra indicati proponevano opposizione. Il Giudice di Pace di Cecina respingeva l’opposizione rilevando che le delibere assembleari di costituzione del condominio e quelle successive che avevano approvato il consuntivo posto alla base della pretesa monitoria non erano nulle. Peraltro, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo l’unico elemento rilevante era quello attinente alla perdurante esistenza di efficacia delle delibere che, nella specie, sussisteva, non essendo state impugnate nel termine di cui all’art. 1137 c.c..

2. S.A., Ar. e D. proponevano appello avverso la suddetta sentenza.

3. Il Tribunale di Livorno dichiarava inammissibile l’appello ex art. 342 c.p.c..

In particolare il giudice del gravame, richiamata la giurisprudenza in materia, evidenziava che dalla lettura dell’atto di appello emergeva che lo stesso non conteneva i quattro elementi necessari per superare il vaglio di ammissibilità, il profilo volitivo ovvero l’indicazione delle parti della sentenza impugnata, il profilo argomentativo ovvero l’indicazione delle modifiche che dovrebbero essere portate al provvedimento, il profilo censorio cioè l’indicazione delle ragioni della violazione, il profilo di causalità ovvero la giustificazione del rapporto causa-effetto fra la violazione dedotta e l’esito della lite.

L’elemento centrale della motivazione della sentenza del giudice di pace era rappresentato dall’affermazione secondo la quale il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di contributi condominiali deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle delibere assembleari senza poter sindacare la loro validità. Tale principio giurisprudenziale doveva ritenersi consolidato, in particolare con riferimento alla vincolatività delle delibere rispetto alla loro validità e doveva essere fatta valere in via separata con l’impugnazione ex art. 1137 c.c..

Nell’appello non si riscontrava alcuna critica a tale affermazione e alle ragioni per le quali si doveva ritenere erronea.

Peraltro, con motivazione resa espressamente ad abundantiam, tale giurisprudenza doveva confermarsi, in quanto non erano state impugnate le delibere che la parte attrice asseriva essere nulle e quella di riparto delle spese del 4 settembre 2011 poste alla base dell’emissione del decreto ingiuntivo e tenuto conto che quelli prospettati erano vizi di annullabilità e non di nullità. Di conseguenza, l’appello ove non inammissibile, sarebbe stato infondato.

La questione attinente al parziale pagamento prima dell’emissione del decreto ingiuntivo di parte della somma ingiunta non poteva essere esaminata in quanto proposta solo con la comparsa conclusionale e non oggetto di appello.

4. S.A., Ar. e D. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.

5. Il condominio ***** è rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c..

A parere del ricorrente l’appello proposto superava il vaglio di ammissibilità essendo individuate in modo chiaro ed esauriente: le parti della sentenza che si intendeva impugnare, in particolare la reiezione della domanda di opposizione con la conferma del decreto opposto; le motivazioni poste a base della sentenza impugnata che si riteneva di censurare; l’indicazione delle modifiche che avrebbero dovuto essere apportate al provvedimento con riguardo alla ricostruzione del fatto.

In particolare, sotto il profilo volitivo l’appellante aveva indicato i capi della sentenza da appellare, sotto il profilo argomentativo aveva indicato tutti i fatti travisati o ignorati dal giudice dell’opposizione. Sotto il profilo censorio aveva chiaramente esposto la ragione della violazione delle norme sostanziali del codice civile sul condominio, inteso come costituzione e funzionamento del medesimo e delle norme procedurali del codice procedura civile, contestando sia la legittimità dell’ingiunzione intesa come mancanza di legittimazione attiva alla procedura monitoria dell’inesistente condominio ***** e del sedicente amministratore, sia la necessità di annullare il decreto illegittimo, essendo stato pagato per più della metà il preteso credito azionato.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia error in procedendo. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Il credito ingiunto era stato pagato per oltre la metà dell’importo già prima dell’emanazione del decreto ovvero tra la richiesta e la sua emissione. Il giudice di appello non avrebbe considerato l’eccezione del pagamento, che era fondamentale ed assorbente ogni altra e il suo accoglimento avrebbe dovuto portare alla revoca del decreto. Ancor prima ed indipendentemente dalla questione sulla sindacabilità o meno in sede di opposizione delle deliberazioni condominiali i ricorrenti avevano chiesto la revoca del decreto per l’inesistenza del preteso credito e tale questione era prevalente ed assorbente. Il venir meno del preteso credito ne determinava l’incertezza o l’inesigibilità, determinando un illegittimo procedimento monitorio in violazione degli artt. 633 e 641 c.p.c..

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 1123 c.c..

Il credito ingiunto era relativo ad una struttura di un settore di un edificio (tetto 1) che non sarebbe di proprietà, o di pertinenza condominiale comune alla proprietà dei ricorrenti, sicché il pagamento non sarebbe dovuto. Il consulente tecnico, in applicazione dell’art. 1123 c.c., dopo aver analizzato la struttura del fabbricato condominiale e il relativo stato dei luoghi, aveva accertato che le spese concernevano un settore degli immobili condominiali dal quale i ricorrenti non traevano alcuna utilità.

Il giudice di pace e quello d’appello avrebbero confermato il decreto invece di revocarlo, omettendo la verifica di quanto dedotto.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 1137 c.c. e dell’art. 645 c.p.c., nullità del procedimento.

Il giudice d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che in sede di opposizione a decreto ingiuntivo non sia possibile esaminare la validità delle delibere assembleari non impugnate ex art. 1137 c.c..

Il ricorrente, invece, aveva dedotto anche la nullità delle medesime delibere come spiegato al successivo quinto motivo.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione delle norme regolatrici del codice civile relativamente al condominio degli edifici: art. 1117 c.c., e in particolare art. 1118 c.c. (Diritto sulle cose comuni), nonché costituzione del condominio inteso come particolare entità giuridica di gestione costituibile dai proprietari (art. 61 e 62 disp. att. c.c.) nei limiti in cui essa è riconosciuta, compresa la formazione dell’amministrazione condominiale con conseguente inesistenza, illegittimità, carenza di poteri della medesima e nullità degli atti di tale amministrazione e dei conseguenti collegati, in particolare la costituzione, l’effettuazione e le delibere delle assemblee affette peraltro nel caso specifico da vizi di nullità anche indipendentemente dai vizi di nullità della costituzione dell’amministrazione condominiale.

Il ricorrente, nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo aveva dedotto l’irregolare costituzione del condominio, trattandosi di un condominio facoltativo la cui costituzione può avvenire solo all’unanimità, trattandosi di tre corpi di fabbrica corrispondenti ai tetti nn. 1, 2 e 3, che danno vita a un supercondominio.

Le assemblee tenute sarebbero tutte travolte dalla nullità o inesistenza dell’amministrazione condominiale e, addirittura, dalla mancanza di veridicità quanto alla convocazione e partecipazione di tutti i condomini. Pertanto, doveva essere considerata la nullità delle decisioni assembleari derivanti dalla carenza di legittimazione da parte dell’amministratore di richiedere le spese.

6. I motivi primo, terzo, quarto e quinto, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono in parte inammissibili, in parte infondati.

Con il primo motivo il ricorrente afferma di aver riproposto in appello le ragioni della violazione delle norme del codice civile sul condominio, inteso come costituzione e funzionamento del medesimo, ma tale affermazione è del tutto generica e priva di ogni riscontro, mancando l’indicazione di un effettivo vizio di nullità della Delibera condominiale sulla quale si fondava il decreto ingiuntivo opposto. Il ricorrente, in altri termini, nel ricorso per cassazione ha indicato solo genericamente di aver dedotto nel giudizio di merito dei vizi di nullità, peraltro, non riferibili direttamente alla Delibera sulla quale si fondava il decreto opposto, ma ad altre non precisate delibere condominiali compresa quella di costituzione del condominio. Risulta del tutto evidente l’inammissibile genericità di una tale prospettazione, non supportata da alcun elemento concreto e con un evidente errore circa la possibilità di costituire il condominio facoltativo solo all’unanimità.

Il ricorrente, dunque, avrebbe dovuto indicare in modo specifico i vizi di nullità dedotti nel corso del giudizio, mentre sia con il ricorso in cassazione che con l’atto di appello ha prospettato, senza alcun riferimento concreto, solo dei presunti vizi relativi alle delibere di costituzione del condominio e alle convocazioni delle assemblee e alle maggioranze espresse dalle delibere (in particolare vedi appello a pag. 5 e ricorso per cassazione a pag. 11, 18, 19 e 20).

D’altra parte, oltre alla evidente inammissibilità delle censure proposte, stante il mancato riferimento a concreti elementi invalidanti, la stessa astratta e generica prospettazione del ricorrente con riferimento alla Delibera oggetto del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è comunque riconducibile solo a presunti vizi di annullabilità non dedotti in via di azione nei termini previsti. Deve in proposito richiamarsi la più recente giurisprudenza delle sezioni unite di questa Corte che ha chiarito che: “Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137 c.c., comma 2, nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento” (Sez. U., Sent. n. 9839 del 2021).

Il Giudice di Pace, in primo grado, e il Tribunale, in appello, hanno fatto esplicito riferimento al fatto che il ricorrente avesse dedotto solo vizi comportanti l’eventuale annullabilità della Delibera e non vizi di nullità e non risulta in alcun modo che il ricorrente abbia impugnato la suddetta Delibera nel termine perentorio previsto dall’art. 1137 c.c., comma 2.

Pertanto, correttamente, il Tribunale di Livorno ha ritenuto inammissibile l’appello per mancata deduzione di vizi di nullità, dovendosi ritenere vizi di annullabilità quelli relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, alle maggioranze inferiori a quelle prescritte dalla legge o dal regolamento condominiale, ai vizi formali, alla violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea o in violazione della necessità di una maggioranza qualificata (pag. 5 sentenza impugnata).

Anche su questo punto la sentenza è conforme all’orientamento espresso dalle Sezioni Unite sopra citate che hanno chiarito che nel valutare se il vizio della Delibera dedotto in sede di opposizione a decreto ingiuntivo sia di nullità (deducibile in via di eccezione e rilevabile d’ufficio) o di annullabilità (deducibile in via di azione entro i termini prescritti), va tenuto presente che la categoria della annullabilità è stata elevata a “regola generale” della invalidità delle deliberazioni assembleari, e che la nullità invece è stata confinata nell’area della residualità e della eccezionalità.

Il ricorrente, pertanto, con i motivi in esame non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata e ripropone in via del tutto generica dei presunti vizi di annullabilità della Delibera che non ha mai fatto valere in via di azione nel termine previsto dall’art. 1137 c.c., secondo quanto sopra specificato.

7. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Il ricorrente lamenta un’omessa pronuncia o un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione ad un presunto pagamento parziale della somma ingiunta.

La censura è smentita dalla sentenza impugnata ove si legge a pag. 5 che la questione del pagamento parziale della somma ingiunta è stata ritenuta inammissibile dalla Corte d’Appello perché non proposta con l’atto di appello ma solo con la comparsa conclusionale. Il ricorrente non coglie tale ratio decidendi e non censura tale statuizione di inammissibilità. In altri termini con il motivo non si deduce né che la domanda (o eccezione di pagamento) era proponibile anche con la comparsa conclusionale, né che la stessa era stata invece proposta anche nel giudizio di primo grado o con l’atto di appello.

8. Il ricorso è rigettato. Nulla sulle spese non essendosi costituito il condominio intimato.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2022

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