Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.114 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21701/2017 proposto da:

Alba 90 S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Belsiana n. 100, presso lo studio dell’avvocato Marsili Massimiliano, rappresentata e difesa dagli avvocati Boccagna Roberto, Lamberti Egidio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Enel S.p.a., E-Distribuzione S.p.a. (già Enel Distribuzione s.p.a.) Enel Factor S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Via Nicolò Porpora n. 16, presso lo studio dell’avvocato Mole’ Marcello, che le rappresenta e difende unitamente agli avvocati Quici Emanuela, Szemere Riccardo, giuste procure in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1043/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/12/2021 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1043/2017, depositata in data 16/2/2017, ha respinto, all’esito di consulenza tecnica d’ufficio, la domanda proposta, con citazione del 2010, dinanzi alla Corte d’appello in unico grado L. n. 287 del 1990, ex art. 33, dalla Alba 90 srl in liquidazione (società operante dal 1996 nel settore speciale dell’energia elettrica, lavori e impiantistica, svolgendo prevalentemente (ma non in via esclusiva), a partire dal 2003, attività in favore di Enel sulla base di contratti di appalto stipulati, a seguito di gara ed aggiudicazione, con Enel Distribuzione, risolti tutti nel 2008), nei confronti di Enel spa, Enel Distribuzione spa e di Enel Factor spa, per sentire accertare l’illecito per abuso di posizione dominante posto in essere, L. n. 287 del 1990, ex art. 3, dalla convenuta, con imposizione di prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravosi, consistenti nell’eliminazione di compensi dovuti, lavori contrattualmente non previsti, applicazione di penali, obbligo inerente la cessione delle fatture emesse solo a favore di Enel Factor a tassi fuori mercato, previsione di somme esigue per oneri di sicurezza, con condanna della stessa al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 20.990.000,00 ovvero in quella diversa ritenuta di giustizia.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che: a) era inammissibile il giuramento decisorio, deferito da Alba 90, all’udienza del 24/9/2012, e reiterato all’udienza del 25/5/2016, avente ad oggetto l’esistenza di una posizione dominante di Enel nel settore della realizzazione e manutenzione delle linee MT/BT finalizzate al vettoriamento di energia, stante l’inidoneità della formula: sia perché dava per presupposta l’esistenza stessa di un mercato rilevante nei termini prospettati dall’attrice, sia perché vertente non su fatti storici riferibili al giurante ma su valutazioni tecniche; b) in ordine al mercato rilevante, individuato dalla Corte d’appello in quello “della costruzione di reti aeree e sotterranee, esecuzione opere civili e posa di cavi sotterranei finalizzate esclusivamente al vettoriamento di energia elettrica nella zona macrosud”, non limitatamente ai soli rapporti contrattuali inter partes, come prospettato dall’attrice (il che avrebbe rilevato semmai al fine della sussistenza di un abuso di dipendenza economica, sanzionato dalla L. n. 1998 del 1992, art. 9, esulante dall’ambito della competenza in unico grado della Corte d’appello e dalla domanda proposta in giudizio), il consulente tecnico d’ufficio aveva compiutamente escluso che esso rappresentasse effettivamente un “mercato rilevante” sia perché l’area geografica doveva individuarsi in quella nazionale sia perché, sotto l’aspetto della sostituibilità del prodotto, dal lato della domanda e da quello dell’offerta, Alba 90 avrebbe potuto rivolgere la propria offerta ad altri operatori dello stesso settore di Enel Distribuzione, i quali, pur di dimensione più piccola, sarebbero stati in grado di saturare l’intera capacità produttiva della società, e avrebbe potuto rivolgere la propria proposta ad altri settori, che tendenzialmente richiedono un grado inferiore di specializzazione rispetto a quello necessario al settore dell’energia elettrica (acqua, fognature, telecomunicazioni); c) con riferimento quindi al mercato nazionale, in concreto individuabile, della costruzione di reti di esecuzione di opere civili e di posa in opera di cavi sotterranei, non esclusivamente finalizzato al vettoriamento di energia, ma esteso al più ampio settore delle reti in genere, quindi anche al settore della rete del comparto telecomunicazioni e idrico, la quota di mercato di Enel era stata stimata nel 5,67%, con conseguente assenza di una posizione dominante in capo a Enel Distribuzione; d) la consulenza tecnica d’ufficio era completa ed esaustiva, senza necessità di un supplemento peritale.

Avverso la suddetta pronuncia, la Alba 90 srl in liquidazione propone ricorso per cassazione, notificato il 15/9/2017, affidato a tre motivi, nei confronti di Enel spa (che resiste con controricorso, notificato, a mezzo del servizio postale – dopo un primo tentativo del 25/10/2017, non andato a buon fine, per trasferimento dello studio del domiciliatario di parte ricorrente – il 16-17/11/2017). Entrambe le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 2736 e 2739 c.c. e artt. 112 e 116 c.p.c., in relazione alla ritenuta inammissibilità del giuramento decisorio deferito dalla Alba 90 ai legali rappresentanti delle società convenute; b) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, e art. 360 c.p.c., n. 3, art. 2697 c.c., artt. 112,116 c.p.c., art. 19, parte 1, comma 2, TUE, art. 47, comma 1 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e 2 e 15 del Reg. CE 1/2003 e della L. n. 287 del 1990, art. 14, nonché l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo oggetto di discussione, per non avere il Tribunale accolto l’istanza di parte attrice Alba 90 di incaricare il consulente tecnico d’ufficio di acquisire la documentazione necessaria e per non avere la Corte di merito accolto l’istanza di integrazione della CTU; c) con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, art. 697 c.c., artt. 112 e 116 c.p.c., nonché la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per non avere la Corte d’appello motivato su tutte le censure mosse dal CTP di Alba 90 alla relazione peritale depositata.

2. In memoria, la ricorrente ha eccepito la tardività della notifica del controricorso.

L’eccezione è infondata.

Effettivamente, il controricorso è stato notificato da Enel ad Alba ‘90 tardivamente, il 16-17/11/2017, in quanto la prima notifica, tempestiva, a mezzo del servizio postale, con consegna dell’atto all’ufficiale postale nell’ultimo giorno utile del 25/10/217, non era andata a buon fine, avendo il difensore-domiciliatario trasferito il proprio studio professionale e domicilio (peraltro, quello indicato dalla stessa ricorrente con il ricorso per cassazione).

Tale fatto però deve essere adeguatamente valutato e non rifluisce in una fattispecie simile a quella sanzionata da questa Corte (Cass. 16040/2015) la quale ha affermato che “va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione notificato tempestivamente presso il precedente indirizzo del difensore della controparte nonostante la conoscenza o conoscibilità dell’intervenuto trasferimento dello studio (nella specie, risultante dagli atti difensivi e dalla corrispondenza posteriore), non potendosi applicare il principio secondo il quale è legittima la ripresa del procedimento notificatorio in esito all’insuccesso di un precedente tentativo di notificazione, che postula la non imputabilità al richiedente della mancata esecuzione della precedente notificazione”.

Infatti le Sezioni Unite (Cass. 14594/2016) hanno chiarito che, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, la ripresa o riattivazione del processo notificatorio, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve essere attuata “con immediatezza” e “senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (cfr. Cass. 15056/2018, per un’applicazione della pronuncia delle Sezioni Unite in ipotesi di trasferimento del difensore domiciliatario della parte destinataria della notifica).

Ora, nel caso si specie, il mancato buon fine della prima delle due notificazioni non è imputabile alla parte notificante, considerato che essa veniva effettuata al domicilio indicato nello stesso ricorso per cassazione dalla destinataria della notifica.

Ne’ la scelta di una delle possibili modalità di notificazione dell’atto (quella, al domicilio fisico del destinatario, a cura del difensore ex L. n. 53 del 1994, ed a mezzo del servizio postale), in luogo di altra (quella secondo modalità telematica) può comportare una valutazione negativa apprezzabile come condotta negligente imputabile al notificante.

3. La prima censura è inammissibile.

Anzitutto perché nel motivo, che difetta di chiarezza e specificità, non vengono ritrascritti i capi formulati all’udienza del 29/4/2012, che, nelle conclusioni dell’udienza del 25/5/2016 (integralmente riprodotte nell’epigrafe della sentenza qui impugnata), venivano meramente richiamati, senza una loro piena riproduzione tanto da rendere comprensibile le richieste, ma si riproduce, a pagg. 8 e 9 una formula di giuramento decisorio, che sarebbe stata direttamente articolata all’udienza di precisazione delle conclusioni del 2016, ed a pagg. 10 – 11 – 12 – 13 – 14 – 15 altra formula, ben più ampia, di giuramento decisorio, che sarebbe stata deferito con memoria istruttoria, ex art. 183 c.p.c. del 2011, cosicché non è dato comprendere a quale formulazione di giuramento la parte ricorrente intendeva ed intenda riferirsi.

Inoltre, la doglianza risulta del tutto generica, a fronte della specifica valutazione operata dalla Corte di merito in ordine al fatto che i capitoli (tutti) non vertevano su fatti storici riferibili ai legali rappresentanti delle società convenute (ossia i giuranti) e coinvolgevano valutazioni tecniche, perciò incompatibili con il mezzo istruttorio.

In ogni caso, la valutazione operata dalla Corte di merito è conforme al consolidato orientamento di questo giudice di legittimità.

Invero, proprio perché verteva su circostanze non riferibili direttamente al giurante, gli attuali legali rappresentanti delle società del Gruppo Enel, il giuramento era da intendersi formulato “de scientia”, e tuttavia, secondo quanto ritenuto dalla Corte territoriale, concerneva la “verità” dei fatti e non la (semplice) “conoscenza” di essi da parte della persona chiamata a rendere il giuramento e correttamente il giuramento è stato dichiarato inammissibile dalla Corte territoriale, dopo aver rilevato che la sua formulazione non faceva riferimento sempre a circostanze di fatto delle quali il giurante ne fosse stato l’autore o che comunque fossero state da lui conosciute perché direttamente percepite e che, pertanto, il mezzo istruttorio avrebbe potuto essere deferito solo nella forma “de scientia” (Cass. n. 5789/1998; Cass. 21080/2005).

Inoltre, gran parte dei capitoli vertevano su giudizi o apprezzamenti tecnici (in primis, sulla stessa esistenza di un mercato rilevante e di una posizione dominante di Enel) e non su di un fatto personale della parte a cui era stato deferito o dalla stessa conosciuto come fatto altrui.

Ora, in generale, questa Corte ha chiarito che “la formula del giuramento decisorio – attese le finalità di questo speciale mezzo di prova – deve essere tale che, a seguito della prestazione del giuramento stesso, altro non resta al giudice che verificare ran iuratum sit”, onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto”, cosicché “la valutazione (positiva o negativa) della decisorietà della formula del giuramento è rimessa all’apprezzamento del giudice del merito, il cui giudizio circa l’idoneità della formula a definire la lite è sindacabile in sede di legittimità con esclusivo riferimento alla sussistenza di vizi logici o giuridici attinenti all’apprezzamento espresso dal predetto giudice” (Cass. 24025/2009; Cass. 9831/2014).

Nella specie, la decisione sul punto è motivata ed immune da vizi giuridici.

4. La seconda censura è inammissibile.

Con essa la ricorrente si duole del mancato accoglimento della propria istanza di integrazione della CTU, previa acquisizione di documentazione.

Ora, il richiamo generico all’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., nonché ad altre norme di rilievo Eurounitario, risulta inconferente giacché quel che viene in discussione è unicamente il modo in cui la corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si è trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della corte territoriale, che il riferimento alla documentazione prodotta rende adeguatamente motivata.

Il vizio motivazionale non è poi articolato secondo l’art. 360 c.p.c., n. 5, attuale formulazione, in quanto non si deduce quale sarebbe il fatto storico decisivo il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte di merito.

In realtà la Corte di merito ha esaminato la richiesta, respingendola, ritenendo esaustivo l’accertamento peritale, che aveva anzitutto dato risposta negativa ai primi due questi dell’incarico peritale, essendosi esclusa l’esistenza di un mercato rilevante dell’esecuzione dei lavori di scavo e manutenzione degli impianti a rete finalizzati al vettoriamento dell’energia elettrica nell’area Macro-sud e tanto meno di una posizione dominante di Enel spa o di altra società del Gruppo Enel e pure risposto anche al terzo quesito, riguardante l’accertamento delle presunte condotte abusive realizzate da Enel nell’esecuzione dei contratti di appalto indicati dall’attrice, escludendone la ricorrenza. Nella specie, l’acquisizione di ulteriore documentazione (essenzialmente volta a dimostrare le offerte presentate da Alba 90 per ogni contratto per confrontarle con i prezzi stabiliti contrattualmente ed altra documentazione attinente all’esecuzione dei contratti di appalto o dei rapporti con il factor) è stata ritenuta non necessaria, a fronte dell’accertamento dell’insussistenza di una posizione dominante di Enel, posta a base dell’illecito antitrust dedotto in giudizio.

Va qui ribadito che “rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta, non sussistendo la necessità, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perché incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione” (Cass. 21525/2011).

5. Anche il terzo motivo è inammissibile.

Con esso si denuncia un vizio di carenza assoluta di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, su tutte le critiche mosse dalla società Alba 90 alla CTU.

Orbene, la motivazione non può dirsi assente, atteso che la Corte di merito ha fatto menzione alle stesse contestazioni nel corpo motivazionale della decisione, deducendo che il consulente aveva dato congrua risposta (ad es. sull’estensione geografica del mercato rilevante in esame) ovvero rilevando che la Alba 90 non aveva formulato alcuna richiesta di esibizione di documenti, considerato che, anche nell’ipotesi di ammissione di una consulenza c.d. percipiente, le parti non potevano sottrarsi all’onere probatorio su di esse gravante, ovvero non esaminando critiche e questioni attinenti agli abusi presunti di posizione dominante, ritenute infondate, avendo essa preliminarmente accertato, sulla base della consulenza, che non sussisteva proprio una posizione dominante di Enel nel mercato di riferimento, come riqualificato. Altre doglianze e critiche, quali il mancato esercizio da parte del consulente di tutti i poteri di indagini, risultano palesemente inammissibili per genericità.

Va ricordato, a conclusione di queste osservazioni, che questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 22232/2016) ha chiarito che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”. (conf. Cass. 13977/2019) 6. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, sostenute dal controricorrente nel presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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