Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1155 del 17/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6110/2019 proposto da:

P.M.G., P.S., P.L., P.G., S.A., rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO CARBONI, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del medesimo, in ALGHERO, VIA GENOVA 10;

– ricorrenti –

contro

D.F.F., PU.GI., C.V., rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONELLO PAIS, ed elettivamente domiciliati presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;

P.P., V.A.A., P.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ORIOLO ROMANO, 69, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO GARGALLO DI CASTEL LENTINI, rappresentati e difesi dall’avvocato STEFANO CARBONI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 530/2018 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI, SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 28/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/06/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

RILEVATO

che:

espletato un complesso accertamento tecnico preventivo in relazione a problemi di ristagno di acque nei loro terreni, P.S. (usufuttuario), P.M.G., L. e G. (nude proprietarie) e S.A. (proprietario esclusivo) convennero in giudizio P.P., V.A.A. ed P.E. (l’ultimo quale nudo proprietario e i primi due in veste di usufruttuari) chiedendo che venissero condannati al ripristino della pendenza dei loro terreni (che assumevano modificata per effetto dello spargimento dei materiali di scavo in occasione della realizzazione di tre edifici) e dell’originario piano di campagna, con ripulitura del preesistente canale di raccolta delle acque, nonché al pagamento delle somme necessarie per le opere di bonifica, al risarcimento dei danni e al rimborso delle spese sostenute;

gli attori convennero in giudizio anche D.F.F., Pu.Gi. e C.A., in qualità di acquirenti di una parte dei terreni trasformati dai convenuti, onde rendere opponibile la futura sentenza nei loro confronti;

in corso di causa, P.S., G. e L. proposero ricorso ex art. 700 c.p.c., chiedendo che venissero resi provvedimenti urgenti per consentire il deflusso delle acque meteoriche; accolto il ricorso, seguirono un procedimento ex art. 612 c.p.c. e l’attuazione ai sensi dell’art. 669 duodecies c.p.c.;

definendo il giudizio, il Tribunale di Sassari accolse le domande attoree condannando i convenuti C., Pu. e D.F., “e per loro” P.P., P.E. e V.A.A., a realizzare un canale di scolo delle acque e a risarcire i danni patiti dagli attori; condannò, infine, i convenuti P. e V. al pagamento delle spese di lite;

avverso la sentenza proposero appello gli originari attori (al fine di conseguire il risarcimento di ulteriori danni e il rimborso delle spese dell’a.t.p., del procedimento ex art. 700 c.p.c. e di quello di esecuzione in forma specifica); i convenuti P. e V. proposero appello incidentale, chiedendo la riforma della sentenza con rigetto integrale delle domande attoree; un ulteriore appello incidentale venne proposto dai convenuti D.F., C. e Pu., che chiesero la riforma integrale della sentenza e, in subordine, di essere manlevati da P.P. ed E. e dalla V..

La Corte di Appello di Cagliari, Sezione Distaccata di Sassari ha accolto l’appello incidentale di P.P., P.E. e V.A.A. riformando integralmente la sentenza impugnata e rigettando tutte le richieste degli attori, con condanna di questi al pagamento delle spese di lite in favore delle altre parti;

la Corte ha osservato, fra l’altro, che:

“la modificazione dello stato dei luoghi imputabile ai P. – V. (…) non ha trovato riscontro negli accertamenti peritali; anzi l’assunto risulta essere stato chiaramente smentito dagli esiti delle consulenze tecniche del geom. Ca.Gi.Ba. e del Dott. geologo Pr.Ca. redatte in sede di ATP”;

“dalla relazione descrittiva delle canalette di scolo (…) non emerge (…) alcuna riduzione della sezione e neppure un innalzamento dell’alveo (causato dal materiale di risulta) così come allegato dagli originari attori”;

elementi “dirimenti e chiarificatori anche di questi aspetti si traggono dalla perizia del Dott. Geologo Pr.Ca. il quale, attraverso carotaggi e rilievi stratigrafici nei terreni per cui è causa, ha chiaramente escluso (…) che nei lotti dei P. – V. – in particolare nel canale di scolo (…) fosse riversato materiale di risulta (…) proveniente da scavi dei lavori di costruzione dei fabbricati; l’indagine del lotto ha pure escluso un aumento di quota del piano di campagna e l’interramento del canale di scolo”;

“i suddetti riscontri oggettivi non si pongono in contrasto con gli esiti della perizia del Dott. agronomo c. che, come da incarico, era mirata alla sola individuazione e determinazione dei danni derivati ai terreni e colture dal ristagno delle acque”;

dall’esame della documentazione fotografica storica (a partire dall’anno 1954), si traeva la prova che “ancor prima dell’anno 2001 ossia prima dell’avvio dei lavori di costruzione dei fabbricati nei terreni di P.P., P.E. e V.A.A. – il sistema delle canalizzazioni per lo scolo delle acque, esistente nei luoghi di causa sin dal 1954, non era rimasto inalterato avendo subito modifiche nei terreni degli originari attori, né verosimilmente efficiente essendo svilito dalla scarsa manutenzione per la presenza di siepi e in ragione dei normali cambiamenti dei flussi delle acque conseguenti alla realizzazione di costruzioni nei fondi avvenute nei terreni degli originari attori anteriormente al 2001”;

“in conclusione dall’istruttoria complessiva non è emersa prova certa di una diretta correlazione tra gli allagamenti dei terreni di proprietà attorea e l’esecuzione nel 2001 dei lavori di costruzione dei fabbricati da parte di P.P., P.E. e V.A.A., dovendosi escludere che siano stati detti lavori ad avere comportato una modificazione dello stato dei luoghi, essendo rimasto privo di riscontro il dedotto innalzamento del piano di campagna nei lotti di P.P., così come il dedotto interramento e occlusione del tratto finale del canale di scolo, ovvero la restrizione della sezione, prova di cui era rigorosamente onerata la parte odierna appellante”;

hanno proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi, P.S., M.G., L. e G. e S.A.; ad esso hanno resistito P.P., P.E. e V.A.A., nonché, con distinto controricorso, D.F.F., C.V. e Pu.Gi.;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.;

i ricorrenti hanno depositato memoria; entrambe le parti controricorrenti hanno depositato note meramente riproduttive delle rispettive conclusioni.

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, i ricorrenti denunciano “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti con riferimento all’omessa e/o errata considerazione delle risultanze peritali contenute nelle relazioni depositate dal c.t.u. geom. Ca., Dott. c. e per parte Dott. Pr. – art. 360, n. 3 e n. 5, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., ed in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6”;

assumono che la Corte “ha omesso ogni valutazione sugli atti innanzi indicati pervenendo a conclusioni illogiche e contraddittorie rispetto agli accertamenti peritali innanzi richiamati, così ritenendo non provata la diretta relazione tra le edificazioni effettuate da P.P., V.A.A. e P.E. nei terreni originariamente di loro proprietà per parte successivamente alienati al M. e ai sigg. D.F., C. e Pu.”;

in particolare, lamentano che la Corte ha omesso di considerare “le assolutamente diverse conclusioni a cui sono pervenuti i consulenti” ed evidenziano che la consistenza dei danni era desumibile dalle “relazioni del per. Agr. Z. per le colture e i reimpianti e del geom. P. per il fabbricato esistente”, rispetto alle quali non era stata svolta alcuna specifica contestazione (risultando pertanto applicabile il principio di non contestazione di cui a Cass., S.U. n. 761/2001 e al testo novellato dell’art. 115 c.p.c.); aggiungono che lo spargimento del materiale di risulta degli scavi constava “anche dalla dichiarazione resa dal P.P. nel contesto della relazione agronomica presentata al Comune di Alghero a corredo della pratica edilizia” e che dagli “accertamenti riversati nella relazione di perizia eseguita dal geom. Ca. nella fase procedimentale ex art. 612 c.p.c.” era emerso – che le operazioni di rimozione del materiale di scavo dalla parte terminale del canale, la ripulitura dello stesso, il corretto dimensionamento della caditoia e la ripresa della cunetta sulla strada comunale “hanno consentito il corretto deflusso delle acque meteoriche talché da allora non si è verificato alcun altro episodio di allagamento”;

il motivo è inammissibile, in quanto:

e’ svolto senza ottemperare alla prescrizione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non essendo state localizzate le relazioni richiamate dai ricorrenti; identico rilievo deve farsi per gli atti da cui sarebbe desumibile il difetto di specifiche contestazioni;

per di più, il motivo non individua singoli fatti decisivi, principali o secondari, di cui sarebbe stato omesso l’esame, ma lamenta una complessiva erronea lettura delle risultanze peritali finalizzata a sollecitare una rinnovazione degli accertamenti di merito in senso favorevole agli assunti degli originari attori;

la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non risulta dedotta in conformità ai parametri individuati da Cass., S.U. n. 16598/2016 e da Cass. n. 11892/2016: infatti, un’eventuale erronea valutazione del materiale istruttorio non determina, di per sé, la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che ricorre solo allorché si deduca che il giudice di merito abbia posto alla base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso (valutandole secondo il suo prudente apprezzamento) delle prove legali oppure abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. Cass. n. 27000/2016);

il secondo motivo denuncia “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti con riferimento all’eccezione di ultrapetizione formulata dagli appellati ed appellanti incidentali D.F., C. e Pu. – art. 360, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. ed in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6”;

i ricorrenti rilevano che “la condanna in solido di tutti i convenuti al risarcimento del danno è stata disposta autonomamente dal primo giudice di merito seppure la relativa domanda sia stata indirizzata esclusivamente nei confronti di P.P., P.E. e V.A.A. talché gli odierni ricorrenti hanno ribadito nel procedimento di secondo grado di non volersi opporre alla decisione in riforma che escluda gli appellanti incidentali D.F., C. e Pu. dalla responsabilità per danni rilevati seppure parzialmente dal primo giudice, ove dovese essere ravvisata l’ultrapetizione”;

il motivo è inammissibile, in quanto:

viola l’art. 366 c.p.c., n. 6, quanto alla localizzazione degli atti su cui si fonda e risulta, inoltre, del tutto generico quando all’indicazione del come la questione che si dice correlata al giudizio di primo grado fosse stata prospettata in appello;

ciò non consente di comprendere il senso della doglianza e di individuare l’attualità dell’interesse a trattare una questione di ultrapetizione che poteva concernere la sentenza di primo, ma non anche quella di appello che, avendo rigettato la domanda attorea, non ha reiterato la condanna nei confronti della D.F., della C. e del Pu.;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite liquidate, per ciascuna parte controricorrente, in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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