LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 22280/2019 proposto da:
R. GESTIONI S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, Via di Santa Costanza 13, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA CAVALLARO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFANO CIANCI;
– ricorrente –
contro
FLOMM S.R.L., IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in Roma, Via Silvio Pellico 24, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VALVO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO ROMEI;
– controricorrente –
e contro
LA FORMICA SOC.COOP. A R.L., elettivamente domiciliata in ROMA, Via Nicola Ricciotti 11, presso lo studio dell’avvocato DINO COSTANZA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO POSTIGLIONE;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
INPS, in proprio e quale procuratore speciale della SCIP – SOCIETA’
DI CARTOLARIZZAZIONE DEGLI IMMOBILI PUBBLICI, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare Beccaria 29, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CIPRIANI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE FIORENTINO;
– controricorrente –
e contro
B.M.; UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A. quale società
incorporante la MILANO ASSICURAZIONI S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1307/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 12/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/10/2021 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.
RILEVATO
Che:
con sentenza resa in data 12/6/2018, la Corte d’appello di Firenze, per quel che rileva in questa sede, ha confermato la decisione con la quale giudice di primo grado ha condannato la R. Gestioni s.p.a., la Formica s.c.a r.l. e B.M., al risarcimento dei danni subiti dalla Flomm s.r.l. in liquidazione (già Florence Mart s.c.a.r.l.) a seguito di un incendio in conseguenza del quale erano rimasti distrutti i beni ivi depositati dalla società originaria attrice;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva riconosciuto la responsabilità della R. Gestioni s.p.a. in relazione al fatto dannoso dedotto in giudizio dalla Flomm s.r.l., avendo la R. Gestioni s.p.a. assunto l’effettiva custodia dell’immobile investito dall’incendio, ai sensi dell’art. 2051 c.c., a seguito dell’incarico gestorio contrattualmente assunto dall’ente proprietario (Inps succeduto ad Inpdap);
allo stesso modo, il giudice d’appello ha confermato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva riconosciuto la responsabilità della Formica s.c.a r.l. in relazione ai danni denunciati dalla Flomm s.r.l., avendo assunto in custodia i beni di quest’ultima società, senza provvedere alla diligente esecuzione delle conseguenti obbligazioni contratte a titolo di deposito;
avverso la sentenza d’appello, la R. Gestioni s.p.a. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
la Formica s.c.a r.l. resiste con controricorso proponendo, a sua volta, ricorso incidentale affidato a tre motivi d’impugnazione;
la Flomm s.r.l. in liquidazione e l’Inps resistono separatamente a ciascuna impugnazione, mediante il deposito di due distinti controricorsi ciascuno;
la R. Gestioni s.p.a. resiste con controricorso all’impugnazione incidentale della Formica s.c.a r.l.;
nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;
la R. Gestioni s.p.a., la Formica s.c.a r.l. e la Flomm s.r.l. in liquidazione, hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
Che:
con il primo motivo del ricorso principale, la R. Gestioni s.p.a. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1372 e 2051 c.c., nonché per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte d’appello erroneamente attribuito, alle pattuizioni contrattuali intercorse tra l’ente allora proprietario dell’immobile investito dall’incendio (l’Inpdap, successivamente sostituito dall’Inps) e la R. Gestioni s.p.a., un’inammissibile efficacia esterna (verso terzi) a fini extracontrattuali, essendo piuttosto emerso come, a seguito di detti accordi intercorsi con l’Inpdap, fosse mancata alcuna concreta assunzione, da parte della R. Gestioni s.p.a., di effettivi poteri di controllo e di gestione dell’immobile de quo, con la conseguente impossibile predicabilità, in capo all’odierna ricorrente, della qualità di custode ai sensi dell’art. 2051 c.c.; e ciò, tanto per avere la R. Gestioni s.p.a. espressamente condizionato l’assunzione della propria custodia dell’immobile (nei confronti dell’ente proprietario) alla verifica tecnica delle condizioni manutentive dello stesso, quanto per essere rimasto detto immobile nella materiale disponibilità di altri soggetti, in qualità di conduttori;
il motivo e’, in parte, inammissibile, da un diverso punto di vista infondato;
dev’essere preliminarmente rilevata l’inammissibilità della censura avanzata dalla società ricorrente principale, là dove s’intenda leggerla alla stregua di una denuncia dell’erronea interpretazione, da parte del giudice d’appello, dei contenuti dell’accordo intercorso tra l’ente proprietario e la R. Gestioni s.p.a. (con particolare riguardo al rinvenimento di un effettivo trasferimento di poteri di controllo e di gestione in capo alla società appaltatrice dei servizi), avendo l’odierna società ricorrente del tutto omesso di evidenziare i modi attraverso i quali il giudice di merito si sarebbe posto in contrasto con i canoni legali di ermeneutica negoziale dallo stesso eventualmente violati;
al riguardo, varrà sottolineare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione degli atti negoziali deve ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3;
in tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata chiede d’essere necessariamente dedotta con la specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti, in una mera proposta reinterpretativa in dissenso rispetto all’interpretazione censurata; operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003, Rv. 568253);
nel caso di specie, l’odierna società ricorrente si è limitata ad affermare, in modo inammissibilmente apodittico, l’erroneità della lettura dell’atto negoziale in esame da parte dei giudici di merito, orientando l’argomentazione critica rivolta nei confronti dell’interpretazione della corte territoriale, non già attraverso la prospettazione di un’obiettiva violazione dei canoni legali di ermeneutica negoziale, bensì attraverso l’indicazione degli aspetti della ritenuta non condivisibilità della lettura interpretativa criticata, rispetto a quella ritenuta preferibile, in tal modo travalicando i limiti propri del vizio della violazione di legge (ex art. 360 c.p.c., n. 3) attraverso la sollecitazione della corte di legittimità alla rinnovazione di una non consentita valutazione di merito;
sotto altro profilo, dev’essere rilevata la palese infondatezza della censura avanzata dalla società ricorrente in ordine alla pretesa violazione, da parte dei giudici del merito, dell’art. 1372 c.c. (nella misura in cui questi ultimi avrebbero conferito efficacia extracontrattuale all’accordo tra l’ente proprietario e la società di gestione), poiché, non già di efficacia extracontrattuale dell’accordo ebbe a trattarsi, bensì dell’individuazione, tra i contenuti di quell’accordo, della fonte giuridica di quei poteri che, proprio in ragione della conclusione del negozio, valsero a individuare, in capo alla società di gestione, l’identificazione della figura del custode rilevante ai sensi dell’art. 2051 c.c.;
ciò posto, una volta acclarata (sul piano della ricostruzione in iure) la sussistenza di quell’effettivo trasferimento negoziale di poteri di controllo e di gestione in capo all’odierna ricorrente, trova applicazione, al caso di specie, il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (cui la corte d’appello risulta essersi correttamente allineata) ai sensi del quale, in tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa, che comporti il potere-dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 15096 del 17/06/2013, Rv. 626957 – 01);
in forza di tali premesse, devono ritenersi del tutto indifferenti, ai fini dell’assunzione della qualità di custode sensi dell’art. 2051 c.c., le circostanze invocate dalla R. Gestioni s.p.a. in questa sede, dovendo ritenersi del tutto irrilevanti, tanto la subordinazione dell’eventuale assunzione dei poteri di gestione di controllo alla verifica tecnica dedotta in ricorso (poiché il termine temporale trimestrale per l’espletamento di detta verifica – cfr. pag. 18 del ricorso – risulterebbero rapidamente esauriti, senza che l’odierna ricorrente abbia mai dimostrato – né in alcun modo allegato in questa sede – l’esito impeditivo di detta verifica, ai fini dell’assunzione dei poteri di controllo e di gestione in esame), quanto l’eventuale sussistenza di un contratto di locazione dell’immobile de quo, avendo i giudici di merito pacificamente accertato (al di là della pacifica estraneità della responsabilità del conduttore, ai sensi dell’art. 2051, per gli impianti relativi all’immobile locato: cfr. Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015, Rv. 637554 – 01) che l’incendio ebbe a verificarsi per effetto delle attività svolte da una ditta appaltatrice incaricata proprio dalla R. Gestioni s.p.a. che, dunque, in qualità di committente, ebbe a conservare tutti i poteri di controllo e di vigilanza propri del custode, quale figura rilevante ai sensi dell’art. 2051 c.c. (cfr. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16609 del 11/06/2021; Sez. 3, Sentenza n. 7553 del 17/03/2021, Rv. 660915 – 01);
con il secondo motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione del D.M. 16 febbraio 1982 e del D.P.R. n. 37 del 1998, artt. 1-5 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare come gli obblighi di riparazione e manutenzione degli impianti antincendio esistenti all’interno dell’immobile in cui ebbe a verificarsi l’evento dannoso, nonché i doveri di formazione del personale impiegato per l’utilizzazione di tali impianti, non incombessero affatto sulla R. Gestioni s.p.a., bensì esclusivamente a carico della Formica s.c.a r.l. che, in detto immobile, esercitava l’attività pericolosa di deposito merci, senza alcun obbligo concorrente o alternativo dell’odierna società ricorrente;
con il terzo motivo, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1655 c.c., D.M. 10 marzo 1998, all. II, art. 2.8 in tema di “criteri di sicurezza antincendio lavori di manutenzione e ristrutturazione”, nonché per falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente sottratto alla sfera di autonomia dell’appaltatore l’obbligo della concreta ricognizione delle cautele da adottare nell’esecuzione dell’intervento di impermeabilizzazione a mezzo di fiamma libera (nella specie identificato come causa dell’incendio), senza considerare che dette cautele erano da ritenersi poste a carico esclusivamente dell’impresa esecutrice dei lavori e non già a carico della committente, con la conseguente erroneità dell’individuazione di un nesso di causalità tra le omissioni imputate alla R. Gestioni s.p.a. e il verificarsi dell’incendio per cui è causa;
entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili, non avendo la società ricorrente colto la ratio della decisione impugnata;
sul punto, varrà richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, Rv. 579564 – 01);
nella specie, essendosi la corte territoriale limitata (nell’accertare la responsabilità dell’odierna società ricorrente principale) a fare applicazione dell’art. 2051 c.c. (in ordine all’individuazione, in capo alla stessa, della qualità di custode), e ad escludere che il ruolo della conduttrice o il comportamento dell’appaltatore fossero valsi, nel caso di specie, a interrompere il nesso di causalità tra cosa e danno, l’odierna censura della società ricorrente, nel riproporre le questioni relative all’incidenza, degli obblighi di controllo delle fonti di pericolo di incendio, in capo ad altri soggetti, dimostra di non essersi punto confrontata con la decisione impugnata, con la conseguente inammissibilità della censura per le specifiche ragioni in precedenza indicate;
con il primo motivo del ricorso incidentale, la Formica s.c.a r.l. si duole della nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su un motivo di gravame, ovvero di un’eccezione introdotta in corso di causa, nonché per violazione degli artt. 194 e 698 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale deciso la controversia sulla base di circostanze ed elementi di prova non ritualmente acquisiti al giudizio, essendo stati assunti dal c.t.u. da un’altra relazione tecnica svoltasi (circa le modalità con le quali la Formica s.c.a r.l. avrebbe stivato la merce della società danneggiata) in seno a un procedimento di accertamento tecnico preventivo al quale, né il c.t.u., né l’odierna società ricorrente incidentale avevano preso parte;
il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza o di decisività;
osserva sul punto il Collegio come la corte territoriale – al di là (e indipendentemente) delle modalità con le quali la Formica s.c.a.r.l. ebbe a stivare la merce alla stessa consegnata, a fini di custodia, dalla società danneggiata – abbia in ogni caso sottolineato la responsabilità della società depositaria nell’aver provveduto alla custodia di detta merce in un luogo in relazione al quale i pericoli di incendio dovevano ritenersi pienamente prevedibili in ragione delle pessime circostanze di manutenzione dell’immobile (circostanze espressamente evidenziate in sentenza: pag. 12 della sentenza impugnata); circostanze di fatto (quelle riferite alla prevedibilità dei rischi di incendio connessi alla custodia della merce all’interno di un immobile in pessime condizioni di manutenzione) che l’odierna società ricorrente risulta aver totalmente omesso di considerare in chiave critica;
con il secondo motivo, la ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2562 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente attribuito alla Formica s.c.a.r.l. la responsabilità per la propagazione dell’incendio, fondandolo sulla premessa dell’avvenuta conclusione di un contratto di affitto tra la stessa società e la Sita Firenze s.r.l., senza tener conto dell’impossibilità, in capo alla Formica s.c.a.r.l. (quale affittuaria), di modificare la destinazione dei beni e degli impianti ricevuti dal concedente, potendo unicamente limitarsi alle sole ordinarie riparazioni;
il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza o di decisività;
osserva il Collegio come la corte territoriale abbia attestato la responsabilità della Formica s.c.a r.l. per i danni originariamente denunciati dalla società attrice, non già sul presupposto dell’omessa manutenzione, da parte della stessa, dell’immobile all’interno del quale ebbe a conservare la merce alla stessa consegnata, bensì ragione della mancata attivazione della stessa (anche nei confronti della società di gestione o di quella proprietaria dell’immobile) al fine di rendere sicuro e immune da rischi il luogo in cui la stessa ebbe a decidere di ricoverare (in modo evidentemente azzardato) i beni alla stessa affidati dalla Flomm s.r.l.;
deve ritenersi pertanto radicalmente inammissibile la censura in esame, avendo la ricorrente incidentale totalmente trascurato di articolare alcuna specifica doglianza in relazione all’indicata ratio decidendi;
con il terzo motivo, la ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2051 e 1768 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’incidenza determinante, ai fini della produzione dell’evento dannoso dedotto in giudizio, del comportamento dell’impresa B. e della mala gestio della R. Gestioni s.p.a.: fattori di per sé idonei a integrare gli estremi di un caso fortuito suscettibile di precludere il riconoscimento della responsabilità della Formica s.c.a r.l., tanto ai sensi dell’art. 2051 c.c., quanto in relazione agli obblighi previsti dalla legge a carico del depositario;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come la corte territoriale abbia espressamente e analiticamente indicato le circostanze di fatto suscettibili di evidenziare l’assoluta prevedibilità delle potenzialità di danno connesse al cattivo stato di manutenzione dell’immobile prescelto dalla Formica s.c.a r.l. per la custodia dei beni alla stessa affidati dalla Flomm s.r.l., argomentando in modo logicamente congruo e giuridicamente corretto le ragioni per cui il comportamento dell’impresa B. e quello della R. Gestioni s.p.a. non valsero in alcun modo a integrare gli estremi di quel caso fortuito (di per sé totalmente imprevedibile e inevitabile, per definizione) idoneo a spezzare, con riguardo al ruolo della Formica s.c.a.r.l., il nesso di causalità rilevante, tanto ai sensi dell’art. 2051 c.c., quanto secondo la disciplina positiva del contratto di deposito;
ciò posto, varrà rilevare come, attraverso la proposizione del motivo in esame, la ricorrente incidentale – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate – si sia limitata ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente la stessa nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;
nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierna società ricorrente incidentale deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
da questa prospettiva, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza del corso principale e l’inammissibilità del ricorso incidentale, dev’essere pronunciato il rigetto del primo e dichiarata l’inammissibilità del secondo;
la reciprocità della soccombenza vale a giustificare l’integrale compensazione delle spese della lite tra la R. Gestioni s.p.a. e la Formica s.c.a.r.l.;
entrambe le società ricorrenti devono essere viceversa condannate al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente (Flomm s.r.l. in liquidazione e Inps), delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;
dev’essere, infine attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i due ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Dichiara integralmente compensate le spese della lite tra la R. Gestioni s.p.a. e la Formica s.c.a.r.l..
Condanna la R. Gestioni s.p.a. al rimborso, in favore della Flomm s.r.l. in liquidazione e dell’Inps, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuna parte controricorrente, in complessivi Euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Condanna la Formica s.c.a.r.l. al rimborso, in favore della Flomm s.r.l. in liquidazione e dell’Inps, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuna parte controricorrente, in complessivi Euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022
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