Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.1164 del 17/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di Sez. –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17772/2019 R.G. proposto da:

B.R., L.R.R., S.V., P.G., E M.G.L., rappresentati e difesi dall’avv. Giunio Luigi Massa, ed elettivamente domiciliati presso il suo domicilio digitale giunio.massa.pec.avvocatilucca.it;

– ricorrenti –

contro

BANCO BPM S.P.A., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Mercanti, dall’avv. Matteo Simeone Deboni, e dall’avv. Carlo D’Errico, presso lo studio del quale, in Roma, via Tommaso Salvini, 55, è

elettivamente domiciliata;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

MA.MA.LE., C.G., CURATELA DELL’EREDITA’

GIACENTE DI R.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2841 della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, depositata il 6/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI;

lette le conclusioni motivate scritte (D.L. n. 137 del 2020, ex art.

23, comma 8-bis) del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VITIELLO Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

letta la memoria presentata dai ricorrenti.

FATTI DI CAUSA

B.R., L.R.R., S.V., Ma.Ma.Le., C.G. e L.G. procedevano a espropriazione forzata dei crediti vantati da R.A. nei confronti di Banco Popolare s.c. (già Banca Popolare di Novara).

Innanzi al giudice dell’esecuzione di Lucca il terzo pignorato rendeva dichiarazione negativa e i creditori instauravano il giudizio per l’accertamento dell’obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c. (ratione temporis applicabile), nel corso del quale la banca eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva per avere ceduto ad altro istituto di credito (a norma dell’art. 58 T.U.L.B.) l’agenzia di Lucca, presso la quale era stato acceso il rapporto oggetto di pignoramento.

Il Tribunale di Lucca, con sentenza n. 1831 del 26/11/2014, dichiarava l’inesistenza delle procure rilasciate da Ma.Ma.Le. e L.G. e la nullità delle procure conferite da B.R., L.R.R., S.V. e C.G. all’Avv. M.G.L. e, di conseguenza, pronunciava l’inammissibilità dell’azione intrapresa e condannava il difensore in proprio, unitamente a B., L.R., S. e C., a rifondere le spese di lite sostenute da Banco Popolare.

Proponevano appello Ma.Ma.Le., B.R., L.R.R., S.V., C.G., Pa.Gi. e G. (quali eredi di L.G.) e l’Avv. M.G.L. in proprio; con la sentenza n. 2841 del 6/12/2018 la Corte d’appello di Firenze riformava parzialmente la decisione di primo grado, eliminando la condanna dell’Avv. M. e, compensate le spese tra quest’ultimo e la banca, respingeva per il resto l’impugnazione condannando gli altri appellanti alla rifusione delle spese del grado.

Avverso tale decisione B.R., L.R.R., S.V., P.G. (anche quale erede di Pa.Gi., oltre che di L.G.) e, in proprio, l’Avv. M.G.L. hanno proposto ricorso per cassazione, fondato su cinque motivi.

Banco BPM S.p.A. (già Banco Popolare s.c.) ha resistito con controricorso, contenente un ricorso incidentale condizionato basato su tre motivi.

Per la trattazione della controversia è stata fissata l’udienza pubblica del 14 ottobre 2021; il ricorso è stato trattato e deciso in Camera di consiglio – in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, successivamente prorogato dal D.L. n. 105 del 2021, art. 7, comma 1, convertito dalla L. n. 126 del 2021 – senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati avanzato richiesta di discussione orale.

Il Pubblico Ministero ha presentato conclusioni motivate scritte, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58 (T.U.L.B.), per avere la Corte di merito escluso il difetto di interesse ad agire in capo ai creditori per essere stati precedentemente ceduti a Credito Emiliano S.p.A., in forza della suddetta disposizione, i rapporti oggetto di pignoramento; sostengono i ricorrenti che il rapporto pignorato, già estinto da sette anni, non potesse formare oggetto di cessione.

Il motivo è inammissibile.

Infatti, la censura è svolta con modalità irrispettose dell’art. 366 c.p.c.: i ricorrenti fanno riferimento all’avvenuta estinzione dei rapporti (da tale Rag. Bu. su incarico del giudice dell’esecuzione di Lucca) sette anni prima della cessione ex art. 58 T.U.L.B. nell’ambito (pare di comprendere dalla confusa illustrazione) di una procedura esecutiva precedente e si domandando chi fosse il soggetto debitore degli interessi (asseritamente non accreditati); senonché, nell’esposizione si omette qualsivoglia elemento per comprendere la critica svolta e, segnatamente, la ragione per cui i rapporti dovevano reputarsi già estinti al momento della cessione, a quali interessi (e per quali rapporti creditori) si riferisca la doglianza, il ruolo svolto dal predetto Bu., il momento in cui la questione della pregressa estinzione (o quella del mancato accreditamento degli interessi) era stata introdotta nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo.

In altre parole, la richiesta rivolta a questa Corte di affermazione del principio secondo cui l’applicabilità dell’art. 58 T.U.L.B. va esclusa rispetto ai rapporti già estinti è del tutto sfornita delle coordinate necessarie a collocarlo nell’ambito della controversia de qua.

Inoltre, la censura non attinge la ratio decidendi della decisione impugnata, la quale ha ravvisato un difetto di interesse degli appellanti a conseguire dalla banca appellata quanto domandato: nessuna critica è indirizzata avverso l’affermata mancanza di interesse all’impugnazione che, in realtà, in base al testo della pronuncia, si risolve nella constatazione della carenza di legittimazione passiva dell’istituto di credito.

2. Col secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ed erronea interpretazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte d’appello, nonostante l’accoglimento dell’impugnazione, confermato la condanna alle spese del primo grado, anziché riformare la decisione disponendo la compensazione dei costi di lite o condannando la controparte alla loro rifusione.

La censura è manifestamente infondata e temeraria.

I ricorrenti sostengono l’erroneità della statuizione sulle spese perché “la sentenza di primo grado è stata integralmente riformata, in quanto i motivi di impugnazione sono stati accolti e sono state solamente respinte le domande riproposte dagli appellanti, ma non lo strumento di impugnazione”.

In altri termini, secondo la tesi esposta nel ricorso, la Corte d’appello avrebbe dovuto liquidare le spese del secondo grado in favore degli appellanti, nonostante il rigetto della domanda di accertamento dagli stessi nuovamente proposta.

La tesi urta col principio per cui il giudice del gravame è tenuto ad una valutazione del complessivo esito della lite per la liquidazione delle spese, dato che l’accoglimento dell’appello limitatamente ad uno dei capi della pronuncia di primo grado non incide sulla determinazione della complessiva soccombenza dell’appellante la cui impugnazione sul merito della prima decisione sia stata respinta.

Proprio perché il motivo è ictu oculi infondato, in quanto teso a sovvertire la nozione stessa di soccombenza (che non può essere parcellizzata in relazione alle singole censure accolte o respinte), si deve ravvisare in capo ai ricorrenti una responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., comma 3, posto che costituisce abuso del diritto all’impugnazione, integrante “colpa grave”, la proposizione di un ricorso per cassazione basato su una censura manifestamente insussistente, col risultato di aumentare il volume del contenzioso, di aggravare il sistema giurisdizionale e, quindi, di ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti, donde la necessità di sanzionare tale contegno ai sensi della norma suddetta (in termini, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19285 del 29/09/2016, Rv. 642115-01, e Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 5725 del 27/02/2019, Rv. 652838-02).

In applicazione della menzionata disposizione, dunque, si condannano i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 5.000,00.

3. Col terzo motivo, i ricorrenti deducono che la sentenza impugnata sia viziata (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per la violazione dei parametri forensi dettati dal D.M. n. 55 del 2014, per avere il giudice di merito provveduto alla liquidazione delle spese in misura abnorme rispetto all’attività processuale svolta e allo scaglione di valore della controversia.

La censura, formulata in maniera lacunosa, è inammissibile.

Col motivo in esame i ricorrenti denunciano l’operata liquidazione delle spese di lite (Euro 12.000,00 per l’appello ed Euro 7.254,00 per il primo grado) per contrasto coi parametri del D.M. n. 55 del 2014, ma la censura muove dall’indimostrato ed erroneo presupposto secondo cui il valore della controversia sarebbe da individuare nello scaglione tra 5.200 e 26.000 Euro.

Dall’esposizione contenuta nell’atto introduttivo non emerge, invece, alcun elemento dal quale potersi desumere che il valore della controversia (da determinare in base al credito vantato dal debitore esecutato nei confronti del terzo o in quello corrispondente alla somma domandata dall’attore: si veda, in proposito, Cass., Sez. L, Sentenza n. 12513 del 26/08/2003, Rv. 566277-01) fosse da collocare proprio in quello scaglione, né sono riportati dati che possano indurre a ritenere errata una considerazione della lite come di valore indeterminabile (il che, peraltro, è prioprio ciò quanto risulta dalla dichiarazione di valore resa alla fine del ricorso introduttivo di questo giudizio).

4. Col quarto motivo, si deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte d’appello, pur riformando in parte qua la pronuncia del Tribunale, compensato le spese tra l’Avv. M.G.L. e la controparte con una formula di stile (“giusti ed eccezionali motivi”).

Col quinto motivo, si afferma la nullità della pronuncia di merito (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere la Corte territoriale disposto la compensazione tra l’Avv. M. e la banca appellata con una motivazione contraddittoria, avendo riconosciuto, da un lato, l’inequivoco conferimento del mandato ad litem al difensore e, dall’altro, affermato la controvertibilità della questione.

I predetti motivi, esaminati congiuntamente, sono infondati.

Come recentemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, “in tema di spese giudiziali, il sindacato di legittimità sulla pronuncia di compensazione è diretto ad evitare che siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensarne i costi tra le parti e consiste, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 157 del 2014), in una verifica “in negativo” in ragione della “elasticità” costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, “non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese” in favore della parte vittoriosa” (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 21400 del 26/07/2021, Rv. 662213-01).

Applicando tale principio alla fattispecie in esame, risulta che la decisione di compensare le spese tra l’Avv. M. e la banca non è frutto di ragioni illogiche, posto che solo attraverso una complessiva disamina delle procure conferite al menzionato difensore e tramite la loro interpretazione la Corte d’appello è giunta alla conclusione della regolarità del mandato; proprio perché tale convincimento deriva dall’esegesi del contenuto delle procure e dal momento processuale in cui le stesse sono state rilasciate (con particolare riferimento a quella data dagli eredi di L.G.), la statuizione è stata definita controvertibile e, come tale, posta a giustificazione della decisione di compensazione ex art. 92 c.p.c., nella specie insindacabile.

5. Il ricorso incidentale è espressamente condizionato all’accoglimento di quello principale (come espressamente indicato alla pagina 39 del controricorso): dal rigetto di quest’ultimo deriva, dunque, l’assorbimento dell’impugnazione di Banco BPM.

6. Al rigetto del ricorso principale consegue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, le quali sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo.

7. Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte;

rigetta il ricorso principale;

dichiara assorbito il ricorso incidentale;

condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge, nonché a pagare alla medesima controricorrente la somma di Euro 5.000,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, qualora dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 14 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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