LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3671/2019 proposto da:
S.C., elettivamente domiciliato in Roma Via Ildebrando Goiran, n. 23, presso lo studio dell’avvocato Sardo Ugo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Marzot Silvia;
– ricorrente –
contro
Panini Spa, elettivamente domiciliato in Roma Via Cicerone, n. 28, presso lo studio dell’avvocato Baldi Pergami Belluzzi Massimo, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4653/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/07/2018 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2021 da Dott. PORRECA PAOLO.
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
S.C. si opponeva all’esecuzione e ai relativi atti inerenti a un procedimento di espropriazione immobiliare promosso da Panini, s.p.a.;
il giudice dell’esecuzione sospendeva in ragione della dedotta e rilevata mancanza di sottoscrizione del pignoramento;
seguiva reclamo dichiarato inammissibile e, per quanto qui ancora rileva, l’introduzione, da parte dell’opponente, del giudizio di merito dell’opposizione formale, definito dal Tribunale dichiarando inammissibile la domanda per carenza d’interesse, ritenuta conseguente alla stabilizzazione della disposta sospensione;
la società procedente depositava istanza di riassunzione della procedura coattiva e, al contempo, l’esecutato chiedeva l’estinzione della stessa;
il Tribunale rigettava l’istanza di estinzione osservando che il giudizio di merito dell’opposizione esecutiva era stato riassunto dal medesimo esecutato, e il Collegio, pronunciando sul correlato reclamo, lo dichiarava inammissibile in quanto valutato come proposto ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., invece che, correttamente, a norma dell’art. 630 c.p.c.;
S. interponeva appello, avverso una pronuncia indicata con valore di sentenza; e la Corte di appello per un verso riqualificava la domanda ai sensi dell’art. 630, c.p.c., per altro verso rigettava il gravame rilevando che l’introduzione del giudizio di merito aveva inibito meccanismi di stabilizzazione estintiva della procedura esecutiva;
avverso questa decisione ricorre per cassazione S.C. articolando due motivi, corredati da memoria;
resiste con controricorso Panini, s.p.a., che ha depositato, altresì, memoria;
con ordinanza 27 aprile – 1 settembre 2021 la Sezione Sesta di questa Corte rinviava alla pubblica udienza;
il Pubblico Ministero ha presentato conclusioni scritte;
parte ricorrente ha depositato memoria.
Ritenuto che:
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 624 c.p.c., comma 3, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che il difetto di pronuncia nel merito sull’opposizione agli atti, dichiarata inammissibile, aveva consolidato la sospensione già disposta;
con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 92 e dell’art. 96 c.p.c., comma 3, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la Panini, s.p.a., era stata soccombente sulla pure formulata domanda di responsabilità processuale aggravata, sicché, essendovi stata soccombenza reciproca, le spese avrebbero dovuto compensarsi;
Rilevato che:
il primo motivo è infondato;
la tesi della parte ricorrente si riallaccia alla pronuncia di Cass., 20/03/2017, n. 7043, secondo cui l’estinzione del processo esecutivo sospeso ai sensi dell’art. 624 c.p.c., comma 3 (nella formulazione introdotta dalla L. n. 69 del 2009), si produce anche in caso di estinzione del giudizio di merito sull’opposizione, pur tempestivamente introdotto o riassunto;
in altri termini, in questa chiave ricostruttiva, la stabilizzazione si produrrebbe in ogni caso di mancata pronuncia di “merito” a definizione del giudizio di opposizione, ovvero non in rito, come accaduto nella fattispecie conclusasi, come visto, con statuizione di inammissibilità;
dall’esplicazione motivazionale dell’arresto, però, emerge quanto basta a pervenire alla conclusione opposta;
com’e’ stato osservato, con la norma in parola si è consentito al debitore opponente di ottenere il risultato pratico perseguito con l’opposizione (e in particolare la cessazione degli effetti del pignoramento) senza la necessità di coltivare il giudizio a cognizione piena, rinunziando ai benefici del relativo giudicato;
il giudizio potrà essere instaurato dal creditore procedente, laddove questi lo ritenga opportuno; e dovrà esserlo al fine di evitare l’estinzione del processo esecutivo, ferma restando la possibilità che vi provveda anche lo stesso debitore opponente, laddove intenda conseguire gli effetti del giudicato sull’opposizione;
e’ quindi logico che se il debitore scelga d’introdurre il giudizio di merito, mirando a ottenere un giudicato favorevole, la stabilizzazione non si produca e dunque, in ipotesi di dichiarata inammissibilità dell’opposizione, quella stabilizzazione non può dirsi concretizzata;
quello che la norma ha voluto escludere, anche in ottica deflattiva, sottesa alla riforma del 2009, è che potesse sopravvivere la sola sospensione senza più la pendenza del giudizio, perché non introdotto ovvero estinto e dunque caducato retroattivamente;
ma una volta che quel giudizio sia stato da chiunque introdotto – purché non lasciato estinguere – e concluso, anche se in rito, la sospensione in parola resta superata;
nell’ipotesi, parte ricorrente evidenzia che la decisione del Tribunale presupposta dal giudizio esitato nel provvedimento della Corte territoriale qui impugnato – aveva dichiarato l’inammissibilità per carenza d’interesse, proprio in ragione della ritenuta stabilizzazione endoprocedimentale della sospensione;
tale sentenza non è stata impugnata ed è dunque divenuta definitiva;
ora, fermo restando che la pronuncia “in rito” dà luogo soltanto al giudicato formale, con la conseguenza che essa produce effetto limitato al solo e circoscritto rapporto processuale nel cui ambito è emanata e, pertanto, non è idonea a produrre alcun effetto di ulteriore giudicato in un sotteso senso sostanziale (cfr., ad esempio, Cass., 19/05/2021, n. 13603), resta il fatto che la statuizione è stata d’inammissibilità della domanda veicolata con l’introduzione del giudizio di opposizione di pieno merito;
l’opponente debitore, quindi, di fronte all’errore del Tribunale che aveva negato il suo interesse, invece sussistente per quanto sopra detto, ad avere una pronuncia di accoglimento dell’opposizione, una volta optato per la riassunzione di quel giudizio per ottenerla, tipicamente con addebito di correlative spese processuali, rinunciando così alla mera stabilizzazione della sospensiva, avrebbe dovuto censurare l’errore della declinatoria in rito che negava, come tale, quell’accoglimento;
non avendolo fatto, se per un verso aveva perso, con la riassunzione, l’effetto di quella stabilizzazione, per altro verso non ha ottenuto una pronuncia favorevole, come richiesto, sul giudizio oppositivo;
di qui l’infondatezza della censura;
il secondo motivo è infondato;
e’ stato chiarito che il rigetto della domanda, meramente accessoria, ex art. 96 c.p.c., non configura un’ipotesi di parziale e reciproca soccombenza, sicché non può giustificare la compensazione delle spese di lite (Cass., 12/04/2017, n. 9532, Cass., 15/05/2018, n. 11792, Cass., 28/02/2020, n. 5466);
spese compensate attesi i profili di oggettiva ambiguità della pronuncia di merito presupposta e come sopra discussa;
sussistono i presupposti per l’attestazione ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022