Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1174 del 17/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5738/2019 proposto da:

A.G., quale socio accomandatario di A.G.

& Figlio sas di G.A. & c. e in proprio nella qualità di erede di A.P., elettivamente domiciliato in Roma Via Flaminia 318, presso lo studio dell’avvocato Rossi Pietro, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ghelli Andrea;

– ricorrente –

contro

Unicoop Firenze s.c. a r.l., elettivamente domiciliata in Roma Largo Di Torre Argentina N. 11, presso lo studio dell’avvocato Farina Marco, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Arizzi Franco;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e A.D. e A.V., nella qualità di eredi di A.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1616/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 05/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/11/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

RILEVATO

che:

A.P., in proprio e quale titolare della impresa individuale Vivai Piante A.G. & Figlio di P.A., dopo avere richiesto un accertamento tecnico preventivo in ordine ai danni che sarebbero derivati dalla costruzione del Centro Commerciale ***** nel 1988 ai terreni della sua azienda vivaistica – accertamento tecnico preventivo per cui era stata redatta una relazione depositata il 29 luglio 1992 dal consulente tecnico d’ufficio -, conveniva con atto di citazione notificato il 5-7 ottobre 1998 davanti al Tribunale di Pistoia S.I.C. S.p.A. – in seguito incorporata da Unicoop Firenze s.c. a r.l. – per ottenerne il risarcimento dei danni, adducendo che l’inquinamento delle acque periodicamente invasive dei propri terreni era “causato dalla costruzione del centro commerciale”. Controparte si costituiva resistendo.

Il Tribunale rigettava la domanda attorea con sentenza del 9 dicembre 2008.

A.P., in proprio e quale titolare dell’impresa individuale Vivai Piante A.G. & Figlio di P.A., presentava appello, cui resisteva Unicoop Firenze, proponendo anche appello incidentale.

All’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni il difensore dell’appellante principale dichiarava il decesso di A.P.; riassumeva quindi A.G. quale erede di A.P. e accomandatario di A.G. & Figlio s.a.s. di G.A. & C. – società cui dopo la morte di A.P. erano stati conferiti tutti i beni utilizzati per l’attività dell’impresa individuale del de cuius -, chiedendo la prosecuzione del giudizio nei confronti della suddetta società e, in subordine, nei propri confronti quale erede di A.P..

La Corte d’appello di Firenze tratteneva la causa in decisione all’udienza del 6 luglio 2017, ma poi la rimetteva sul ruolo per integrare il contraddittorio nei confronti dei pretermessi eredi di A.P., A.V. e D., che peraltro rimanevano contumaci.

Trattenuta poi la causa il 5 aprile 2018, la corte territoriale con sentenza del 5 luglio 2018 rigettava ogni appello.

G.A., quale erede di A.P. e quale accomandatario e legale rappresentante di A.G. & Figlio s.a.s., ha proposto ricorso principale, articolato in quattro motivi.

Unicoop Firenze si è difesa con controricorso, proponendo pure ricorso incidentale condizionato, basato su un unico motivo.

Da quest’ultimo A.G. si è a sua volta difeso con controricorso. Unicoop Firenze ha depositato anche memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Partendo dal ricorso principale, il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione del principio chiesto/pronunciato.

Il giudice d’appello avrebbe accolto l’eccezione di prescrizione in quanto l’allagamento dei terreni del vivaio sarebbe avvenuto nel 1991 e non vi sarebbe stata alcuna interruzione del termine prescrizionale dopo l’esito dell’accertamento tecnico preventivo. La corte territoriale avrebbe ritenuto che la domanda fosse fondata esclusivamente sull’evento alluvionale del 1991, per cui l’attore avrebbe lamentato soltanto “la persistenza di danni anche in epoca successiva”. Invece, chiedendo la condanna in relazione all’inquinamento delle acque che periodicamente invadono l’area”, l’attore – sostiene il ricorrente avrebbe chiesto il risarcimento di “tutti i danni cagionati dagli allagamenti del terreno”. La domanda attorea, pertanto, non avrebbe investito il risarcimento di “danni persistenti derivanti da un illecito istantaneo”, bensì avrebbe investito i danni derivanti da “illecito permanente”, dato che gli allagamenti si sarebbero verificati ancora, in caso di piogge, ancora all’epoca della citazione per il primo giudizio; e ciò sarebbe stato addotto dinanzi al giudice di prime cure.

Anche nell’atto d’appello, poi, A.P. avrebbe chiesto il risarcimento dei danni derivati dagli allagamenti verificatisi dal ***** – soltanto nel ***** l’appellata effettuò opere di intubamento che vi posero fine -. E ciò sarebbe stato riproposto nella comparsa di costituzione e intervento in appello dell’attuale ricorrente.

La corte territoriale avrebbe valorizzato il ricorso per accertamento tecnico preventivo, ma non sarebbe ricavabile da questo il contenuto della domanda. Nell’atto di citazione vi sarebbe stato un “chiaro riferimento al carattere reiterato degli allagamenti”, perché si chiedeva la condanna di Unicoop Firenze a “eliminarne le cause, all’epoca tuttora esistenti”, menzionando il loro “carattere periodico”. Il giudice d’appello avrebbe dunque violato l’art. 112 c.p.c., giacché la domanda sarebbe stata diretta ad ottenere il risarcimento dei “danni patiti e patiendi dai periodici allagamenti del terreno”, che nell’atto d’appello si sarebbe precisato essere avvenuti tra il 1992 e il 2000.

2. Il secondo motivo, proposto formalmente in subordine al primo, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2947 c.c., nonché omesso esame di fatti discussi e decisivi.

La Corte d’appello riterrebbe che tutto sia derivato dall’allagamento del 1991 e che, dopo il 1991 appunto, non si siano verificati altri danni, riferendosi poi al ricorso per accertamento tecnico preventivo e all’atto di citazione in primo grado. In tal modo, peraltro, incorrerebbe nell’omesso esame del fatto storico degli ulteriori allagamenti avvenuti tra il 1992 e il 2000, cioè posteriori alla relazione dell’accertamento tecnico preventivo.

L’esistenza di allagamenti tra il 1992 e il 2000 sarebbe stata un fatto discusso. Il motivo riporta stralci estratti dall’atto d’appello, dalla comparsa d’appello di Unicoop Firenze (sostenente che l’attore non avrebbe indicato e provato specifico allagamento né permanenza degli episodi, riferendosi soltanto in modo generico ad “allagamenti di alcune zone”, sempre avvenuti nell’area), dalla comparsa conclusionale dell’attuale ricorrente e dalla comparsa conclusionale di controparte (ove ancora si discute sugli asseriti successivi allagamenti).

Si invocano poi “dati da cui risulta l’esistenza” di tali fatti, che sarebbero evincibili dalla consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado: fatti storici che sarebbero decisivi ai fini della prescrizione, emergendone che si è trattato di un illecito permanente e non, come ritenuto dal giudice d’appello, istantaneo. Su questi fatti discussi e decisivi non vi sarebbe motivazione o comunque vi sarebbe motivazione apparente, in quanto la corte territoriale si limiterebbe ad affermare in modo apodittico l’inesistenza di danni successivi al 1991; e non costituirebbero una reale motivazione il richiamo al ricorso per accertamento tecnico preventivo (anteriore al fatto storico qui rilevante) e il richiamo all’atto di citazione (chiaramente indicante la natura periodica degli allagamenti). Non sussisterebbe alcun elemento specifico per escludere gli avvenimenti intercorsi fra il 1992 e il 2000, e non si sarebbe neppure tenuto in conto l’esito della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel primo grado.

3. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2947 c.c..

Qualora si reputasse che il danno sia derivato da un illecito istantaneo con effetti permanenti, cioè dalla esondazione di “acque meteoriche inquinate provenienti dal piazzale di scarico dell’ipermercato nel solo anno 1991”, si dovrebbe considerare la giurisprudenza – in particolare Cass. sez. 3, 19 febbraio 2016 n. 3259 – per cui nel danno ambientale la condotta antigiuridica è rappresentata dal mantenere l’ambiente nelle condizioni di danneggiamento, onde il termine della prescrizione del diritto risarcitorio decorre dalla loro eliminazione volontaria ad opera del danneggiante oppure da quando tale condotta diviene impossibile per incolpevole perdita da parte del danneggiante della disponibilità del bene. Nel caso in esame l’evento dannoso di inquinamento sarebbe stato sussistente ancora all’epoca della notifica dell’atto di citazione di primo grado, per cui sarebbe comunque infondata l’eccezione di maturata prescrizione.

Il giudice d’appello avrebbe errato riconducendo tutti i danni all’illecito istantaneo che sarebbe costituito dall’alluvione del 1991; invece il termine prescrizionale per il diritto al risarcimento di danni derivanti da eventi diversi e posteriori “come le fuoriuscite di acque” non avrebbe potuto essere correlato al primo evento dannoso.

4. Quale quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.: alla cassazione della sentenza impugnata conseguirebbe la condanna di controparte a rifondere le spese dei tre gradi di giudizio.

5. L’unico motivo del ricorso incidentale condizionato denuncia violazione/falsa applicazione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 9 ter, convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 211 e successive modifiche in relazione al D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 44, comma 2, lett. c), convertito con modifiche in L. 11 agosto 2014, n. 114, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte d’appello avrebbe rigettato l’eccezione di inammissibilità/improcedibilità sollevata da Unicoop Firenze all’udienza del 6 luglio 2017, quando, essendo deceduto A.P., si sarebbe costituito con atto cartaceo, definito comparsa di costituzione ex art. 302 c.p.c., e di intervento ex art. 111 c.p.c., comma 3, A.G. in proprio quale erede del de cuius e quale accomandatario e legale rappresentante di A.G. & Figlio s.a.s..

Richiamata la parte motivazionale della sentenza impugnata a ciò attinente, la ricorrente obietta che l’atto di prosecuzione del processo interrotto dovrebbe ritenersi “atto endoprocessuale”, per cui avrebbe dovuto essere depositato telematicamente, in quanto chi subentra dovrebbe ritenersi parte “precedentemente costituita”. Non sarebbe, invero, una parte non costituita dal momento che verrebbe a inserirsi con la sua comparsa in un processo già avviato, non in un processo nuovo. E la maggioranza della giurisprudenza di merito si sarebbe schierata, in tale fattispecie, per l’inammissibilità.

6. Deve anzitutto rilevarsi che, il ricorso principale in sé meritando – come si vedrà infra – accoglimento, il vaglio deve logicamente prendere avvio dal ricorso incidentale condizionato, in quanto se questo fosse accolto l’attuale ricorrente, non essendo validamente subentrato nel giudizio d’appello, non avrebbe legittimazione a ricorrere ex art. 360 c.p.c., comma 1, avverso la sentenza del 5 luglio 2018 della Corte d’appello di Firenze come invece ha fatto.

Si tratta, in sostanza, della riproposizione dell’eccezione sollevata all’ingresso nel giudizio d’appello dell’attuale ricorrente principale, che è stata confutata, appunto, nella impugnata sentenza, con un ragionamento che costituisce quindi l’oggetto dell’unico motivo del ricorso incidentale condizionato.

La corte territoriale (sentenza, pagine 3-4), davanti a una eccezione di invalidità della costituzione di A.G., “in proprio e nella spiegata qualità”, perché non effettuata in forma telematica, richiama la norma invocata dalla ricorrente incidentale, già specificamente espressa nella rubrica del motivo -, il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 9 ter, convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 211 e successive modifiche in relazione al D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 44, comma 2, lett. c), convertito con modifiche in L. 11 agosto 2014, n. 114, che così stabilisce: “A decorrere dal 30 giugno 2015 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi alla corte d’appello, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici…”.

Sulla base di questa disposizione, come si è visto, si impernia la censura: controparte, non potendosi qualificare parte nuova bensì, in forza del subentro, parte “precedentemente costituita” – considerato il “principio consolidato… secondo il quale con la riassunzione il processo continua, senza che ciò comporti in alcun modo l’instaurazione di un nuovo procedimento” (si citano in tal senso Cass. 7392/2008 e Cass. 9890/1998) -, avrebbe dovuto compiere telematicamente l’atto di prosecuzione del processo interrotto, trattandosi pertanto di atto endoprocessuale.

Il motivo è manifestamente infondato, dal momento che la prosecuzione di un processo non coincide con la identità permanente dei soggetti che vi contendono. L’istituto del subentro, infatti, regola la sostituzione di un soggetto con un altro soggetto, non trasformando questo nel soggetto precedente, bensì conferendogli soltanto il ruolo di quest’ultimo nel processo, in tal modo istituendo una successione – e non, quindi, una immedesimazione che comporti l’assorbimento dell’originale distinta soggettività – processuale.

Pertanto, nel caso in esame in cui si è verificato un subentro, non si è dinanzi ad una parte già costituita, tale d’altronde non potendosi definire – per evidente logica – una parte subentrante proprio quando attua il subentro in un processo: saranno proprio gli effetti del subentro che renderanno tale parte costituita in detto processo, effetti che, ragionevolmente, non possono incidere a livello retroattivo, ovvero rendere (integrando una reductio ad absurdum) già costituito in precedenza il soggetto che solo in questo momento subentra.

Il subentro, si ripete, è assumere il ruolo processuale della parte precedente, non identificarsi in essa: il subentrante entra nello status quo del processo ma ciò non significa che, prima di entrarvi, fosse già parte, bensì dimostra proprio il contrario, che gli ha reso necessario il subentro.

L’argomento addotto dalla ricorrente comporta dunque un salto logico, attribuendo inesistenti effetti retroattivi al subentro nel senso di qualificare un nuovo soggetto come coincidente con il soggetto precedente, e dunque paradossalmente riconoscere natura di atto endoprocessuale l’atto con cui il subentrante dall’esterno dell’ambito processuale vi attua il suo ingresso.

L’unico motivo del ricorso incidentale condizionato deve pertanto rigettarsi, non essendovi stato nel subentro atto endoprocessuale che dovesse quindi essere compiuto con modalità telematica.

7. Passando allora all’esame del ricorso principale, deve darsi atto, in primis, della sua conformazione sostanzialmente rispettosa dei principi di ammissibilità, e in particolare di quelli dettati dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, offrendo dati sufficienti per ricostruire i fatti di causa e quel che sostiene, in particolare, le censure proposte.

I primi due motivi sono congiuntamente vagliabili, in quanto (benché il ricorrente abbia definito subordinato il secondo) attengono in realtà alla medesima questione della prescrizione del diritto risarcitorio, che secondo la corte territoriale sarebbe stata maturata per essersi la domanda risarcitoria fondata soltanto sull’evento alluvionale del 1991, non essendosi stati posti in essere atti introduttivi successivamente all’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo richiesto dal dante causa dell’attuale ricorrente.

La doglianza racchiusa in tali due motivi è manifestamente fondata.

La corte territoriale, con una motivazione davvero alquanto assertiva, afferma – questo è il centro del suo ragionamento – che l’unico evento produttivo di danni sarebbe l’allagamento del 1991, e nell’atto di citazione notificato il 7 ottobre 1998 non sarebbe “evidenziato un successivo episodio di allagamento”.

Invece, nell’atto di citazione che ha avviato il primo grado di giudizio era stato chiesto il risarcimento dei danni derivanti dall'”inquinamento delle acque che periodicamente invadono l’area”: non, quindi, solo da l’evento del 1991, bensì da eventi periodici. E questa periodicità viene collocata temporalmente dal successivo anno 1992 in poi, come conferma pure l’atto d’appello, il quale soltanto – logicamente, essendo ciò sopravvenuto rispetto all’epoca di avvio del primo grado (7 ottobre 1998, come già si è visto) – inserisce una data finale, cioè l’anno 2000, chiedendo quindi il risarcimento per i danni derivati da tutti gli allagamenti avvenuti a partire dal 1992 fino al 2000.

8. L’eccezione di prescrizione copre pertanto soltanto gli allagamenti avvenuti nel periodo anteriore al quinquennio antecedente alla notifica dell’atto di citazione di primo grado, perfezionatasi il 7 ottobre 1998. Da ciò discende l’accoglimento, assorbiti tutti gli altri motivi, del ricorso principale, con conseguente cassazione per quanto di ragione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla stessa corte territoriale in diversa sezione e composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso incidentale, accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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