LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 13013/2016 R.G. proposto da:
AGEA, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
Azienda Agricola V.N., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato Cesare Tapparo, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 34/2016 della Corte d’appello di Trieste depositata il 24/2/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/11/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Pordenone, con decreto ingiuntivo n. 181/2011, ingiungeva ad AGEA, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, di pagare a N.N., titolare dell’omonima azienda agricola, la somma di Euro 26.197,52, oltre accessori e spese, a titolo di contributi comunitari PAC relativi alle stagioni fino al 2008 riconosciuti e liquidati in favore del N..
Tale somma non era stata corrisposta da AGEA perché portata in compensazione con debiti della stessa azienda, a titolo di prelievo supplementare per le quote latte in eccedenza in relazione alle annate 2005 e 2006.
2. Il Tribunale di Pordenone, con sentenza n. 833/2013, respingeva l’opposizione proposta da AGEA e confermava il provvedimento monitorio opposto, ritenendo che l’agenzia avesse illegittimamente disposto la compensazione fra le reciproche ragioni creditorie.
3. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza pubblicata in data 24 febbraio 2016, rigettava l’impugnazione presentata da AGEA, escludendo la compensabilità delle somme riconosciute come dovute all’azienda agricola con le somme dovute dalla medesima per prelievi supplementari relativi alle quote latte per annate pregresse.
Ciò in quanto: i) si trattava di credito impignorabile, D.L. n. 182 del 2005, ex art. 3, comma 2 (rectius 5 duodecies),con la conseguente impossibilità di applicare la compensazione, nel senso previsto dall’art. 1246 c.c.; ii) la compensazione sarebbe stata legittima nella sola ipotesi in cui il credito opposto in compensazione fosse derivato da “pagamenti indebiti di tale provvidenze” e cioè nel caso di erroneo riconoscimento di un maggior contributo rispetto al dovuto, mentre nel caso di specie si trattava di pagamenti regolarmente deliberati dall’organismo pagatore e non indebiti; iii) non potevano operare le modifiche introdotte dal Reg. CE 1034/2008 e dalla L. n. 33 del 2009, giacché tutte le reciproche voci di credito erano anteriori a questa nuova normativa; iv) non era possibile neppure ritenere che potesse operare l’istituto della compensazione atecnica, sia perché le due obbligazioni, non essendo legate da un vincolo sinallagmatico, rimanevano soggette alla disciplina prevista dall’art. 1246 c.c., sia perché l’applicabilità di questo istituto, diretto ad accertare in via meramente contabile il saldo finale tra i contraenti, non ricorre quando l’accertamento del controcredito sia ancora sub iudice, come nel caso di specie.
4. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso AGEA prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso N.N..
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
5.1 Il primo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione del D.L. n. 182 del 2005, art. 3, comma 5 duodecies, con v. in L. n. 231 del 2005; D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 33; artt. 1243 e 1246 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, denuncia l’errata applicazione del disposto del D.L. n. 182 del 2005, art. 3, comma 5-duodecies, in quanto il riferimento operato dalla norma a precedenti pagamenti indebiti non intende escludere altri debiti maturati per inadempimenti comunitari nei confronti di AGEA, deponendo in questo senso anche la previsione di sospensione dei pagamenti dovuti di cui al D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 33.
5.2 Il secondo motivo di ricorso, rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 5 ter Reg. CE n. 885/2006, come introdotto dal Reg. CE n. 1034/2008; L. n. 33 del 2009, art. 8 ter; D.L. n. 182 del 2005, art. 3, comma 5 duodecies, conv. in L. n. 231 del 2005; artt. 1241,1242,1243 e 1246 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c.”, contesta la tesi dell’inapplicabilità, ratione temporis, della disciplina prevista dal Reg. CE 1034/2008 e dalla L. n. 33 del 2009, al caso di specie.
La previsione della compensabilità, infatti, era già contemplata dalla L. n. 231 del 2005, art. 3, comma 5, è coerente con l’obbligo stabilito dall’art. 3 Reg. CE 1788/2003 a carico di ogni Stato membro di adottare ogni possibile mezzo per recuperare i crediti comunitari e riguarda un’ipotesi compensazione atecnica destinata ad operare nel momento in cui deve avvenire il pagamento, a mente dell’art. 1242 c.c., comma 1, risultando così del tutto irrilevante l’individuazione dell’epoca a cui risalgono i rispettivi crediti e debiti.
La disciplina prevista dal Reg. CE 1034/2008 e dalla L. n. 33 del 2009, equiparando l’inserzione nel registro debiti SIAN delle somme che produttori e acquirenti devono rimborsare a titolo di prelievi supplementari all’iscrizione a ruolo di somme pretese in pagamento, ha soltanto eliminato un ostacolo normativo preesistente alla possibilità di compensazione dei crediti da prelievo supplementare con quelli dei produttori agricoli verso lo Stato.
5.3 Il terzo motivo di ricorso, rubricato “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 33; D.L. n. 1823 del 2005, art. 3, comma 5 duodecies, conv. in L. n. 231 del 2005; art. 1243 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, assume che esistessero tutti i requisiti di liquidità, certezza ed esigibilità del credito vantato da AGEA che la Corte d’appello ha inteso negare, dato che lo stesso era non solo liquido, perché esattamente determinato, ma anche perfettamente esigibile, essendo stato iscritto nel registro nazionale dei debitori e non versato.
5.4 Il quarto motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 727 del 1974, art. 2, come sostituito dal D.L. n. 185 del 2005, art. 3, comma 5 duodecies, conv. in L. n. 231 del 2005; D.L. n. 4 del 2009, poi sostituito dalla L. n. 33 del 2009, art. 8 ter; artt. 1243 e 1246 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, sostiene che la Corte di merito abbia erroneamente ritenuto non applicabile al caso di specie l’istituto della compensazione atecnica, per difetto dei requisiti dell’art. 1243 c.c. e mancanza di sinallagmaticità, trascurando di considerare il carattere unitario del rapporto giuridico con l’agricoltore, dimostrato tanto dalla possibilità per l’agricoltore di presentare un’unica domanda per chiedere il pagamento di premi afferenti a più settori di intervento, quanto dall’esistenza di un fascicolo elettronico aziendale unico e di un registro dei debitori funzionale alla gestione del prelievo supplementare.
6. I motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, non sono fondati.
6.1 In questa materia la più recente giurisprudenza di questa sezione ha enunciato il principio, a cui il collegio intende dare continuità, secondo cui, in tema di rapporti tra il credito dell’agricoltore a titolo di contributi dell’Unione Europea conseguenti alla Politica agricola comune (Pac), ed i debiti dello stesso per prelievo supplementare relativo alle quote latte, è ammissibile la cd. compensazione impropria o atecnica, a condizione che il controcredito sia certo e liquido secondo la valutazione dei giudici di merito, incensurabile in sede di legittimità, dovendosi valorizzare a tal fine l’unitarietà del rapporto, in base al quale il regime delle quote latte è parte integrante del sistema Pac; il corretto funzionamento complessivo di questo sistema postula l’effettività del recupero delle somme dovute dai produttori di latte che abbiano superato i limiti nazionali, mediante la previa verifica del Registro nazionale previsto dalla legge, nel quale sono inseriti i debiti e crediti dell’agricoltore, la cui compensazione è connaturata al sistema della Pac, come configurato dal diritto dell’Unione, la cui primazia all’interno degli Stati membri postula l’interpretazione conforme delle norme nazionali (cfr. Cass. 24325/2020).
L’esito dell’applicazione in concreto di questo principio dipende dalle peculiarità della fattispecie, da valutare alla luce delle seguenti coordinate di fondo:
i) il principio sopra enunciato è coerente con la disciplina di cui agli artt. 1241 c.c. e segg., giacché la cd. compensazione impropria tra aiuti e prelievi, nell’ambito del medesimo rapporto unitario, è un effetto diretto (e naturale conseguenza) della normativa Europea e insito nel modo stesso con il quale è strutturata ed opera la Pac, implicando un mero accertamento contabile del dare e dell’avere, che efficacemente attua e soddisfa il sistema del prelievo supplementare e la ratio che presiede al meccanismo delle cd. quote latte; l’iscrizione nel Registro nazionale delle somme a titolo di prelievi supplementari “autorizza la deduzione delle somme dovute a detto titolo dai produttori agricoli e acquirenti allo Stato e, in concreto, per esso, alle Agenzie regionali o provinciali, che devono pretendere il prelievo e provvedere anche al pagamento degli incentivi o finanziamenti comunitari, compensando quanto dovuto per gli aiuti Pac con i crediti iscritti nel Registro” (cfr. Cass., Sez. U., 25261/2009; il meccanismo della compensazione, per la sua efficacia nel recupero del prelievo supplementare, è stato previsto dall’art. 5-ter reg. CE n. 885 del 2006, introdotto dal reg. n. 1034 del 2008; della L. n. 33 del 2009, art. 8-ter, comma 5, di conversione del D.L. n. 5 del 2009, dispone che “in sede di erogazione di provvidenze e di aiuti comunitari… nonché di provvidenze e di aiuti agricoli nazionali, gli organismi pagatori… verificano l’esistenza di importi a carico dei beneficiari e sono tenuti ad effettuare il recupero, il versamento e la contabilizzazione nel Registro del corrispondente importo, ai fini dell’estinzione del debito”);
ii) la compensazione impropria o atecnica presuppone pur sempre che il credito opposto sia certo, analogamente alla compensazione propria, rispetto alla quale la certezza è presupposto della liquidità (cfr. Cass., Sez. U., 23225/2016), che è requisito (unitamente all’esigibilità) dell’opponibilità del controcredito in sede giudiziaria, ai sensi dell’art. 1243 c.c., comma 2;
iii) la verifica della certezza del controcredito è oggetto di accertamento in sede giudiziaria, sebbene “l’iscrizione (..) degli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli (equivalga) all’iscrizione al ruolo ai fini della procedura di recupero” (L. n. 33 del 2009, art. 8-ter, comma 4); l’iscrizione, infatti, non esclude la possibilità di una contestazione da parte del preteso debitore, a fronte della quale la prova della certezza del controcredito deve essere fornita dall’ente creditore;
iv) al giudice di merito spetta di accertare l’esistenza, se contestata, del controcredito invocato da AGEA, vale a dire la certezza dell’esistenza di quest’ultimo, all’esito di un accertamento dei rapporti di dare e avere risultanti dall’apposito registro, sulla base di apprezzamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità;
v) la questione della impignorabilità del credito ai contributi Pac e, quindi, della sua non compensabilità, è stata risolta osservando che la previsione normativa di impignorabilità delle somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni comunitarie non vale “per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze” (D.L. D.L. n. 182 del 2005, art. 3, comma 5-duodecies, convertito in L. n. 231 del 2005) e che, comunque, l’art. 1246 c.c., non opera con riferimento al fenomeno della compensazione impropria (cfr. Cass. 21646/2016, Cass. 5024/2009, Cass. 18498/2006, Cass. 6214/2004, richiamate da ultimo da Cass. 24325/2020);
vi) l’obiezione secondo cui la compensazione sarebbe astrattamente consentita soltanto per i crediti relativi alle annate agrarie successive alla L. n. 33 del 2009, istitutiva del Registro nazionale dei debiti, è superabile se si considera che la previsione di tale registro risale al reg. CE n. 1663 del 1995 (in allegato, art. 11) e che la compensazione – attuata mediante il meccanismo di deduzione degli importi a debito dai futuri pagamenti a favore del debitore – è implicita nel sistema che impone agli Stati membri di adottare “tutte le misure necessarie affinché l’imposizione del prelievo venga effettuata correttamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento” (art. 17 reg. CE n. 595 del 2004); inoltre, come nella compensazione propria, anche in quella impropria l’accertamento della coesistenza dei rispettivi crediti va operata al momento della liquidazione del credito opposto in compensazione, con la conseguenza che i relativi effetti si verificano dal momento in cui viene pronunciata la sentenza che la dichiara.
6.2 La motivazione della statuizione impugnata non è del tutto coerente con tali principi e deve essere corretta ex art. 384 c.p.c., comma 4, nella parte in cui ha erroneamente escluso la qualificabilità della compensazione in senso improprio.
Non occorre, tuttavia, provvedere alla cassazione della sentenza impugnata, dato che il suo dispositivo è conforme a diritto.
In vero, nella fattispecie in esame la Corte di merito ha registrato, da ultimo, che l’accertamento del controcredito era ancora sub iudice, evidenziando così implicitamente come lo stesso fosse privo del requisito della certezza.
Con questa valutazione il giudice di merito ha espresso un giudizio di infondatezza dell’eccezione di compensazione (impropria) proposta da AGEA, tramite un apprezzamento di merito incensurabile in sede di legittimità, ritenendo che il controcredito dell’Agenzia, opposto in compensazione dinanzi a lui, non fosse certo perché giudizialmente contestato avanti al giudice amministrativo in modo non manifestamente pretestuoso.
Più precisamente egli ha esercitato il potere che gli è proprio, nel giudizio principale nel quale il controcredito è opposto, di “dichiarare l’insussistenza dei presupposti per elidere il credito agito e (rigettare) l’eccezione di compensazione”, escludendo la possibilità della “reciproca elisione dei crediti nel processo instaurato dal creditore principale” (cfr., in tema di compensazione propria, Cass., Sez. U., 23225/2016, pag. 7), con gli effetti endoprocessuali propri della mera eccezione di compensazione, allo scopo di paralizzare il credito azionato in via principale.
Tale potere a fortiori è riconosciuto al giudice dinanzi a cui sia opposta la compensazione impropria o atecnica, rispetto alla quale, come si è detto, non operano i limiti alla compensabilità dei crediti, fermo restando che “così come la compensazione propria, anche quella impropria può operare esclusivamente se il credito opposto in compensazione possiede il requisito della certezza” (cfr. Cass. 7474/2017).
7. In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.900, di cui Euro 200, per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022
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