LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Primo Presidente f.f. –
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9219/2021 proposto da:
LA SPERANZA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato FELICE EUGENIO LORUSSO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
SERCO S.R.L., REGIONE PUGLIA, CURATELA DEL FALLIMENTO *****
S.R.L., COMUNE DI ALTAMURA, SERENI ORIZZONTI S.R.L., T.G., AZIENDA SANITARIA LOCALE DI BARI;
– intimati –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 2363/2020 del TRIBUNALE di BARI.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/12/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARIO FRESA, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione dichiarino la inammissibilità della istanza di regolamento di giurisdizione.
FATTI DI CAUSA
1.- La Società La Speranza SRL propone regolamento preventivo di giurisdizione, illustrato da memoria, nell’ambito del procedimento di esecuzione per rilascio di immobile promosso da Serco s.r.l. nei suoi confronti dinanzi al Tribunale di Bari.
2. – Ha notificato il ricorso a Serco SRL, alla Regione Puglia, alla Curatela del Fallimento ***** s.r.l. in persona del curatore, al Comune di Altamura, a Sereni Orizzonti SRL, al dottor T.G. e all’Azienda Sanitaria Locale di Bari.
Nessuno degli intimati ha svolto attività processuale in questa sede.
3. – La ricorrente afferma di essere titolare e gestore della Residenza *****, sita in *****, struttura per anziani adibita parte a casa di riposo e parte a residenza socio-sanitaria assistita, e di esercitare questa attività dal 2013 all’interno di un edificio locatole dalla Curatela del Fallimento ***** s.r.l. con contratto precario immobiliare oneroso del *****;
– l’immobile veniva posto in vendita dalla Curatela fallimentare, con ordinanza del 4 aprile 2018 (nella quale si specificava che nello stesso era in corso un contratto di locazione e che l’immobile veniva ceduto nello stato di fatto e di diritto); risultava aggiudicataria la società Serco SRLS, poi trasformatasi in SRL, in data 18/09/2018, alla quale l’immobile veniva trasferito tramite decreto di trasferimento e contestuale ordine di liberazione dell’immobile del 27 marzo 2019.
4. – La Serco intraprendeva quindi nei confronti della ricorrente una procedura esecutiva per il rilascio dell’immobile, che rimaneva sospesa nell’ambito dei provvedimenti legati all’emergenza epidemiologica sino al 31 dicembre 2020; nelle more della sospensione, sulla base della ricostruzione dei fatti offerta dalla ricorrente, la Serco s.r.l. avviava illegittimamente una seconda procedura esecutiva per rilascio dell’immobile;
– nel 2020 la Serco proponeva ricorso ex artt. 612 e 614 c.p.c., perché il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Bari indicasse le modalità di esecuzione del rilascio dell’immobile, adibito a RSA ed occupato da pazienti anziani e fragili, alcuni dei quali ammalati di Covid;
– nell’ambito del procedimento per esecuzione degli obblighi di fare, la ricorrente rappresentava a mezzo di controdeduzioni l’impossibilità di procedere al rilascio, rappresentando l’impossibilità di effettuare il trasferimento e comunque gli altissimi rischi connessi al trasferimento per i propri pazienti, tutti anziani e fragili, derivanti dall’emergenza sanitaria da COVID-19, nonché la necessità di ottenere, per molti pazienti che fruivano di amministratori di sostegno, il previo assenso al trasferimento da parte del giudice tutelare;
– all’esito del procedimento ex art. 612 c.p.c., il giudice dell’esecuzione adottava un provvedimento con il quale dava facoltà all’aggiudicataria di far eseguire l’ordine di liberazione, fissandone le modalità: stante il parere negativo della ASL al trasferimento dei pazienti in altra struttura, il g.e. da un lato manteneva l’obbligo per la società ricorrente di sgomberare i locali, e al contempo disponeva che i pazienti lungodegenti rimanessero nella struttura, inserendo la previsione che essi sarebbero stati assistiti, dal momento del rilascio, non più dalla attuale ricorrente, soc. La Speranza ma dal personale della Sereni Orizzonti s.r.l., società legata alla aggiudicataria Serco, il cui direttore sanitario era il Dott. T..
5. – Senza precisare se avverso quest’ultimo provvedimento siano state introdotte le opposizioni esecutive, la ricorrente propone regolamento preventivo di giurisdizione, sostenendo che esso sia stato adottato in difetto di giurisdizione ovvero in carenza assoluta di potere dell’autorità giudiziaria ordinaria, rientrando l’ambito decisionale nella competenza della pubblica amministrazione.
Sostiene che il giudice dell’esecuzione abbia emesso provvedimenti incidenti nelle sfere di competenza riservate alle autorità sanitarie, in quanto avrebbe affidato i pazienti già assistiti dalla RSA gestita dalla società ricorrente al personale dipendente da altra struttura benché questa fosse priva delle prescritte autorizzazioni amministrative, in tal modo di fatto sostituendosi all’amministrazione nel potere di verifica della sussistenza dei requisiti di legge e di autorizzazione all’esercizio di attività socio-sanitarie e socio-assistenziali.
Segnala che la Sereni Orizzonti non possederebbe autorizzazione a svolgere l’attività di casa di riposo né tantomeno avrebbe l’autorizzazione all’esercizio di RSA; ricorda che, ai sensi del Decreto n. 102 del 1992, l’attività socio-sanitario non è attività libera ma soggetta a un regime di autorizzazioni amministrative, e ricostruisce il quadro normativo, costituito dalla normativa primaria integrata con i regolamenti della Regione Puglia, n. 4 del 2007 e n. 4 del 2019, da cui discende che l’attività di cura e assistenza dei pazienti anziani possa essere svolta in forma di impresa ma solo da parte di soggetti previamente autorizzati dalle autorità amministrative competenti, con autorizzazioni rilasciate ad personam previa verifica da parte dell’autorità amministrativa del possesso dei requisiti di legge.
Conclude affermando che il g.e., autorizzando il subentro di un terzo soggetto privo di autorizzazione nell’assistenza agli anziani ospiti nell’immobile in questione, si sia illegittimamente sostituito alla pubblica amministrazione nell’esercizio dei poteri di autorizzazione e di valutazione preordinati alla verifica della sussistenza dei requisiti per l’esercizio di attività socio-assistenziali e socio-sanitarie.
6. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio sulla base delle conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., del Pubblico Ministero, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il Pubblico Ministero chiede che le Sezioni Unite dichiarino l’inammissibilità dell’istanza di regolamento di giurisdizione, perché il regolamento è stato proposto in pendenza di un procedimento di esecuzione, nell’ambito del quale non è esperibile.
Il Procuratore generale ricorda che la Corte di legittimità, dalla pronuncia n. 1139 del 2000 in poi, si è sempre espressa nel senso della inammissibilità del regolamento di giurisdizione proposto in pendenza di un processo di esecuzione, dovendo l’ambito di applicazione del detto rimedio processuale ritenersi circoscritto entro i confini del processo di cognizione. Richiama il contenuto di quella decisione, in cui si afferma che, pur costituendo l’esecuzione forzata uno degli aspetti della tutela giurisdizionale dei diritti (poiché il processo esecutivo si svolge dinanzi ad un giudice dotato del potere di realizzare coattivamente il diritto della parte istante, e poiché detto giudice è tenuto pure sempre a verificare d’ufficio l’esistenza o meno della propria giurisdizione), la lettura del combinato disposto degli artt. 41 e 367 codice di rito, postula il necessario abbandono dell’interpretazione estensiva della norma dettata in tema di regolamento di giurisdizione, e la collocazione del rimedio processuale “de quo” nell’alveo di quel solo processo (quello, appunto, di cognizione) nel quale pare legittimo il riferimento ad una “decisione di merito di primo grado” avente natura di sentenza, e ad organi quali “il giudice istruttore ed il collegio” (cui spetta, ex art. 367 nuovo testo, il potere di decidere sulla sospensione del procedimento), laddove, nel processo esecutivo, manca sia uno sviluppo “per gradi”, sia la pronuncia di decisioni aventi natura di sentenza, sia un organo giurisdizionale designato “ex lege” come “giudice istruttore” (parlando la legge, viceversa, di “giudice dell’esecuzione”).
RAGIONI DELLA DECISIONE
7. – La Speranza s.r.l. ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione nell’ambito del procedimento esecutivo promosso dalla SERCO s.r.l. ex art. 612 e 614 c.p.c., per ottenere il rilascio dell’immobile del quale l’intimata è risultata aggiudicataria all’esito di asta pubblica indetta dalla Curatela del Fallimento ***** s.r.l.. Secondo la stessa esposizione dei fatti resa dalla ricorrente, il ricorso è stato proposto dopo che, con ordinanza del 2.12.2020, e poi con successiva ordinanza modificativa della precedente, resa in data 22.3.2021, il Giudice dell’esecuzione ha stabilito le modalità per il rilascio dell’immobile, completando il procedimento esecutivo.
8. – Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto è inammissibile, conformemente alle conclusioni tratte dal Pubblico Ministero, in quanto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, e’ inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione proposto nell’ambito del processo esecutivo. Tale affermazione, effettuata ab initio da Cass. S.U. n. 1139 del 2000, è stata successivamente sempre confermata, da Cass. S.U. n. 19172 del 2005, da Cass. S.U. n. 4912 del 2006, da Cass. S.U. n. 26109 del 2007, da Cass. S.U. n. 13633 del 2008 e da Cass. S.U. n. 10320 del 2016. In tempi più recenti ha trovato la sua indiretta conferma anche in Cass. S.U. n. 4880 del 2019, laddove le Sezioni Unite hanno giudicato ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione proposto nell’ambito del giudizio di ottemperanza, proprio sulla scorta delle differenze di fondo tra il giudizio di ottemperanza, ove al giudice amministrativo è attribuito uno spazio di cognizione, ed il procedimento esecutivo, ove questo spazio non esiste e non ha senso che si proceda all’individuazione del giudice avente giurisdizione a dirimere la controversia, perché non c’e’ neppure una controversia da dirimere né un procedimento di cognizione da decidere (da Cass. S.U. n. 4880 del 2019: “In relazione al secondo profilo d’inammissibilità, deve osservarsi che il giudizio di ottemperanza non costituisce un giudizio a natura esclusivamente esecutiva dal momento che il giudice dell’esecuzione gode di poteri cognitivi che implicano la potestà di interpretare, integrare e precisare, pur se entro determinati limiti, il dictum del giudice di cognizione (Cons. St., sez. V, 14 aprile 2016, n. 1497; S.U. 24673 del 2009)”).
Ciò peraltro non priva le parti del potere di contestare la legittimità del provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione, o del suo operato ma ciò dovrà essere fatto con gli strumenti propri del procedimento di esecuzione, cioè con le opposizioni esecutive.
Lo stesso art. 41 c.p.c., specifica che il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto finche la causa non sia decisa nel merito in primo grado, presupposto che non è concepibile nell’esecuzione forzata sia perché non vi è controversia da decidere, sia perché non si tratta di un processo che si sviluppa in più gradi. Nel caso di specie, peraltro, il procedimento si è anche concluso, in quanto è stata emessa l’ordinanza che indica le modalità per l’esecuzione del rilascio.
Si aggiunga che l’art. 279 c.p.c., n. 1, impone la forma della sentenza quando si pronuncia su questioni di giurisdizione, mentre il giudice dell’esecuzione non decide mai con sentenza. Infine, della L. n. 69 del 2009, art. 59, fissa per la translatio iudicii il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato dalla pronuncia, indicazione che necessariamente si riferisce alla decisione del giudice della cognizione, posto che le decisioni del giudice dell’esecuzione non sono suscettibili di giudicato ma possono esclusivamente produrre un effetto “pro iudicato”, rimanendo non attaccabili in caso di mancato esperimento di una tempestiva opposizione agli atti esecutivi.
In parallelo, anche la contestazione della competenza del giudice dell’esecuzione e le relative decisioni non possono essere impugnate con regolamento di competenza ma avverso di esse deve essere proposta l’opposizione agli atti esecutivi, all’interno della cui fase di cognizione è proponibile il regolamento di competenza (v. Cass. n. 8172 del 2018).
Ne consegue che, nell’ambito di una esecuzione di obblighi di fare (nel caso di specie, relativa al rilascio di un immobile), ex art. 612 c.p.c., la contestazione relativa alla violazione dei limiti ai poteri del giudice dell’esecuzione di ordinare un facere all’esecutato, qualora vengano previste modalità involgenti aspetti autorizzatori riservati alla Pubblica amministrazione, può essere formulata solo con lo strumento dell’opposizione all’esecuzione o dell’opposizione agli atti esecutivi ma non con lo strumento del regolamento preventivo di esecuzione.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, in difetto di attività difensive da parte degli intimati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022