LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10303/2016 R.G. proposto da:
CADORE ASFALTI s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Maurizio Cian, del foro di Venezia e Massimo Panzarani, del foro di Roma, con domicilio eletto in Roma, piazza Cavour n. 17, presso lo studio del secondo difensore;
– ricorrente –
contro
IMPRESA C. s.a.s. di C. M.& C., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1914 depositata il 29 luglio 2015.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3 giugno 2021 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.
OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO Ritenuto che:
– il Tribunale di Belluno, sull’opposizione proposta dalla Cadore Asfalti s.r.l. avverso il decreto ingiuntivo emesso su istanza dell’Impresa C. s.p.a. dal Pretore di Belluno, avente ad oggetto la somma di Lire 40.741.059 dovuta per la fornitura di conglomerati bituminosi per l’asfaltatura di strade, con sentenza n. 331/2007, rigettava la domanda volta ad accertare il grave inadempimento dell’opposta per aver quest’ultima venduto una merce qualitativamente inferiore rispetto agli standard garantiti in contratto e la riconvenzionale di risarcimento dei danni subiti dall’opponente a causa dell’inadempimento dell’opposta, e confermava, per l’effetto, il decreto ingiuntivo;
– sul gravame interposto dalla Cadore Asfalti s.r.l., la Corte di appello di Venezia, nella resistenza dell’appellata, con sentenza n. 1914/2015, respingeva l’appello e confermava integralmente il provvedimento impugnato condividendo le ragioni del primo giudice.
In particolare, la Corte dopo aver affermato che il materiale, sia pur in misura limitata, non era perfettamente corrispondente ai criteri contrattuali, rilevava la mancanza di qualsivoglia prova dell’incidenza causale dell’inadempimento dell’appellata sui danni lamentati, assorbite le ulteriore censure;
– per la cassazione del provvedimento della Corte di appello di Venezia la Cadore Asfalti s.r.l. ricorre sulla base di due motivi;
– è rimasta intimata la Impresa C. S.a.s. di C. M.&C..
Attesa che:
– con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1497 c.c., in relazione all’art. 1490 c.c., per aver il giudice di appello applicato al caso di specie la garanzia per i vizi e non la diversa disciplina concernente la mancanza di qualità essenziali e/o promesse.
Ad avviso della ricorrente, il giudice avrebbe dovuto applicare non già la generale disciplina di cui all’art. 1490 c.c., ma la disciplina più specifica contemplata dall’art. 1497 c.c., per le seguenti ragioni: a) il materiale difettava della qualità promessa e garantita (percentuale di bitume non inferiore al 5/5,5%); b) il materiale non presentava la qualità necessaria all’uso cui era destinato (asfaltatura di brevi tratti di strada e/o piccoli piazzali che non consentiva la rullatura e compressione con mezzi meccanici di notevole peso ed ingombro); c) la carenza di legante era per nulla modesta ma vicina o superiore al 20% (3,7/4% invece che 5/5,5%) rispetto al pattuito e quindi in misura tale da ritenersi assolutamente intollerabile.
Non applicandosi la disciplina generale sulla garanzia per i vizi, secondo la ricorrente non assumerebbe alcun rilievo l’incidenza dei vizi sui danni lamentati, ma avrebbero dovuto applicarsi le conseguenze derivanti dall’art. 1497 c.c., ossia l’inadempimento contrattuale, la risoluzione del rapporto e il risarcimento del danno. Aggiunge la ricorrente che l’assenza della prova dell’incidenza causale di detto inadempimento sui danni lamentati dichiarata dal giudice avrebbe potuto essere – eventualmente – motivo di rigetto della domanda accessoria di risarcimento del danno e non già di quella principale.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Osserva il Collegio che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito che, in tema di compravendita, il vizio redibitorio di cui all’art. 1490 c.c. e la mancanza di qualità promesse o essenziali di cui all’art. 1497 c.c., pur presupponendo l’appartenenza della cosa al genere pattuito, si differenziano in quanto il primo riguarda le imperfezioni e i difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa medesima, mentre la seconda è inerente alla natura della merce e concerne tutti gli elementi essenziali e sostanziali che influiscono, nell’ambito del medesimo genere, sull’appartenenza ad una specie piuttosto che ad un’altra (Cass. n. 6596 del 2016).
Alla luce di siffatte osservazioni, è evidente che la fattispecie in esame non pare ricadere nella disciplina di cui all’art. 1497 c.c., a fronte dell’accertamento dei giudici di merito. Difatti, la Corte di appello e prima ancora il Tribunale, tenendo conto delle conclusioni cui era giunto l’ausiliare del giudice in primo grado, hanno accertato che sebbene in misura limitata il materiale non fosse perfettamente corrispondente ai criteri contrattuali pattuiti, lo stesso era comunque corrispondente al genere concordato.
Dunque, avendo la Corte distrettuale deciso qualificando la fattispecie come ipotesi di inadempimento – ricostruzione effettuata sul contenuto del rapporto contrattuale intercorso fra le parti e l’esito della relazione del c.t.u. – è correttamente passata ad esaminare il principio generale sancito dall’art. 1455 c.c., in materia di risoluzione del contratto, con la conseguenza di ritenere legittimo il suo esercizio per i vizi concretanti un inadempimento di non scarsa importanza, in funzione della loro capacità di rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata o di diminuire in modo apprezzabile il valore, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito (cfr. Cass. n. 21949 del 2013).
La Corte distrettuale ha verificato, altresì, che la non gravità dell’inadempimento fosse desumibile non solo dalla “limitata” misura nella percentuale di bitume presente nel materiale fornito, ma anche dalla mancata riferibilità dei danni lamentati a detto inadempimento per la presenza di una concausa legata alle modalità di posa in opera della miscela, oltre alla mancanza di qualsivoglia prova al riguardo, applicando correttamente il principio enunciato da questa Corte secondo cui, in tema di azioni di garanzia per vizi della cosa venduta, l’onere della prova dei difetti e delle eventuali conseguenze dannose nonché dell’esistenza del nesso causale fra i primi e le seconde, fa carico al compratore che fa valere la garanzia (Cass., Sez. Un., n. 11748 del 2019; Cass. n. 8199 del 2020; Cass. n. 18125 del 2013);
– con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.c., la nullità della sentenza per omessa pronuncia su specifica domanda giudiziale per non essersi la Corte di appello pronunciata sulla domanda risarcitoria proposta in via accessoria e riconvenzionale da parte della ricorrente.
Ad avviso del ricorrente entrambi i giudici del merito avrebbero accertato e dichiarato la sussistenza del denunciato inadempimento della C., ma ciò nonostante sullo specifico punto e sulla relativa domanda giudiziale la Corte distrettuale avrebbe totalmente omesso di considerare che su siffatto capo della pronuncia era ‘calato il definitivo giudicatò (v. pag. 14 del ricorso). Il motivo va respinto in quanto, oltre ad essere articolato in modo confuso, non è fondato.
Il ricorrente non tiene conto del fatto che sebbene l’azione di risarcimento del danno spettante all’acquirente per l’inadempimento del venditore abbia carattere autonomo, nel senso che è proponibile indipendentemente dall’esperimento dell’azione di risoluzione del contratto o di quella di riduzione del prezzo, occorre pur sempre, tuttavia, che ricorrano i presupposti dell’azione di garanzia, e che siano quindi non solo dimostrati la sussistenza e la rilevanza dei vizi, ma anche osservati i termini di decadenza e di prescrizione e, più in generale, tutte le condizioni stabilite per l’esercizio di tale azione (cfr. Cass. n. 15481 del 2001; Cass. n. 3527 del 1993).
In questi termini la circostanza per cui la Corte di appello, e prima il Tribunale, con valutazione “in fatto” congrua ed esaustiva, ha riconosciuto che il conglomerato bituminoso fornito non fosse perfettamente corrispondente ai criteri contrattuali concordati non incideva sulla natura del bene fornito, id est che non fosse risultato inidoneo all’uso cui era destinato, vale di per sé ad elidere il presupposto e dell’azione di garanzia e di qualsivoglia pretesa risarcitoria.
Nei medesimi termini quindi per nulla si giustificano le prospettazioni della ricorrente secondo cui “sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno, in definitiva, accertato e dichiarato la sussistenza del denunciato inadempimento della C.” (v. pag. 13 del ricorso) e che “su detto capo della decisione (l’inadempimento), è calato il definitivo giudicato”, giacché proprio dal tenore complessivo della decisione emerge che non vi era stato il grave inadempimento dedotto. Da ciò discende che il rigetto della domanda di risarcimento dei danni risulta consequenziale e non meritevole di censura.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Nessuna pronuncia sulle spese di lite in difetto di difese da parte della società intimata.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 3 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022
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