Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.1220 del 17/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29130/2016 proposto da:

G.M.D., G.R., rappresentate e difese dall’avvocato Vincenzo D’alba;

– ricorrenti –

contro

G.L., rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Mundo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1611/2015 della Corte d’appello di Catanzaro, depositata il 21/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/06/2021 dalla Consigliera Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– il sig. G.L. ha chiesto con citazione notificata alla zia G.A. in data 5/9/1998 accertarsi l’intervenuta usucapione di alcuni appezzamenti di terreno sito in ***** e su uno dei quali insiste un piccolo fabbricato rurale, da lui posseduti in modo pubblico e pacifico apportandovi miglioramenti consistiti nella realizzazione di una piantagione di ulivi;

– costituendosi la convenuta G.A. eccepiva di avere trasferito i terreni in oggetto con atto pubblico del 1/8/1998 a G.V. e G.R., genitori dell’attore, e quindi di non essere passivamente legittimata mentre nel merito contestava la sussistenza del presupposto del possesso continuativo ed ininterrotto in capo all’attore;

– disposta “l’integrazione del contraddittorio” si costituivano G.M.D. e G.G. i quali nel merito allegavano che l’originaria proprietaria di tutti i terreni oggetto di causa era G.A. quale assegnataria a seguito di divisione del 1983 dei beni ereditari materni paterni; la stessa aveva successivamente alienato con atto pubblico del 1 agosto 1998 gli stessi terreni alla sorella G.R. ed al marito di questa G.V., i quali avevano sempre avuto la disponibilità ed il possesso dei terreni in questione; aggiungevano che volendo i coniugi G.R. e V. trasferire il loro patrimonio immobiliare ai figli avevano effettuato delle donazioni in loro favore; tutti figli dei coniugi avevano accettato i lasciti ad eccezione di G.L., sicché proprietari esclusivi dei terreni dovevano intendersi G.M.D. e G.G. e i coniugi G.R. e V. in relazione ai terreni donati al figlio L. ma da questi non accettati;

– in conseguenza di ciò G.M.D. e G.G. deducevano l’inammissibilità della domanda per carenza del contraddittorio e nel merito per infondatezza;

– integrato il contraddittorio con la chiamata di terzo nei confronti dei coniugi G.R. e V., nonché svolta l’istruttoria testimoniale e documentale, l’adito Tribunale di Castrovillari accoglieva la domanda attorea con ordine al Conservatore dei Registri immobiliari di Cosenza di procedere alla trascrizione della sentenza con condanna dei convenuti al pagamento delle spese di lite;

– avverso la sentenza di prime cure hanno proposto gravame G.P., G.M.D. e G.R. rispettivamente il primo e la terza in qualità di eredi di G.V. e la terza anche in proprio, contestando la decisione di autorizzazione alla chiamata adottata dal primo giudice ai sensi dell’art. 106 c.p.c., del codice di rito nonché la fondatezza della decisione di merito;

– costituitosi l’appellato G.L., la Corte d’appello di Catanzaro ha respinto il gravame;

– in particolare, la corte d’appello ha ritenuto infondata oltre che tardiva la contestazione sollevata dagli appellanti sulla decisione del giudice di autorizzare la chiamata in causa dei terzi soggetti emersi quali effettivi titolari del diritto di proprietà dei beni in questione, evidenziando che oggetto della censura è la valutazione discrezionale del giudice in ordine alla chiamata del terzo indicato quale unico legittimato passivo dall’originario convenuto, decisione che per costante orientamento giurisprudenziale non è suscettibile di impugnazione né è sindacabile in sede di legittimità;

– la corte territoriale ha altresì respinto nel merito il gravame motivando sulla scorta del portato probatorio delle emergenze istruttorie acquisite nel giudizio, dalle quali è emerso che G.L. ebbe a ricevere in dono i fondi di cui si discute in vista del suo matrimonio sin dalla fine degli anni 70 e che ne aveva la disponibilità materiale quantomeno a partire dal febbraio del 1978, possedendoli con atteggiamento soggettivo e comportamento oggettivo propri del proprietario esclusivo, senza alcuna prova che ciò sia avvenuto per qualche forma di tolleranza del formale intestatario;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da G.M.D. e da G.R. con ricorso affidato a tre motivi, cui resiste G.L. che articola, a sua volta, ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo; considerato che:

– vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità genericamente formulate dal controricorrente a pag. 5 e 6 del controricorso così come quella di improponibilità ex art. 348 ter c.p.c., del ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per vertere in fattispecie di c.d. doppia conforme, disciplina inapplicabile ratione temporis per essere il giudizio d’appello concluso con la sentenza qui impugnata introdotto prima della riforma normativa introdotta con il D.L. n. 83 del 2012, conv. con mod. con L. n. 134 del 2012;

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli art. 100,102 e 106 e 107 c.p.c., per avere la sentenza ritenuto ammissibile la chiamata dei terzi in causa pur in assenza delle condizioni prevista dalla legge, stante il difetto di legittimazione passiva dell’originaria convenuta;

– la censura è inammissibile oltre che infondata;

– non risulta, infatti, specificata alcuna tempestiva contestazione da parte degli odierni ricorrenti al provvedimento giudiziale di integrazione che qui si censura, non potendo a tale fine rilevare il riferimento alla comparsa di costituzione della sig.ra G.A., che era stata originariamente convenuta ed aveva posto la questione del difetto di legittimazione passiva;

– nel merito la decisione censurata è conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia (cfr. Cass. 7083/1995; id. 4129/2002; id. 22596/2004; id. 6208/2013);

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c., per l’omessa valutazione di prove testimoniali su fatti decisivi per il giudizio pure oggetto di discussione quanto agli elementi costitutivi dell’istituto dell’usucapione, alla durata del possesso utile ad usucapionem e alla individuazione del dies a quo del possesso stesso;

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli art. 1102,1141 e 1164 c.c., per avere la corte d’appello ritenuto sulla scorta di qualche deposizione testimoniale un valido possesso in capo all’attore sulla base della riferita donazione verbale pur essendo stata eccepita la mancanza di un interversio possessionis;

– il secondo ed il terzo motivo attengono all’apprezzamento delle prove e possono essere esaminati insieme;

– le censure sono infondate perché sebbene articolate come violazione di legge attingono a principi interpretativi non pertinenti alla fattispecie accertata ed investono l’apprezzamento delle prove svolto dal giudice del merito (cfr. Cass. 828/2007; id. 5076/2007; id. 635/2015);

– quanto alla critica fondata sull’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non risulta che la circostanza che i genitori dell’originario attore abbiano vissuto con lui nei luoghi oggetto di causa sino al 1994 a fronte del riconosciuto possesso in capo all’attore sin dal febbraio 1978 costituisca fatto decisivo determinante una conclusione sfavorevole alla domanda di usucapione di G.L.;

– il giudice di merito ha, infatti, ritenuto che l’allegata donazione verbale, pur inidonea formalmente a trasferire la proprietà dei terreni, costituisce, nondimeno, chiara manifestazione della volontà dei genitori del G.L. di trasferire il possesso uti dominis dei beni, cui non ha fatto seguito la prova di alcuna successiva contestazione o contraria volontà, il cui onere incombeva su chi quel trasferimento aveva posto in essere;

– si tratta di motivato esercizio del prudente apprezzamento del giudice del merito, insindacabile dal giudice di legittimità (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014);

– in definitiva, il ricorso principale è rigettato;

– con riguardo al ricorso incidentale condizionato, con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, la mancata proprosizione dell’appello da parte di tutti gli eredi di G.V. deceduto nelle more dell’impugnazione;

– il rigetto del ricorso principale è assorbente rispetto all’esame di quello incidentale condizionato;

– in applicazione del principio di soccombenza i ricorrenti vanno condannati alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo con distrazione a favore del procuratore antistatario ex art. 93 c.p.c.;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 2300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge, con distrazione a favore del procuratore antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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