LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36495/2018 RG proposto da:
S.M., elettivamente domiciliata presso l’avv. Franca Bianchi con studio in Roma, via Appia Nuova 478, rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al ricorso, dall’avv. Angelo Frioni che dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al giudizio al fax 075/5726892 e alla p.e.c.
angelo.frioni.avvocatiperugiapec.it;
– ricorrente –
nei confronti di:
S.C., rappresentato e difeso, per procura speciale su foglio separato, dall’avv. Alessandra Bianchini la quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni di legge presso il fax n. 075.8556930 o all’indirizzo di p.e.c.
alessandra.bianchini.avvocatiperugiapec.it;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 326/2018 depositata dalla Corte di appello di Perugia in data 12 maggio 2018 RG n. 495/2017;
sentita la relazione in Camera di consiglio del Presidente relatore.
RILEVATO
che:
S.M. ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 326/2018 che, accogliendo l’appello di S.C., ha revocato l’assegno divorzile a favore della ricorrente fissato in primo grado dal Tribunale in Euro 550 mensili.
La Corte di appello – avendo come riferimento la sentenza della Corte di Cassazione n. 11504 del 10 maggio 2017 – ha rilevato che la dichiarazione, resa dalla odierna ricorrente, in sede di separazione consensuale, di autosufficienza economica, la sua attitudine all’attività lavorativa (dimostrata dalla rinuncia per dimissioni volontarie a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato iniziato in epoca successiva alla separazione), la disponibilità di immobili di sua proprietà escludevano la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile attribuito invece dal Tribunale sulla base della pregressa giurisprudenza di legittimità incentrata sul diritto alla conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. La Corte territoriale ha anche escluso la rilevanza delle deduzioni della sig.ra S. circa la modestia della sua condizione economica attuale, imputabile al rifiuto del marito di continuare a farle prestare il suo lavoro nell’attività di tappezzeria, creata da entrambi, alla mancata predisposizione di forme assistenziali e pensionistiche in suo favore nonostante il lavoro prestato nelle attività di famiglia.
Con il ricorso per cassazione S.M. fa valere il mutamento di giurisprudenza espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18287/2018 e, in tale prospettiva, lamenta l’omesso esame di fatti decisivi, ai fini dell’applicazione del criterio compensativo-perequativo affermato dalle Sezioni Unite, riassumibili nel contributo dato alla conduzione del menage domestico e all’attività imprenditoriale familiare. Contesta infine la condanna alle spese di entrambi i gradi del giudizio di cui alla motivazione della Corte di appello che peraltro risulta smentita dal differente tenore del dispositivo con il quale la Corte distrettuale ha condannato alle spese di lite S.C. il quale, a sua volta, con il proprio controricorso sostiene che la motivazione della sentenza impugnata appare pienamente conforme anche al mutamento giurisprudenziale invocato dalla ricorrente.
RITENUTO
che:
I primi due motivi del ricorso sono fondati e vanno accolti restando invece assorbito il terzo motivo.
Contrariamente all’assunto del controricorrente la Corte distrettuale umbra ha fondato la propria decisione sull’esclusivo carattere assistenziale dell’assegno divorzile e, in questa prospettiva, ha valutato i redditi, le capacità lavorative e le disponibilità patrimoniali dei due coniugi pervenendo ad escludere la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile. Coerentemente ha quindi escluso ogni rilevanza al contributo prestato dalla sig.ra S. all’impresa di famiglia e alla conduzione del menage familiare. Tale impostazione è incompatibile con la giurisprudenza di legittimità rappresentata dalla citata decisione delle Sezioni Unite del 2018 che costituisce ormai la giurisprudenza consolidata in materia di assegno divorzile.
La Corte di appello di Perugia, cui la causa va rinviata anche per la regolazione delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, dovrà pertanto rivalutare la sussistenza dei presupposti per l’eventuale attribuzione alla sig.ra S. di un assegno divorzile quale espressione della funzione compensativa-perequativa valorizzata dalla sentenza n. 18287 dell’11 luglio 2018 di questa Corte che l’odierna ricorrente aveva già prospettato chiedendo il rigetto dell’appello e riferendosi al proprio contributo da lei prestato alla vita familiare e all’attività di impresa creata da entrambi i coniugi.
Va disposto l’oscuramento dei nominativi e degli altri dati identificativi delle parti in caso di pubblicazione o diffusione della presente ordinanza.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo, cassa e rinvia alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
Dispone che venga omessa l’indicazione dei nominativi e degli altri dati identificativi delle parti in caso di pubblicazione o diffusione della presente ordinanza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022