LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21722-2020 proposto da:
A.G., nella sua qualità di amministratore di sostegno del figlio A.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE ROMEO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA SALUTE, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 172/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 22/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Trieste ha respinto l’appello proposto da A.G., quale amministratore di sostegno di A.S. (divenuto maggiorenne nel corso del giudizio di appello e prima rappresentato dai genitori, A.G. e C.A.A., esercenti la potestà), confermando la pronuncia di primo grado, di rigetto della domanda di indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992.
2. La Corte territoriale ha ritenuto non dimostrato il nesso causale tra la vaccinazione antipolio, a cui il minore era stato sottoposto negli anni dal 2000 al 2002, e la patologia successivamente diagnosticata (dalle Commissioni per l’accertamento dell’handicap e non contestata dalle parti) di “ritardo globale dello sviluppo e della comunicazione con disturbo del linguaggio e dell’apprendimento”.
3. I giudici di appello hanno rilevato, tra l’altro, “l’assenza di accertamenti strumentali (esami RM) da cui si arguisca un quadro di natura organica da porre in relazione al trattamento vaccinale citato e (l’assenza di) riscontri anamnestici e documentali di una vera e propria reazione avversa ad un vaccino”, nonché mancante “l’allegazione di una condizione di normalità del fanciullo prima dei trattamenti vaccinali segnalati come nocivi”. Hanno sottolineato che “sul versante statistico ed epidemiologico non vi sono evidenze scientifiche di valore a suffragio delle tesi attoree, sul pano temporale non vi sono elementi che consentano di associare come causa della patologia la somministrazione del vaccino…; che per quanto attiene al criterio di plausibilità, le evidenze scientifiche depongono in senso opposto ad esso, essendo poi ignote e comunque multifattoriali le cause dell’insorgenza della patologia qui lamentata…”.
4. Avverso tale sentenza A.G., quale amministratore di sostegno di A.S., ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; il Ministero della salute ha resistito con controricorso.
5. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
6. Col primo motivo di ricorso è dedotta nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione della L. n. 210 del 1992, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Corte d’appello valutato fatti determinanti per la decisione della causa.
7. Col secondo motivo è denunciata nullità della sentenza per violazione della L. n. 210 del 1992, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la sentenza impugnata valutato la fattispecie secondo il criterio della ragionevole probabilità.
8. I motivi di ricorso sono all’evidenza inammissibili.
9. Il primo motivo si esaurisce nella critica, peraltro con ampi riferimenti a documenti e alla relazione di c.t.u. solo in parte trascritti e non depositati, ai passaggi motivazionali della sentenza d’appello relativi al danno subito dal minore e al negato nesso di derivazione causale o concausale rispetto alla somministrazione del vaccino. Tali censure si collocano al di fuori del perimetro segnato dall’art. 360 c.p.c., n. 5, che presuppone l’omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio (v. Cass., S.U. n. 8053 del 2014), e si risolvono in una inammissibile critica alla valutazione degli elementi probatori raccolti come operata dai giudici di appello.
10. Non ricorre la violazione dell’art. 132 c.p.c., pure evocata a pag. 2 del ricorso, atteso che la motivazione della sentenza impugnata rispetta ampiamente il requisito cd. del minimo costituzionale, delineato dalle S.U. di questa Corte con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014.
11. Anche il secondo motivo di ricorso si traduce nella critica alla valutazione di merito compiuta dalla Corte territoriale in quanto assume che la sentenza impugnata, nella ricostruzione del nesso causale, abbia ignorato numerosi elementi di prova forniti dal ricorrente e si sia erroneamente adagiata sulle conclusioni del c.t.u. nominato in primo grado, risultando per le ragioni già esposte inammissibile.
12. Questa Corte ha chiarito che, rispetto alla sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è denunciabile in sede di legittimità la palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, oppure l’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non possa prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in una critica del convincimento del giudice, come tale inammissibile (v. Cass. n. 1652 del 2012).
13. Inammissibile è la censura di mancata adesione della Corte d’appello alla istanza di parte di rinnovo della c.t.u.. La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice. (v. Cass. 15219 del 2007, n. 9461 del 2010; n. 326 del 2020). Nel caso di specie, la Corte d’appello ha espressamente escluso la necessità di rinnovare l’indagine peritale ritenendo le osservazioni e le conclusioni del c.t.u. nominato in primo grado frutto di una attenta disamina degli atti e dei fatti di causa oltre che immuni da vizi di qualsiasi tipo.
14. Per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
15. La regolazione delle spese segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
16. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito come per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022