LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLÈ Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1487-2020 proposto da:
G.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANNIBALE CONFORTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA SALUTE, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 590/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 25/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 26/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Catania ha respinto l’appello di G.G., confermando la pronuncia di primo grado, di rigetto della domanda di indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, per il decorso del termine di decadenza all’epoca di presentazione della domanda amministrativa in data 13.1.2005.
2. La Corte territoriale ha premesso che nel ricorso introduttivo di primo grado il G. aveva allegato di aver acquisito la consapevolezza di essere affetto da un’epatopatia, causa di un danno irreversibile, a seguito degli esami diagnostici effettuati durante il ricovero dal ***** presso l’Ospedale *****.
3. Ha rilevato che solo nel ricorso in appello il predetto aveva indicato la data del 30.6.2004 quale momento di acquisizione della consapevolezza di una epatopatia irreversibile, a seguito della diagnosi posta dal Dott. D.M., presso l’unità operativa di malattie infettive dell’Ospedale *****, di “ascesso odontogeno in ECA HCV in terapia antivirale” con consiglio di sospensione della terapia in atto.
4. Ha ritenuto che la condotta processuale dell’appellante “che sposta in avanti il momento di acquisizione della consapevolezza di un danno irreversibile, individuando una data mai indicata in primo grado, rappresenta una modifica della causa petendi inammissibile in appello, documentata, peraltro, da una certificazione medica prodotta tardivamente solo unitamente all’appello, sebbene risalente ad epoca anteriore alla instaurazione del giudizio di primo grado”.
5. Avverso tale sentenza G.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da successiva memoria. Il Ministero della salute ha resistito con controricorso.
6. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
7. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, anche in combinato disposto con la L. medesima, art. 4, comma 4, e dell’art. 149 disp. att. c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
8. Si assume che la Corte di merito abbia violato l’art. 3, comma 1 cit., là dove ha individuato nel maggio 2001 la data di decorrenza del termine di decadenza, in relazione al momento di consapevolezza della irreversibilità dell’epatopatia, senza accertare il momento di consapevolezza del superamento della soglia minima di indennizzabilità.
9. Si argomenta la violazione dell’art. 149 disp. att. c.p.c., applicabile anche al diritto previsto dalla L. n. 210 del 1992, in base al dato di fatto per cui la Commissione medico ospedaliera ha ascritto la patologia del ricorrente alla 6 categoria della tabella allegata al D.P.R. n. 834 del 1981, e ciò ha fatto in base a referti di data anteriore e successiva alla presentazione della domanda amministrativa. Si sostiene che, in difetto di accertamento da parte dei giudici di merito sul momento di consapevolezza del superamento della soglia minima di indennizzabilità, deve presumersi che tale momento coincida, al più tardi, con la data del verbale di visita medica ai fini del procedimento amministrativo, nel caso di specie con la data del 28.5.2007.
10. Il mancato accertamento del momento di consapevolezza del superamento della soglia minima di indennizzabilità è denunciato anche sotto il profilo di omesso esame di un fatto decisivo.
11. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, anche in combinato disposto con la L. medesima, art. 3, comma 3, per errata individuazione del dies a quo di decorrenza del termine triennale di presentazione della domanda amministrativa a causa dell’omesso accertamento del momento di consapevolezza della eziologia post-trasfusionale della epatite virale.
12. Il primo e il secondo motivo di ricorso sono inammissibili in quanto il ricorrente non allega e non dimostra di avere sollevato tali questioni nei giudizi di merito (Cass. n. 23675 del 2013; n. 20703 del 2015; n. 18795 del 2015; n. 11166 del 2018). Non solo, dall’esame del ricorso in appello (allegato al ricorso per cassazione) si ricava (pag. 19) che lo stesso ricorrente aveva allegato la “pacificità della esistenza del nesso causale tra i fatti (emotrasfusioni infettanti) e gli eventi dannosi (patologia epatica) e della ascrivibilità della patologia a categoria tabellare”, in quanto requisiti riconosciuti dal ministero prima del giudizio di primo grado, non contestati in giudizio e accertati dal c.t.u..
13. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, e art. 416 c.p.c., comma 3, per avere i giudici di appello omesso di porre a fondamento della decisione, sul dies a quo di decorrenza del termine decadenziale, fatti non specificamente contestati dal Ministero appellato e cioè che solo in data 30.6.2004, in base al referto del Dott. D.M., l’attuale ricorrente per la prima volta aveva avuto consapevolezza di un danno irreversibile causato dall’epatite virale.
14. Neppure questo motivo può trovare accoglimento.
15. L’onere di contestazione concerne le sole allegazioni in punto di fatto, cioè i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, ovvero i fatti materiali che integrano la pretesa sostanziale dedotta in giudizio, e non si estende alle circostanze che implicano un’attività di giudizio (Cass. n. 11108 del 2007; n. 6606 del 2016). Nel caso di specie, il principio di non contestazione è invocato non rispetto alla allegazione di un fatto in senso storico, bensì quanto alla ricostruzione del momento di consapevolezza del G. sul danno irreversibile.
16. Con il quarto motivo è dedotta nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 437 c.p.c., e art. 115 c.p.c., comma 2, per avere i giudici di appello omesso di fondare la decisione su un documento nuovo ma indispensabile ai fini della decisione, rappresentato dal citato referto del Dott. D.M., del 30.6.2004, grazie al quale il G. ha avuto consapevolezza, per la prima volta, di una epatopatia irreversibile.
17. Il motivo è infondato.
18. In applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2, il giudice d’appello, nell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, deve acquisire e valutare i documenti esibiti nel corso del giudizio dall’appellato, ove si tratti di documenti indispensabili, perché idonei a decidere in maniera definitiva la questione controversa tra le parti (v. Cass. n. 20055 del 2016; n. 11994 del 2018; n. 28439 del 2019).
19. La censura di parte ricorrente prescinde dal requisito di decisività del documento prodotto per la prima volta in appello e, nella sostanza, si esaurisce in una inammissibile critica alla valutazione della Corte di merito sulla esaustività del materiale probatorio raccolto, confermativo delle allegazioni fatte dallo stesso ricorrente nel ricorso introduttivo di primo grado, in ordine alla insorgenza nel maggio 2001 della consapevolezza del predetto di essere affetto da una epatopatia causa di un danno irreversibile.
20. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
21. La regolazione delle spese segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
22. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito come per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2022