LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 12709/2014 proposto da:
L.G., elettivamente domiciliata in Roma Via Pietro della Valle 1, presso lo studio dell’avv. Salvatore Cantelli che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Equitalia SUD S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t.
– intimata –
avverso la sentenza n. 38/2013 della COMM. TRIB. REG. LAZIO depositata il 25/3/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/2021 dal consigliere Dott.ssa D’ORIANO MILENA;
udito per la ricorrente l’avv. Salvatore Cantelli;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacalone Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, con assorbimento degli altri.
FATTI DI CAUSA
1. con sentenza n. 38/28/13, depositata il 25 marzo 2013, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dal Concessionario avverso la sentenza n. 191/2/09 della Commissione Tributaria Provinciale. di Roma, con compensazione delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo per un debito complessivo di Euro 2.298,32 derivante dall’iscrizione a ruolo di debiti di natura tributaria e conseguenti a violazione del codice della strada, oggetto di otto cartelle esattoriali ed un avviso di mora; la contribuente aveva eccepito il difetto di motivazione del provvedimento nonché la mancata notifica dei provvedimenti sottostanti con conseguente decadenza e prescrizione dei crediti;
3. la CTP, nella contumacia dell’Agente della riscossione, aveva accolto il ricorso per un difetto di motivazione dell’atto; la CTR, in riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato il parziale difetto di giurisdizione sulle pretese non tributarie, confermando la giurisdizione solo per due delle otto cartelle presupposte, rigettato l’eccezione di carenza di motivazione, ritenendo insussistente tale obbligo per gli atti del Concessionario, dichiarato legittimo il preavviso di fermo amministrativo, in relazione alle cartelle aventi ad oggetto crediti tributari, in quanto notificate a mani del destinatario o di persona dallo stesso autorizzata;
4. avverso la sentenza di appello, ancora soggetta al termine di impugnazione annuale in presenza di un ricorso introduttivo notificato in data 17-11-2008, la contribuente proponeva ricorso per cassazione, notificato il 12 maggio 2014, affidato a cinque motivi, e depositava istanza di discussione orale ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis; Equitalia Sud S.p.A. rimaneva intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. con il primo motivo di ricorso L.G. eccepiva la nullità della sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 3, art. 16, comma 1 bis, e art. 36, nonché degli artt. 101 e 112 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, stante la mancata comunicazione ai difensori domiciliatari dell’avviso di fissazione dell’udienza di trattazione del giudizio di appello, tenuto in pubblica udienza, che risultava inviato con raccomandata al vecchio indirizzo dei difensori, indicando il destinatario come “trasferito”, con successivo deposito presso la Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale, senza alcuna ricerca del nuovo indirizzo di studio dei difensori, seppure regolarmente comunicato sia al Consiglio dell’Ordine che all’Agenzia delle Entrate;
2. con il secondo motivo eccepiva la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nonché dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonché per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per l’omessa dichiarazione dell’inammissibilità dell’appello proposto avverso la diversa sentenza n. 191/2/08, emessa nei confronti di una parte diversa, e non avverso la sentenza n. 191/2/09 effettivamente emessa a conclusione del giudizio intercorso tra le parti;
3. con il terzo motivo denunciava violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 2 e 19, e degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullità della sentenza per motivazione apparente e illogica in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonché dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, in riferimento alla dichiarazione di difetto di giurisdizione rispetto all’impugnazione di un preavviso di fermo emesso in parte per debiti tributari, ed in ogni caso per aver omesso di ritenere la giurisdizione in relazione all’avviso di mora relativo ad interessi e sopratassa Irpef 1992;
4. con il quarto motivo deduceva falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, e violazione del combinato disposto della L. n. 212 del 2000, artt. 6, 7, 10 e 17, nonché degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullità della sentenza per motivazione apparente e illogica in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonché dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per non aver ritenuto carente di motivazione un preavviso che si limitava ad un richiamo a ruoli ed atti non allegati e privo delle ragioni che ne avevano giustificato l’adozione;
5. con il quinto motivo eccepiva la violazione dell’art. 2909 c.c. stante il giudicato interno formatosi in relazione alla cartella n. *****, già annullata con sentenza della CTP di Roma n. 398747/09 passata in giudicato, nonché in relazione all’avviso di mora, oggetto del preavviso ma non menzionato dal giudice di appello; violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17, 25 e 26, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, dell’art. 149 c.p.c., della L. n. 890 del 1992, art. 7, del D.M. 9 aprile 2001, art. 32, in riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 6, nonché violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonché dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per aver ritenuto correttamente notificate le cartelle, sebbene consegnate ad un indirizzo diverso da quello di residenza nelle mani di un consegnatario di cui non era indicata la qualifica e la cui firma risultava illeggibile, e per non aver dato conto dell’assenza di documentazione in relazione alla notifica dell’avviso di mora.
6. Il primo motivo di ricorso merita accoglimento.
6.1. Il motivo è specifico perché la parte ricorrente, che deduce di non aver ricevuto l’avviso di trattazione del giudizio di appello, seppure tempestivamente costituita, ha indicato gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, ed illustrato la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l’emenda dell’errore denunciato.
Si ricorda che “Quando, con il ricorso per cassazione, venga dedotto un “error in procedendo”, il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali il ricorso è fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicità della eventuale motivazione esibita al riguardo, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto” (vedi da ultimo Cass. n. 20716 del 2018).
Nella specie la verifica va effettuata nel fascicolo d’ufficio, e non in quello di parte, sicché è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369 c.p.c., comma 3; il diverso onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, posto a pena d’inammissibilità del ricorso, di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito, rileva infatti solo per gli atti del fascicolo di parte.
7. Tanto premesso, dall’esame del fascicolo di ufficio risulta che l’avviso di trattazione dell’udienza pubblica di appello del 30/01/2013 è stato comunicato ai difensori con l’invio di una raccomandata al precedente indirizzo dello studio sito in Roma via Federico Cesi 21, e previa indicazione del destinatario come “trasferito”, depositato presso la Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale senza effettuare alcuna ricerca dell’indirizzo della nuova sede, sebbene della variazione dello studio fosse stata data regolare comunicazione al Consiglio dell’Ordine.
Questa Corte ha più volte affermato che “Nel processo tributario, l’onere di notificare alle controparti costituite le variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede è previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l’elezione di domicilio operata presso lo studio del procuratore ha la mera funzione d’indicare la sede dello studio di quest’ultimo, sicché il difensore domiciliatario non ha, a sua volta, l’onere di comunicare il cambiamento d’indirizzo del proprio studio, spettando, invece, al notificante effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia mutato, salva la legittimità della notifica o comunicazione dell’atto presso la segreteria della commissione tributaria ai sensi del medesimo art. 17, comma 3, in caso di esito negativo di tali indagini” (Cass. n. 13238 del 2016; Cass. n. 7257 e n. 28712 del 2017; Cass. n. 29507 del 2020).
In applicazione di tali principi, non può ritenersi valida la notificazione dell’avviso di trattazione della causa presso la segreteria della Commissione, senza che siano state compiute le opportune ricerche dopo il riscontrato trasferimento dello studio, sebbene il difensore domiciliatario avesse comunicato la variazione all’ordine professionale di appartenenza.
8. Tanto premesso, per orientamento consolidato di questa Corte “Nel processo tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dall’art. 61 medesimo decreto, adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicché l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata. (Vedi Cass. n. 12683 e n. 13386 del 2020; n. 18279 del 2018; n. 1786 del 2016; n. 11487 del 2013).
Ne’ rileva se la trattazione sia in udienza pubblica o in camera di consiglio, perché la possibilità di presentare memorie o documenti ex art. 32 sussiste in entrambi i casi, ed anzi è possibile chiedere l’udienza pubblica con istanza notificata entro dieci giorni prima dell’udienza di trattazione.
8.1. Nella specie non risulta poi applicabile altro orientamento secondo cui “Nel processo tributario, la trattazione dell’appello in pubblica udienza, senza preventivo avviso alla parte, costituisce una nullità processuale che travolge, per violazione del diritto di difesa, la sentenza successiva, ma non determina la retrocessione del processo alla commissione tributaria regionale, ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l’allungamento dei tempi del giudizio.”(Vedi Cass. n. 27496 del 2014 e Cass. n. 19579 del 2018 in caso di trattazione del ricorso in camera di consiglio invece che alla pubblica udienza, in presenza di un’istanza di una delle parti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 33).
Premesso che il principio del doppio grado di giurisdizione non è coperto da garanzia costituzionale, e che il diritto di difesa può essere ampiamente salvaguardato dalla previsione del potere dovere del giudice di appello di decidere la causa nel merito, la retrocessione del processo al grado precedente risulta superflua solo allorché non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa una questione di mero diritto.
8.2 Ebbene nella presente controversia tutti i motivi di impugnazione fatti valere dal Concessionario appellante si incentravano sull’esibizione per la prima volta in appello di una copiosa documentazione attinente ai ruoli sottostanti il preavviso di fermo oggetto di impugnazione ed alle notifiche delle cartelle e dell’avviso di mora che ne costituivano il presupposto, nonché sulla verifica del difetto di motivazione dello stesso atto.
L’appello infatti è stato accolto non soltanto su questioni di diritto attinenti alla giurisdizione ed alla motivazione, ma anche all’esito di una verifica in fatto attinente alla regolarità delle notifiche delle cartelle oggetto del preavviso.
Indubbio pertanto che la parte, in conseguenza del mancato avviso dell’avvenuta fissazione dell’udienza, abbia subito, come dedotto, un vulnus al suo diritto di difesa, in quanto privata della possibilità di presentare documenti, memorie aggiuntive o di partecipare alla discussione orale sulle questioni controverse.
9. Per le suesposte considerazioni, accolto il primo motivo, assorbito l’esame degli altri, ne consegue la cassazione della sentenza e il rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per un nuovo esame, anche per le spese, alla CTR del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022
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