LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2654/2014 R.G. proposto da:
C.R., quale socio e legale rappresentante della sciolta società C. snc di C.R. & C, T.M.R., quale socia della sciolta società C. snc di C.R. &
C, rappresentati e difesi dall’Avv. Federica Pezzato e dall’Avv. Francesco Vannicelli, presso il cui studio in Roma, Via Varrone, n. 9, sono elettivamente domiciliati, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria di II grado di Trento, n. 61/01/2013, depositata il 3 giugno 2013.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 novembre 2021 dal Consigliere Luigi D’Orazio, ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, della L. 176 del 2020.
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Vitiello Mauro, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.La Commissione tributaria di II grado di Trento rigettava l’appello proposto da C.R., T.M.R. e la C. s.n.c. di C.R. & C., avverso gli avvisi di accertamento emessi dalla Agenzia delle entrate nei confronti sia della società che dei soci per gli anni 2004, 2005 e 2006, ai fini Ires ed Irap. In particolare, secondo l’Agenzia delle entrate la società aveva contabilizzato in modo erroneo i beni immobili acquistati in leasing, utilizzando l’ammortamento finanziario di cui al principio contabile internazionale Ias 17, e non il metodo “patrimoniale”, in violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 4, inserendo, quindi, tali beni nello stato patrimoniale, tra le attività, come se fossero già di proprietà della utilizzatrice, e quindi, con registrazione nel conto economico sia dei costi di ammortamento, sia dei costi relativi agli interessi pagati al locatore finanziario; la società contribuente, anche dopo la modifica del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 4, che ha introdotto il metodo di contabilizzazione finanziaria, non avrebbe potuto utilizzarlo in quanto, per le sue ridotte dimensioni, poteva redigere il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2435 bis c.c.. Il giudice di appello rilevava, da un lato, che non vi era stato alcun accesso da parte della Agenzia delle entrate, sicché non doveva essere rispettato il termine di sessanta giorni prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, e dall’altro, che la società non poteva utilizzare il metodo di ammortamento finanziario, sia con riguardo al testo previgente dell’art. 109 Tuir, sia in relazione al testo modificato dal D.Lgs. n. 38 del 2005.
2.Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione i contribuenti, depositando anche memoria scritta.
3.Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
4.Questa Corte, con ordinanza del 27 febbraio 2020, ha disposto il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione della controversia in pubblica udienza, dovendosi tenere conto dello ius superveniens costituito dalla L. n. 124 del 2017, art. 1, commi 136-139.
5. C.R., quale socio e legale rappresentante della C. snc di C.R. e T.M.R., nonché quest’ultima quale socia della disciolta società C. s.n.c., hanno presentato atto di rinuncia agli atti, avendo aderito alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 193 del 2016.
6.L’udienza pubblica, dopo un rinvio, si è tenuta il 26 novembre 2021.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di impugnazione i contribuenti deducono la “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 anche in relazione agli artt. 3,24 e 97 Cost. e art. 41 Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea del 2000”, in quanto il giudice di appello non ha tenuto conto che il contraddittorio preventivo deve essere espletato in “qualsiasi attività volta alla verifica, anche in ufficio, della dichiarazione tributaria del contribuente su base documentale”.
2.Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti lamentano la “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della L. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 102, comma 7 e art. 109, comma 4, Tuir (così come modificato dal D.Lgs. n. 38 del 2005 e D.L. n. 203 del 2005) anche in relazione al principio contabile internazionale Ias 17 (Regolamento n. 2238/2004, modificato dal Regolamento n. 2236/2004)”, in quanto, già prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 38 del 2005, la Corte di cassazione ha ritenuto possibile, per e imprese utilizzatrici, nei contratti di leasing, l’utilizzo per l’ammortamento dei beni del metodo finanziario, in luogo di quello patrimoniale, prescritto dalle leggi all’epoca vigenti. Il metodo finanziario, anche se non previsto dal legislatore, era però quello che meglio rispettava la clausola di rappresentazione veritiera e corretta richiesta dall’art. 2423 c.c. per il bilancio di esercizio. Tra l’altro, la L. 28 febbraio 2005, n. 38, art. 13, comma 7, ha previsto l’applicazione retroattiva delle nuove disposizioni, sicché per gli esercizi 2004 e 2005 la normativa consentiva qualsiasi metodo di contabilizzazione del leasing, “indipendentemente dal transito degli stessi dal conto economico, e con l’utilizzo dell’apposito quadro EC”.
3.Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta cessazione della materia del contendere.
3.1.La società, pur essendosi sciolta, alla stregua delle allegazioni dei contribuenti, non risulta cancellata ex art. 2495 c.c., sicché non è estinta.
3.2.1 contribuenti hanno depositato memoria in data 22 ottobre 2021, in cui si evidenzia che hanno presentato la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6 in relazione a diverse cartelle. I soci hanno manifestato la loro rinuncia al ricorso (“atto di rinuncia agli atti”), con sottoscrizione del ricorso da parte dei due difensori.
In particolare, C.R. ha presentato domanda di definizione agevolata con riferimento alle cartelle nn. ***** e *****; il totale delle somme da pagare era di Euro 18.202,07. Vi è anche la prova dei pagamenti effettuati.
T.M.R. ha presentato domanda di definizione agevolata con riferimento ad un’unica cartella n. *****; la somma da pagare era di Euro 12.132,47. Vi è anche la prova dei pagamenti effettuati. T.M.R. ha presentato altra domanda di definizione agevolata con riferimento a due altre cartelle nn. ***** e *****, per la somma di Euro 8.805,62; anche tale somma risulta pagata.
4.Il giudizio in esame ha ad oggetto, come emerge da pagina 2 del ricorso per cassazione e da pagina 2 del controricorso, gli avvisi di accertamento emessi dalla Agenzia delle entrate, per gli anni 2004 e 2005, sia nei confronti della società per Ires ed Irap, sia nei confronti dei soci, ai fini Irpef, e quanto a C.R. anche ai fini Irap (***** Irpef 2004; ***** Irpef 2004; ***** Irpef 2005; ***** Irpef 2005; ***** Irap 2004; ***** Trap 2005). Sono stati, poi, emessi avvisi di accertamento nei confronti dei soci per redditi di partecipazione ai fini Irpef per l’anno 2006 (*****; *****).
5.Successivamente, i contribuenti hanno provveduto, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., a notificare all’Agenzia delle entrate tutta la documentazione relativa all’adesione alla definizione agevolata, depositando la RAC (Ricevuta di avvenuta consegna del 15 novembre 2021).
6.Con riferimento alla società, però, si rinviene tra i documenti esclusivamente un estratto di ruolo del 4 gennaio 2017 relativo alla C. s.r.l., e non alla C. s.n.c..
I difensori dei contribuenti hanno dichiarato di “rinunciare agli atti del giudizio”, anche per la società di persone, pur non risultando in atti una richiesta di condono a nome della società.
Deve, dunque, applicarsi il principio per cui, a norma dell’art. 390 c.p.c., u.c., l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione deve essere notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto; ne consegue che, in difetto di tali requisiti, l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo, ma, poiché è indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso, ne determina comunque l’inammissibilità (Cass., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3876).
Anche nel caso in esame, dunque, i legali dei ricorrenti hanno manifestato, con la richiesta di rinuncia agli atti, anche per la società, il proprio sopravvenuto difetto di interesse al ricorso.
7.Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate interamente tra le parti, in ragione della sopravvenuta carenza di interesse.
8.Nell’ipotesi di causa di inammissib9ità sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione non sussistono i presupposti per imporre ai ricorrenti il pagamento del cd. “doppio contributo unificato” – fattispecie in tema di rinuncia al ricorso da parte del contribuente per adesione alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 225 del 2016 – (Cass., sez. 5, 7 dicembre 2018, n. 31732).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022
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