Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1329 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 341-2017 proposto da:

FIN-LORI S.r.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato MAURIZIO BENEDETTI, giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2940/14/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA-ROMAGNA, depositata il 14/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

che:

Fin-Lori S.r.L. in liquidazione propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna aveva parzialmente accolto l’appello avverso la sentenza n. 142/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Ferrara che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso avviso di rettifica e liquidazione di imposta di registro, ipotecaria e catastale relativamente ad immobile ceduto dalla società ricorrente con atto notarile registrato in data *****;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato ad unico motivo;

la società contribuente ha infine depositato memoria difensiva.

CONSIDERATO

che:

1.1. con unico motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, vizio di motivazione circa la rideterminazione del valore dell’immobile oggetto della controversia, lamentando che la Commissione Tributaria Regionale abbia valutato unicamente la stima, effettuata dall’Ufficio basandosi sui valori OMI, senza tener conto della documentazione offerta a sostegno della propria tesi dalla contribuente;

1.2. con il ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate lamenta violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 17 bis e 22), per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto ammissibile il ricorso introduttivo della contribuente pur essendo stato tardivamente depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale oltre il termine di gg. 30 dalla scadenza del termine per la conclusione della mediazione, previsto dall’art. 17 bis cit.;

2.1. va preliminarmente esaminato il ricorso incidentale, che pone questione di rito e pregiudiziale rispetto all’esame del merito della controversia;

2.2. dall’esame degli atti del fascicolo dei gradi di merito (allegati dalla ricorrente al ricorso in cassazione), consentito a questa Corte quando, come nel caso di specie, si denuncia un error in procedendo, emerge che l’odierna ricorrente, a seguito di avviso di rettifica del valore di immobile oggetto di compravendita con liquidazione di maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale, ha presentato, in data 29.10.2014, istanza di reclamo – mediazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17-bis, vigente ratione temporis;

2.3. la contribuente, a seguito del decorso del termine di 90 gg previsto per la conclusione della mediazione, anziché depositare detto ricorso presso la Commissione provinciale, ha notificato un secondo ricorso all’Agenzia delle entrate, in data 17.2.2015, provvedendo al suo deposito presso la segreteria della Commissione provinciale in data 6.3.2015;

2.4. tale ultima circostanza emerge espressamente, oltre che dal controricorso, dalla sentenza di primo grado, prodotta dallo stesso ricorrente;

2.5. ne discende che il giudizio al quale si deve avere riguardo è quello introdotto con ricorso notificato all’Amministrazione finanziaria in data 17.2.2015 e non quello originariamente notificato in data 29.10.2014, avendo la stessa Commissione Tributaria Provinciale rimarcato la differenza, anche “grafica”, tra i due ricorsi (“…(il)… ricorso si presenta diverso dall’istanza di reclamo in precedenza notificata dall’ufficio”);

2.6. ai fini di una compiuta disamina della questione prospettata, è utile rammentare che l’esame del ricorso notificato in data 17.2.2015 non era impedito ai giudici di merito per effetto del principio di “consumazione del diritto di impugnazione”, in virtù del quale, una volta esercitato tale diritto mediante la proposizione del ricorso, sarebbe preclusa la possibilità di riproporre nuovi, diversi e sostitutivi ricorsi, che sarebbero, come tali, soggetti alla sanzione dell’inammissibilità;

2.7. si osserva, in contrario, che la struttura impugnatoria del procedimento tributario, determinata dal fatto di essere tale giudizio rigorosamente limitato alla verifica dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti l’atto impositivo fiscale, in relazione ai motivi di contestazione specificamente dedotti nel ricorso introduttivo della lite, non può giustificare l’estensione del principio di “consumazione del diritto di impugnazione”, atteso che l’ipotesi delineata dagli artt. 358 e 387 c.p.c., deve intendersi circoscritta all’impugnazione (appello o ricorso per cassazione) di un provvedimento che abbia attitudine a passare in cosa giudicata e sussiste soltanto se l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’impugnazione sia stata “dichiarata” dal giudice (cfr. Cass., n. 8234/2008);

2.8. come già affermato da questa Corte in fattispecie assimilabile alla presente (cfr. Cass. n. 28261/2020, non massim.) ciò significa che il principio di consumazione dell’impugnazione è da interpretare in senso restrittivo, in conformità ai criteri costituzionali del giusto processo, volti a ridurre le ipotesi d’inammissibilità, escludendole laddove esse non siano espressamente comminate dalla legge;

2.9. nel caso di specie, alla notifica del 29.10.2014 e del decorso del termine di gg. 90 per la conclusione della mediazione, non è seguita la costituzione in giudizio della contribuente, che aveva proceduto alla notifica di un diverso ricorso al fine di impugnare l’atto impositivo in questione;

2.10. ne discende che la riproposizione dei motivi di doglianza, già esposti con il primo ricorso, non escludeva di per sé l’ammissibilità del ricorso successivamente notificato;

2.11. va tuttavia al contempo esaminata la questione riguardante l’inammissibilità del ricorso avverso l’atto impugnato per tardività della sua proposizione, questione non soggetta ad alcuna decadenza, in quanto il d.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, fissa per la proposizione del ricorso al giudice tributario un termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato;

2.12. il rispetto del suddetto termine costituisce condizione dell’azione d’impugnazione, gravando, pertanto, secondo i principi generali in materia di esercizio di azioni sottoposte a termini di decadenza, sul ricorrente l’onere di provare la tempestività del proprio ricorso, e detta decadenza per il decorso del termine anzidetto è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio (cfr. Cass. n. 13836/2020 non massimata, n. 4247/2013);

2.13. va altresì ribadito, inoltre, che, in materia di contenzioso tributario, la decadenza prevista in favore dell’amministrazione finanziaria, attenendo a situazione non disponibile, può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo purché emerga dagli elementi comunque acquisiti agli atti del giudizio, anche in sede di legittimità, dunque, allorché emerga dalla sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 25014/2016, 4n. 491/2012, n. 14297/2003);

2.14. questa Corte ha, inoltre. ripetutamente affermato il principio, che questo Collegio condivide, che, “(i)n tema di contenzioso tributario, la decadenza del contribuente dal diritto di agire in giudizio, per inosservanza dei termini stabiliti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16, (applicabile “ratione temporis”), è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 2969 c.c., trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti. Tale rilevabilità d’ufficio sussiste anche nei gradi di giudizio successivi al primo, e quindi anche in sede di legittimità, salvo che sulla questione non si sia formato il giudicato interno espresso, non essendo sufficiente ad impedire la rilevabilità d’ufficio il giudicato implicito” (Cass., 23/06/2003, n. 9952; nello stesso senso, con riferimento alla disciplina del D.Lgs. n. 546 del 1992, Cass., 13/09/2013, n. 20978);

2.15. poiché i giudici di merito non hanno emesso alcuna statuizione sul punto, sicché non si era formato il giudicato interno espresso, la decadenza del contribuente dall’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione per inosservanza del termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1996, art. 21, comma 2, può, dunque, essere rilevata d’ufficio;

2.16. ciò posto, una volta ritenuta scrutinabile l’eccezione, sulla base di quanto riportato nella stessa sentenza impugnata e nella sentenza di primo grado (allegata al ricorso in cassazione) la fondatezza della stessa emerge, con evidenza, dal confronto tra l’indicata data della presentazione del reclamo-mediazione (29/10/2014) e la notifica del secondo ricorso (17.2.2015), quando era ormai maturata la decadenza de qua, essendo decorsi in ogni caso più di 60 giorni anche dalla presentazione del reclamo-mediazione;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, in accoglimento del ricorso incidentale ed assorbito il ricorso principale, va cassata la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., dichiarando inammissibile il ricorso introduttivo della contribuente;

4. le spese della fase di merito vanno compensate in considerazione dell’alternarsi dell’esito delle vicende;

5. le spese della legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale, assorbito il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo della ricorrente; compensa le spese del merito; condanna la controricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in Euro 2.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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