LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7744-2020 R.G. proposto da:
D.R., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Gianni DI MATTEO ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via G. Ferrari n. 35, presso lo studio legale dell’avv. Saman DADMAN;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7118/10/2018 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata il 16/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.
FATTO E DIRITTO
La Corte:
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito professionale ai fini IVA, IRPEF ed IRAP per l’anno 2010 emesso a seguito di accertamenti bancari nei confronti di D.R., con la sentenza impugnata la CTR, previa riunione dei giudizi relativi agli appelli separatamente proposti dalle parti avverso le statuizioni di primo grado rispettivamente ad esse sfavorevoli, accoglieva quello proposto dall’Agenzia delle entrate e respingeva quello proposto dal contribuente, il quale ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, cui ha replicato l’Agenzia delle entrate con controricorso eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso del contribuente perché tardivamente proposto.
Tale eccezione, da esaminarsi preliminarmente, è fondata e va accolta.
Al riguardo in punto di fatto va rilevato che la sentenza della CTR è stata pubblicata in data 16/10/2018 ed il ricorso in esame è stato spedito per la notificazione in data 07/02/2020, per come è dato desumere dalla ricevuta di spedizione a mezzo posta che tale data riporta.
Orbene, applicato il termine lungo di sei mesi, di cui al combinato disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, e art. 51, comma 1, u.p., nonché dall’art. 327 c.p.c., andava a scadere in data 16/04/2019 ed applicata la sospensione dei termini di impugnazione di nove mesi, di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. n. 136 del 2018, vertendosi in ipotesi di controversia definibile ai sensi del citato art. 6, comma 1 il termine ultimo di impugnazione andava a scadere in data 16/01/2020. Pertanto, il ricorso in esame, che si è detto essere stato spedito per la notificazione in data 07/02/2020 è irrimediabilmente tardivo e, quindi, inammissibile.
A ciò deve aggiungersi, in risposta a quanto argomentato dal ricorrente nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, che dal tenore letterale dell’art. 6, comma 10, D.L. citato, che prevede che “Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019”, si evince chiaramente che il dies a quo di decorrenza del termine di sospensione straordinaria di nove mesi va individuato in quello di scadenza del termine ordinario di impugnazione, eventualmente prorogato per il periodo di sospensione feriale, ovviamente una volta accertato che quest’ultimo ricade nella forbice temporale indicata dal Legislatore (in termini anche Cass. n. 5694 del 2021, non massimata).
Conclusivamente, il ricorso va rigettato ed il ricorrente, rimasto soccombente, condannato al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
PQM
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in favore della controricorrente in Euro 7.800,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022